“Richiamare, alla luce della relazione tra doni gerarchici e carismatici, quegli elementi teologici ed ecclesiologici la cui comprensione può favorire una feconda e ordinata partecipazione delle nuove aggregazioni alla comunione e alla missione della Chiesa”. E’ questo uno degli obiettivi della lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede Iuvenescit Ecclesia indirizzata a tutti i vescovi e firmata da Papa Francesco.
Al microfono di Federico Piana, il presidente di Rinnovamento nello Spirito Santo, Salvatore Martinez, spiega quanto sia importante, per la stessa vita della Chiesa, il concetto di “coessenzialità” tra doni gerarchici e doni carismatici cui la lettera fa esplicito riferimento:
R. – I doni non possono dividere semmai unire, c’è una complementarietà, c’è una dimensione comunionale molto forte. Ecco, se questa è stata la stagione in qualche modo segnata dal Pontificato di Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI, Francesco va ancora più avanti cioè a dire: oggi è la stagione della “co-missionarietà” dei carismi, dei carismi dunque che sono propri della gerarchia e propri del popolo di Dio, in forza del Battesimo. Oggi, dunque, la grande questione è questa comunione che è intorno al Vangelo, è intorno all’amore che si deve sperimentare nelle nostre comunità, che la Chiesa è capace di esprimere all’indirizzo del mondo. C’è una nuova evangelizzazione che impelle nella coscienza cristiana, guardando al nostro mondo: queste istanze di misericordia, che così fortemente Papa Francesco pone come chiave ermeneutica del suo Pontificato, ci devono far guardare – come direbbe Sant’Agostino – con grande ammirazione a questa realtà dello Spirito e dei carismi, ma poi devono stare nella concretezza e non possono solo giocarsi nella logica di questa corresponsabilità tutta all’interno della Chiesa, quasi che ci contendesse degli spazi. Lo spazio è il mondo, lo spazio è la vita della gente. E’ lì che la dimensione carismatica deve potersi vedere ed è lì che anche la dimensione gerarchica della Chiesa, intesa come servizio, si deve interporre. Iuvenescit Ecclesia, dunque, ci dice questo: quanto sia fondamentale oggi ripartire da una lettura carismatica della Chiesa, guardando però a questo nostro mondo che ha bisogno di essere “carismaticizzato”, cioè di essere sotto il potere della grazia, sotto il potere dello Spirito Santo.
D. – Qualcuno ha pensato che con questo documento si potesse “imbrigliare” lo Spirito Santo…
R. – Se diamo una lettura “disciplinistica” di questo documento, è come se ci si contendesse degli spazi! Io credo che questa lettura del documento Iuvenescit Ecclesia non sia soltanto infelice, ma direi davvero impropria. La questione è davvero un’altra oggi e parla chi questi temi maneggia ordinariamente e ha anche un po’ il senso della storia di questi ultimi anni. C’è certamente il bisogno che si riconoscano in un discernimento ecclesiale la dimensione profetica che c’è tra i laici e che si riconosca l’irruzione suprema, sovrana dello Spirito Santo nella vita di tanta gente, che viene “usata” da Dio attraverso questi doni. Ma la domanda è non se sia legittima la lettura carismatica della Chiesa, ma dove questa spinge, dove porta, quali siano le necessità del nostro tempo. Quello di Francesco è un Pontificato profondamente incarnato.
Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va)
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