La droga è una strada a un senso solo, in cui più si va avanti e più diventa impossibile invertire la marcia e tornare indietro. Nella storia di Massimo, reduce da un viaggio a a Medjugorje che ha guarito il suo corpo dall’ossessiva dipendenza dalla droga, ma soprattutto ha guarito le ferite della sua anima, il piccolo paese croato è stato un’oasi di salvezza che gli ha permesso di cambiare vita e iniziare un nuovo cammino.
Nel libro Cari figli, grazie, di Padre Paolo Zorza, il giovane italiano ha raccontato come l’incontro con la Madonna di Medjugorje abbia avuto la forza di rimescolare la sua esistenza e di mettere finalmente ordine nel caos in cui era precipitato.
La mano della Madonna, sempre tesa verso chi vuole credere, ha afferrato Massimo per i capelli, impedendogli di sprofondare ulteriormente in quel baratro senza fine nel quale la droga lo aveva imprigionato: sette lunghi anni di tossicodipendenza lo avevano privato della volontà e della possibilità di godersi la vita al di fuori della schiavitù cui si era condannato. Quando una suora gli parlò di Medjugorje, quasi la insultò e la mandò via, non essendo credente, praticante nè interessato a nulla che riguardasse la Chiesa o Dio. Ma quando si arriva a toccare il fondo, pochi sono gli appigli cui potersi aggrappare: in uno dei momenti di crisi più brutti della sua vita da drogato, Massimo prese in considerazione la proposta di fare quel pellegrinaggio che prima aveva tanto veementemente rifiutato. Decise, perciò, di trascorrere distrattamente tre giorni a Medjugorje, ignorando quanto quel luogo avesse il potere di penetrare anche nei recessi più reconditi dell’animo umano e rivoltarlo dall’interno.
Giunto a Medjugorje per i suoi tre giorni di pellegrinaggio, Massimo ebbe la fortuna di incontrare Jelena, una delle due donne che ha avuto il dono delle locuzioni interiori. Trascorse con lei moltissimo tempo, in cui chiacchierarono a lungo; poi il giovane sentì l’impellente bisogno di chiudersi in solitaria preghiera e, successivamente, prendere parte alle preghiere collettive del suo gruppo sul monte della Croce. L’esperienza fu devastante: la difficoltà nel salire lungo il sentiero del monte, la debolezza causata dalla droga che aveva in corpo rappresentarono la prima presa di coscienza di una situazione che non poteva più andare avanti. La discesa gli sembrò più semplice, anche se non ne seppe spiegare il motivo.
Quando Massimo decise di ripartire per riprendere il suo viaggio lungo la costa croata, tra mare, discoteche e divertimento, percepì una sensazione di confusione, il senso di una mancanza improvvisa, una terribile oppressione. Scoppiato in un pianto a dirotto, decise di tornare immediatamente a Medjugorje, da cui non si è più mosso.
Molti erano stati i tentativi di smettere di drogarsi, tra ospedali, cliniche, medici, comunità, ma nessuno aveva mai veramente funzionato e, anzi, si era ritrovato incastrato sempre più a fondo nel tunnel oscuro della droga. Pochi giorni a Medjugorje hanno risanato le evidenti ferite di un’anima che, a un certo punto, non ha avuto più bisogno di colmare il suo vuoto ricorrendo alle effimere illusioni di una pasticca: Medjugorje guarisce attraverso la fede, compie il miracolo di suscitare una nuova esigenza di vita, più ricca di quella felicità non materiale nè effimera. La costruzione della propria maturità spirituale e del rapporto con Dio è qualcosa, invece, che prepara l’uomo all’eternità, edificando poco a poco quel sostegno interiore e morale ben diverso e più duraturo dell’illusione di felicità della droga.
Fonte www.viaggimedjugorje.com
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