“Nessun dolore, nessuna reazione: a Medjugorje
capimmo scientificamente che non era una truffa”
“I risultati delle indagini medico-scientifiche che operammo sui veggenti di Medjugorje ci hanno portato ad escludere la patologia o la simulazione e dunque un’eventuale truffa. Se si tratti di manifestazioni del divino non spetta a noi, ma noi possiamo certificare che non si trattò di allucinazioni né di simulazioni”.
Il professor Luigi Frigerio arrivò per la prima volta a Medjugorje nel 1982 per accompagnare una paziente guarita da un tumore all’osso sacro. Le apparizioni erano iniziate da un anno appena, ma la fama di quel posto così sperduto dove si diceva che apparisse la Gospa, si era già iniziata a diffondere in Italia.
Frigerio conobbe la realtà del paesino della Bosnia e venne incaricato dal vescovo di
Spalato di avviare un’indagine medico scientifica sui sei ragazzini che asserivano di vedere
e parlare con la Madonna.
Oggi, 36 anni dopo, nel pieno della diatriba su Medjugorje sì o no, che sta animando il
dibattitto cattolico dopo le esternazioni di Papa Francesco, torna a riparlare di quell’attività
di indagine che venne consegnata immediatamente alla Congregazione per la Dottrina
della Fede direttamente nelle mani del cardinal Ratzinger.
Per confermare che non ci fu truffa e che le analisi vennero fatte nel 1985, dunque già in
quella che, secondo la commissione Ruini, sarebbe la seconda fase delle apparizioni,
quella più “problematica”. Ma soprattutto per ricordare che quegli studi non sono mai stati
confutati da nessuno. Dopo anni di silenzio, Frigerio ha deciso di raccontare alla Nuova BQ
come andò l’indagine sui veggenti.
Professore, da chi era composta l’equipe?
Eravamo un gruppo di medici italiani: io, che all’epoca ero alla Mangiagalli, Giacomo
Mattalia, chirurgo alle Molinette a Torino, il prof. Giuseppe Bigi, fisiopatologo dell’Università
di Milano, il dottor Giorgio Gagliardi, cardiologo e psicologo, Paolo Maestri,
otorinolaringoiatra, Marco Margnelli, neurofisiologo, Raffaele Pugliese, Medico Chirurgo, il
prof Maurizio Santini, neuropsicofarmacologo dell’Università di Milano.
Quali strumenti avete utilizzato?
Avevamo apparecchiature sofisticate già all’epoca: un algometro per studiare la sensibilità
al dolore, due estesiometri corneali per toccare la cornea, un poligrafo multicanale, la
cosiddetta macchina della verità per lo studio contemporaneo della frequenza respiratoria,
della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca e della resistenza dermocutanea e la
portata vascolare periferica.
Inoltre avevamo un apparecchio che si chiama Ampleid mk 10 per l’analisi delle vie uditive
e oculari, un impedenzometro ampleid 709 dell’Amplfon per i riflessi uditi del nervo
acustico, della coclea e del muscolo facciale. Infine alcune telecamere per lo studio della
pupilla.
Chi vi incaricò di effettuare l’indagine?
L’equipe si forma nel 1984 dopo l’incontro con il vescovo di Spalato Frane Franic, sotto la
cui metropolia dipende Medjugorje. Ci chiese uno studio, era sinceramente interessato a
capire se quei fenomeni arrivassero da Dio. Tenga presente che era ancora vivo il
maresciallo Tito, quindi per loro era indispensabile avere un’equipe di medici esterni.
Il vostro fu il primo gruppo medico a intervenire?
Contemporaneamente al nostro studio si stava svolgendo l’indagine di un gruppo francese
coordinata dall’Università di Montpellier del professore Joyeux. Quel gruppo era nato su
interessamento del celebre mariologo Laurentin. Si dedicarono principalmente agli studi
elettroencefalografici. Questi esclusero forme di sonno o di epilessia, avevano dimostrato
che il fondo dell’occhio e il sistema oculare era anatomicamente normale.
Quando avvennero le indagini?
Facemmo due viaggi: uno tra l’8 e il 10 marzo 1985, il secondo tra il 7 e il 10 settembre
1985. Nella prima fase studiammo il riflesso dell’ammiccamento spontaneo e il battito delle
ciglia e la conseguente lubrificazione dell’occhio mediante la palpebra. Nel toccare la
cornea capimmo che si poteva escludere scientificamente una qualche forma di
simulazione, magari attraverso l’utilizzo di farmaci, perché subito dopo il fenomeno, la
sensibilità dell’occhio ritornava sui valori normalissimi.
Ci colpì il fatto che cessavano gli ammiccamenti naturali dell’occhio prima di fissarsi su
un’immagine. I sei veggenti avevano una discrepanza di un quinto di secondo, in posizioni
diverse, nel fissare il medesimo punto dell’immagine con differenze impercettibili tra di loro,
quindi in simultanea.
E nel secondo test di settembre?
Ci concentrammo sullo studio del dolore. Utilizzando l’algometro, che è una piastra
d’argento di un centimetro quadrato che si surriscalda fino a 50 gradi, toccavamo la pelle
prima del fenomeno, durante e dopo.
