Gli sguardi, accompagnati dalle speranze, della comunità internazionale sono volti verso il vertice odierno al Cairo tra il presidente egiziano, il segretario generale dell’ONU e il segretario di stato americano Kerry. Questi ultimi si sono incontrati la scorsa notte per invocare la cessazione delle ostilità a Gaza, “immediata e incondizionata” ha chiesto Ban Ki-moon, precisando che i punti della proposta egiziana – che ricalcano quelli dell’analoga iniziativa del 2012 – possono essere presi in esame in un successivo negoziato. Hamas li ha invece respinti ponendo come condizione preliminare l’apertura delle frontiere di Gaza e il rilascio dei palestinesi detenuti da Israele. Queste divergenze erano state valutate da Ban Ki-moon nell’incontro di ieri a Doha, nel Qatar, con il presidente palestinese Abu Mazen. Oggi nel negoziato sarà coinvolto anche il Segretario generale della Lega Araba. John Kerry, chiarendo la posizione degli Stati Uniti, ha convenuto che una tregua è urgente ma che, temporanea o definitiva che sia, non potrà risolvere tutti i problemi di fondo. Egli ha annunciato aiuti, 43 milioni di dollari, per alleviare la gravissima crisi umanitaria a Gaza dove continuano le operazioni terrestri e i raid aerei israeliani contro i miliziani di Hamas e della Jihad islamica che provocano però nuove vittime civili. Fra l’altro sono stati coinvolti un ospedale e un grattacielo trasformati , sostengono i comandi israeliani, in obiettivi militari, come peraltro parecchi campi gioco per bambini, cimiteri e moschee. Il numero dei soldati israeliani uccisi in conflitto è salito a 27, quello dei feriti a più di 80. L’infiltrazione di un commando palestinese attraverso un tunnel in Israele – raggiunta peraltro dai continui lanci di missili, ieri un centinaio – è stata neutralizzata con l’uccisione di dieci miliziani.
Nel pieno delle violenze, ieri ha avuto vasta eco l’appello alla pace e al dialogo lanciato dal Papa all’Angelus. Parole commentate ai nostri microfoni dal nunzio in Israele e delegato apostolico in Gerusalemme e Palestina, mons. Giuseppe Lazzarotto:
R. – Le parole del Santo Padre hanno avuto una grande eco qui e sono state riprese da tutti i mezzi di comunicazione ufficiali, sia la carta stampata come anche le radio e le varie emittenti. Tutti hanno rilanciato l’appello del Santo Padre. E’ quello che qui tutti ci auguriamo perché la situazione sta diventando veramente tragica: c’è una perdita di vite umane che non è accettabile, bisogna metter fine alla violenza perché così si creano altre situazioni di conflitto, si aprono nuove ferite che produrranno ancora morte. È urgente che quei responsabili capiscano che non c’è altra strada che quella del dialogo e del negoziato; le parti in causa devono essere aiutate e devono essere portate ad un tavolo di negoziato.
D. – La preghiera in Vaticano con Peres e Abbas e i vari appelli: il Papa sta ponendo la massima attenzione sulla situazione in Medio Oriente…
R. – La preghiera in Vaticano, il gesto del Santo Padre di invitare i due presidenti e la sua telefonata proprio a loro di qualche giorno fa, vanno tutte verso la stessa direzione che è quella di seminare. Quella che il Santo Padre ha fatto è una semina. Adesso, bisogna circondare questo seme di attenzioni, farlo crescere e far riprodurre i frutti che dovrebbe dare; capire il senso del gesto del Papa e tradurlo in azioni concrete come il Santo Padre sta chiedendo continuamente. Ci vogliono gesti concreti e coraggiosi, il Papa l’ha sottolineato tante volte: la pace ha bisogno di gesti coraggiosi. È ora che i responsabili politici di tutte le parti lo capiscano e si muovano in questa direzione.
D. – Come stanno vivendo israeliani e palestinesi… Qual è la sensazione, dopo molti giorni di escalation militare?
R. – Le persone sono stanche perché è una situazione che dura da troppo tempo. Questi fenomeni ricorrenti di conflitto creano naturalmente altra frustrazione, ma la maggior parte delle persone vuole la pace.
D. – La Chiesa di Terra Santa può giocare un ruolo decisivo per riavvicinare le parti?
R. – La Chiesa in Terra Santa fa tutto quello che è possibile fare: ci si muove con i mezzi che abbiamo a disposizione; adesso, si sta pensando anche a qualche iniziativa della Caritas per portare un aiuto immediato a queste popolazioni che sono direttamente colpite; si sta pensando a gesti concreti. Io vorrei cogliere qui l’occasione per accennare anche al fatto che molti pellegrini hanno cancellato il loro viaggio, il loro pellegrinaggio: però dico che venire in Terra Santa è anche un bel gesto di solidarietà. Aiuta sapere che altri cristiani – nonostante tutto – vengono qui.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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