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Max Laudadio: ho trovato Gesù. Fino a due anni fa ero ateo e bestemmiatore incallito

«Lo leggo per trovare le risposte alle domande del quotidiano. Il punto è… Metterlo in pratica!», dice l’inviato di Striscia la notizia, che fino a due anni fa si dichiarava ateo.

Giornalista e conduttore, Massimiliano (per tutti Max) Laudadio, 46 anni, è un volto noto della televisione, soprattutto tra i giovani, essendo stato prima nella squadra delle Iene e, da alcuni anni, in quella di Striscia la notizia. Da tempo gira la penisola denunciando malefatte, abusi di potere, ingiustizie… Personaggio eclettico e dinamico, spesso si coinvolge in iniziative di solidarietà e di carattere ecologico; ha pure fondato un’associazione, ON. Pochi, però, sanno (anche perché l’interessato non l’ha sbandierato) che, da un paio di anni, Laudadio si è avvicinato alla fede e che questo gli ha cambiato la vita. Parte da qui l’intervista con Credere.
Cosa ci faceva il 13 maggio a Padova, sul palco del quinto Incontro mondiale dei giovani promosso dal Sermig?
«Ho portato la mia testimonianza di fede. Sono molto legato al Sermig, che è stato fondamentale nella mia conversione. Il fondatore, Ernesto Olivero, aveva scritto il testo di una bellissima canzone (R)esistere, musicata in versione hip hop. Sono stato felice di prestare la mia voce prima per registrarla (dopo tre giorni l’album che contiene il brano era primo su Amazon e su Google play, ndr) e poi di eseguirla davanti a 60 mila persone».
Cosa c’entra il Sermig con la sua conversione?
«Sono capitato all’Arsenale della pace, a Torino, un lunedì di due anni fa, dopo aver letteralmente divorato, nel weekend, Per una Chiesa scalza di Ernesto Olivero. Don Silvano Lucioni, parroco di Bisuschio, l’aveva regalato a mia figlia Bianca, protagonista, con altri ragazzi della sua età, di una gita della parrocchia proprio al Sermig. Letto il libro, mi sono fiondato a Torino, senza appuntamento, per incontrare Ernesto. A dispetto del suo look modesto, mi ha subito trasmesso un’energia incredibile… Ernesto è una persona che mi ha fatto cancellare dal vocabolario la parola “utopia”. Siamo stati insieme per lunghe ore, parlando di tutto, con una grande sintonia spirituale. E ne sono uscito trasformato. A quel punto ho comprato cinquemila copie del suo libro e lo sto diffondendo tra amici e conoscenti. Ma il Sermig è stato la tappa decisiva di un cammino che era già iniziato».
Come?
«La sera dell’elezione di papa Francesco, il 13 marzo 2014, ero – come tanti – incollato alla televisione. Con me c’era Loredana, mia moglie, alla quale, poco prima dell’annuncio, dissi: “Si chiamerà Francesco”. Lei obiettò che sino a quel momento mai nessun Pontefice aveva scelto il nome del santo di Assisi. Ma… sappiamo com’è andata. Quella è stata la prima delle “Dio-incidenze” nella mia vita: chiamo così quei fatti della vita che ci paiono casuali, ma che sono invece segni della Provvidenza».
E poi?
«La seconda “Dio-incidenza” è stata la richiesta di Bianca di poter seguire la catechesi per la prima Comunione (fino a quel momento Loredana ed io avevamo pensato di fargliela fare più avanti). Fondamentale è stato anche l’incontro con don Silvano, che oggi è il mio direttore spirituale: un sacerdote che, pur anziano, sa animare l’oratorio radunando attorno a sé centinaia di bambini e ragazzi e nelle omelie cattura la loro attenzione citando i brani di cantanti di oggi. Ma non è finita…».
Racconti…
«Tempo fa ho conosciuto Francesco Lorenzi a un concerto di beneficenza per Exodus (la comunità fondata da don Mazzi, ndr) a Verona. In quell’occasione mi aveva regalato La strada del sole, che narra la storia della sua conversione. “Cosa mai avrò da imparare”, pensavo, sbagliando, “da un trentenne che ha la pretesa di scrivere la sua biografia?”. In realtà, leggendo quelle pagine, mi sono accorto che molte delle emozioni e dei pensieri lì descritti erano anche i miei. E tutto questo ha contribuito a spingermi avanti nella mia ricerca, fino a rendermi conto che Dio esiste».
Cos’è cambiato, da allora, nella sua vita?
«Per certi versi niente: continuo a fare il lavoro di sempre. Ma è cambiato radicalmente l’obiettivo della mia vita, tant’è che, per esempio, ho da poco scritto una canzone, Liberi, una sorta di lettera a Dio, un tema che in passato non avrei mai affrontato. Inoltre, dal momento in cui ho avvertito la presenza di Dio in me, per la prima volta non ho più paura della morte. Nella vita quotidiana è cambiato tutto: oggi mi interrogo su cosa faccio io per il mondo. Prima ero iroso, ora affronto i problemi e i conflitti con un altro spirito. E in questo un aiuto fondamentale mi viene dalla lettura del Vangelo».