Ebbene: prima e dopo i veggenti allontanavano le dita in una frazione di secondo, secondo
i parametri, mentre durante il fenomeno, diventavano insensibili al dolore. Abbiamo provato
a prolungare l’esposizione oltre i 5 secondi, ma fermammo per evitare loro delle ustioni.
La reazione era sempre la medesima: insensibilità, nessun processo di fuga dalla piastra
incandescente.
L’insensibilità si manifestava anche in altre parti del corpo sollecitate?
Toccando la cornea con una pesata minima di 4 milligrammi in fase normale, i veggenti
chiudevano l’occhio immediatamente; in fase di fenomeno gli occhi rimanevano aperti
nonostante sollecitazioni anche oltre i 190 milligrammi di pesata.
Significa cioè che il corpo resisteva a sollecitazioni anche invasive?
Sì. L’attività elettrodermica di questi ragazzi durante le manifestazioni era caratterizzata da
una modifica progressiva e da un aumento della resistenza cutanea, l’ipertonia del sistema
ortosimpatico si attenuava subito dopo l’evento, dai tracciati elettrodermici si notava
un’assenza totale di resistenza elettriche cutanee.
Ma questo si verificava anche quando utilizzavamo un pennino per ulteriori stimoli algici
improvvisi o quando utilizzavamo un flash fotografico: l’elettrodermia si modificava, ma
erano completamente insensibili alla circostanza.
Appena terminata l’esposizione al fenomeno, i valori e le reazioni ai test erano
perfettamente normali.
Fu per voi una prova?
Fu la prova che se esiste una definizione di estasi, cioè di essere distaccati da quella che è
la circostanza, loro erano assolutamente e fisicamente assenti. E’ la stessa dinamica
notata dal medico di Lourdes su Bernadette quando fece la prova della candela. Noi
applicammo lo stesso principio con macchinari ovviamente più sofisticati.
Una volta redatte le conclusioni che cosa faceste?
Consegnai io personalmente al cardinal Ratzinger lo studio che fu molto dettagliato e
corredato da fotografie. Andai in Congregazione per la Dottrina della fede dove ad
attendermi c’era il segretario di Ratzinger, il futuro cardinal Bertone.
Ratzinger stava ricevendo una delegazione di spagnoli, ma li fece attendere oltre un’ora
per parlare con me. Gli illustrai sinteticamente il nostro lavoro poi gli chiesi che cosa ne
pensasse.
E lui?
Mi disse: “E’ possibile che il divino si riveli all’umano attraverso l’esperienza dei ragazzi”. Mi
accomiatò e sulla soglia gli chiesi: “Ma il papa come la pensa?”. Rispose: “Il Papa la pensa
come me”. Tornato a Milano pubblicai un libro con quei dati.
Che cosa ne è del vostro studio ora?
Non lo so, però so che servì alla Congregazione e quindi alla Santa Sede per non vietare i
pellegrinaggi. Il Papa voleva capire in via preliminare questo, per decidere eventualmente
se bloccare i pellegrinaggi. Letto il nostro studio, decisero di non ostacolarli e di permetterli.
Crede che il vostro studio sia stato acquisito dalla commissione Ruini?
Credo di sì, ma non ho informazioni in merito.
Perché crede di sì?
Perché verificammo che i ragazzi erano attendibili e soprattutto nel corso degli anni
nessuno studio successivo confutò le nostre risultanze.
Sta dicendo che nessuno scienziato è intervenuto per contraddire il vostro studio?
Esatto. La questione fondamentale era stabilire se in queste presunte visioni e apparizioni i
veggenti credevano in ciò che vedevano o vedevano ciò che credevano.
Nel primo caso la fisiologia del fenomeno è rispettata, nel secondo caso ci saremmo trovati
di fronte a una proiezione allucinatoria di carattere patologico.
Sul piano medico-scientifico fummo in grado di stabilire che questi ragazzi credevano in ciò
che vedevano e questo fu un elemento da parte della Santa Sede per non chiudere lì
questa esperienza e non proibire visite di fedeli.
Oggi si è tornati a parlare di Medjugorje dopo le parole del Papa. Se fosse vero che
non si tratta di apparizioni significherebbe che saremmo di fronte ad una truffa
colossale da 36 anni.
Sono in grado di escludere la truffa: non fummo autorizzati a fare il test del naloxone per
vedere se si fossero drogati, ma c’erano evidenze elementari anche perché dopo un
secondo tornavano ad avere dolore come gli altri.
Lei ha parlato di Lourdes. Vi siete attenuti alle metodologie di indagine del bureau
medical?
Esattamente. Le procedure adottate furono le stesse. Di fatto eravamo un bureau medical
in trasferta. Nella nostra equipe c’era il dottor Mario Botta, che faceva parte proprio della
commissione medico-scientifica di Lourdes.
Che cosa pensa delle apparizioni?
Quello che posso dire è che certamente non c’è frode, non c’è simulazione. E che questo
fenomeno non trova tutt’ora una spiegazione medico-scientifica valida. Il compito della
medicina è escludere una patologia, che qui è stata esclusa. L’attribuzione di questi
fenomeni a un evento soprannaturale non è compito mio, noi abbiamo solo il compito di
escludere la simulazione o la patologia.
Fonte: Andrea Zambrano, La Nuova Bussola Quotidiana