Nel suo ambiente lavorativo, come si muove il “nuovo” Laudadio?
«Non so se i miei colleghi si siano accorti o meno del mio cammino: di certo a me interessa essere la stessa persona al lavoro e in famiglia. Ma non mi sento migliore degli altri. Anzi, posso dire che attorno a me vedo altri farsi domande profonde. Da fuori può sembrare che noi che lavoriamo in Tv siamo totalmente concentrati sul successo e i soldi. In realtà, tanti colleghi – com’è accaduto a me – una volta conseguito il loro sogno, raggiunta la notorietà, dopo che si sono divertiti a cambiare auto ogni sei mesi, si fermano a pensare. Ne ho la prova perché, organizzando spesso eventi benefici, incontro sempre grande simpatia e collaborazione in tante persone che non hanno certo bisogno di apparire una volta di più. Mi pare che sia in atto un risveglio delle coscienze».
I suoi genitori come l’hanno presa?
«Beh, si sono meravigliati: fino a due anni fa ero ateo e, da buon toscano, bestemmiatore incallito… Quando ho raccontato loro ciò che mi era capitato sono rimasti stupiti».

Lei prega?
«Sto imparando. Buona parte del merito è di don Silvano: esco dalle sue Messe con addosso un’energia come fossi andato a un concerto di Vasco Rossi. È lui che mi ha introdotto all’adorazione eucaristica: la prima volta ho fatto il mio turno alle due di notte (non volevo che diventasse uno show, per questo avevo scelto un orario improbabile) in una sperduta chiesa del Varesotto. Quando mi sono alzato, fuori c’era mezzo metro di neve: mia moglie temeva fossi impazzito. Ma avevo fatto una promessa e intendevo mantenerla. Ne è valsa la pena».

Cos’è per lei la preghiera?
«Un momento fondamentale nella vita del cristiano. Noi siamo abituati a chiedere (dalle piccole cose a quelle più importanti, come la salute), mentre invece dovremmo ricordare che l’essenza della preghiera è il dialogo con Dio, che parte dall’ascolto della sua Parola».
Cos’è il Vangelo per lei?
«Qualcosa che leggo spesso, per trovare risposte alle domande del quotidiano. Il Vangelo è un po’ il bigino della felicità autentica: lì, nella semplicità, c’è il segreto della gioia che Gesù vuole che ognuno di noi viva. Il punto è metterlo in pratica…».
Per uno che lavora in una Tv commerciale che cosa può significare questo?
«Dio ci sceglie, ad uno ad uno. Ciascuno di noi, quindi, ha un compito. Io mi sento chiamato a testimoniare la fede dove vivo, esercitando le mie capacità: perciò sono convinto che sia possibile trasmettere valori veri anche lavorando in una rete commerciale (peraltro in un programma unanimemente riconosciuto come “di utilità sociale”). Aggiungo che, da qualche tempo, accanto al lavoro con Mediaset è partita una collaborazione con Tv 2000, grazie anche a un caro amico ed ex collega: Alessandro Sortino. Il direttore, Paolo Ruffini, mi ha sfidato, proponendomi, per una volta, di spendere la mia credibilità non per raccontare fatti negativi ma per comunicare storie positive, da raccogliere nelle missioni in giro per il mondo. Sfida accettata».
Testo di Gerolamo Fazzini · Foto di Giovanni Panizza




Fonte www.credere.it

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