Medjugorje

Medjugorje: ‘Il dono grandioso che ci ha fatto qui la Madonna!’

Medjugorje: ‘Il dono grandioso che ci ha fatto qui la Madonna!’ La testimonianza di Caterina è molto profonda!

 

«Quando la mia amica Annamaria mi parlava di Medjugorje, della Madonna che lì appariva, del sole che girava, della Statua del Cristo Risorto che lacrimava da un ginocchio… io la ascoltavo con scarso interesse e troncavo discorso dicendogli che avevo fretta di, tornare a casa.

Fra l’altro, io e la mia famiglia, stavamo passando un periodo piuttosto burrascoso. Non solo avevo la suocera con seri problemi, fisici ma anche mio marito non se la passava per niente bene con la sua malattia renale. A tutto questo sì aggiunse anche l’allontanamento di mio marito Matteo dalla fede. Non veniva più a Messa e io mi sentivo molto sola. Arrivò il giorno in cui la malattia di Matteo, tutto ad un tratto, si aggravò.

E si aggravò così tanto che i medici di Palermo decisero di iniziare la dialisi, ma prima di iniziarla occor-reva fare l’operazione per accesso vascolare al braccio e quindi doveva essere ricoverato con una certa urgenza. Presa dallo sconforto, andavo molto più spesso dalla mia amica Annamaria per raccontargli la mia situazione. Lei continuava a parlarmi di Medjugorje e io, differentemente da prima, la ascoltavo. Questo luogo cominciava ad incuriosirmi e, una volta tornata a casa, raccontavo a Matteo le cose che mi aveva detto la mia amica. Mio marito, nonostante fosse scettico su queste apparizioni, iniziò a documentarsi.

 

Così, grazie alle sue ricerche, lessi dei 5 sassi raccomandati dalla Madonna: Rosario, digiuno, Santa Messa, Confessione, Sacra Scrittura.

Iniziai a metterli in pratica e, successivamente, dissi alla mia amica che avevo iniziato il cammino richiesto dalla Madonna a Medjugorje e del mio desiderio di recarmici. Un giorno, la ditta in cui lavoro, mi comunicò che avevo vinto una mini crociera nel Mediterraneo di tre giorni, dal 9 all’11 settembre 2009, con sosta nella città di Spalato. Purtroppo i giorni coincidevano con la possibile chiamata di Matteo per il ricovero all’ospedale di Palermo e quindi non potevo dare la mia conferma. Mio marito intanto mi disse che Spalato era a circa due ore da Medjugorje. Questa notizia mi fece divenire ancora più smaniosa di andarvi, ma come potevo confermare se ancora dall’ospedale non avevamo nessuna notizia? Un giorno, la mia coordinatrice mi mise alle strette riguardo al viaggio. Dovevo decidermi per il sì o per il no.

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A quel punto decisi di andare, anche se con un po’ di apprensione per il ricovero di Matteo. Ma la Gospa pensò a tutto e dopo pochi giorni l’ospedale chiamò per dirci che Matteo sarebbe stato ricoverato il 15 settembre. Eureka! Potevo finalmente partire con la pace nel cuore e andare a chiedere la grazia per mio marito. Salita sulla nave, la prima cosa che chiesi alla hostess fu l’orario di arrivo e partenza da Spalato. Con mia grande delusione mi comunicò che l’arrivo era previsto per mezzogiorno e la partenza per le 17.00.

 

Troppo poco tempo, pensai; non ce l’avrei mai fatta ad andare e tornare da Medjugorje. Scesi nella cabina per dar finalmente sfogo alla mia delusione e piangendo dissi ad alta voce: “Madonna, io sono qui solo per venire da te, non me ne importa nulla di questa crociera!”. Poi, mi recai sconsolata al ristorante per la cena e comunicai alla coordinatrice il mio desiderio. Lei confermò quello che già mi era stato detto a proposito dell’orario e aggiunse una notizia che mi gettò ancora di più nello sconforto: La nave non avrebbe attraccato al porto perché troppo grande. Sarebbero state le scialuppe a portarci a destinazione. Il mio sogno si infranse e andai a dormire con l’amarezza nel cuore.

Al mattino, però, ebbi una bella sorpresa: la nave arrivò a Spaiato alle sette e attraccò al molo. Nessuno potrà mai capire la gioia che provai. Ero sicura che questi doni provenivano da Lei, dalla Gospa che mi stava chiamando a Medjugorje, in quel luogo dove Lei elargisce tante grazie. Quando comunicai quello che avevo intenzione di fare mi presero per pazza e mi dissero che alle 17.00 la nave sarebbe ripartita con o senza di me. Ma ormai ero decisa. Io che mi tiravo indietro per molto meno, adesso, da sola, mi avventuravo in un luogo sconosciuto con persone sconosciute. Scesi dalla nave e chiamai un taxi chiedendogli di portarmi a Medjugorje ma, dopo circa mezz’ora la macchina accusò dei seri disturbi e l’autista dovette fermarsi alla prima area di servizio. Non mi arresi, gli chiesi di chiamarmi un altro taxi con cui partimmo a velocità supersonica ed infatti, dopo poco, fu fermato dalla polizia per eccesso dì velocità. Il tempo intanto correva inesorabile ed io prima delle 17.00 dovevo essere dì nuovo a Spaiato. Finalmente arrivammo alla frontiera della Bosnia Erzegovina dove mi controllarono la Carta d’identità fino a… rifinirla. Guardai l’orologio e mi resi conto che era molto tardi. Chiesi al tassista quanto mancava e la sua risposta fu la solita: “Dieci minuti”. Ogni volta che glielo avevo chiesto mi rispondeva in questa maniera. Sperai che questa fosse la volta buona e che davvero mancassero 

solo dieci minuti. Fu così, dopo dieci minuti vidi svettare i due famosi campanili della Chiesa di San Giacomo. Era mezzogiorno ed io ero emozionatissima. Scesi in fretta dicendo all’autista di aspettarmi perché alle 13.30 saremmo ripartiti per Spaiato. Appena toccai il sagrato della Chiesa iniziai a piangere senza poter smettere.

Entrai in Chiesa piangendo, mi inginocchiai davanti all’altare per pregare e poi cercai la statua della Madonna che la mia amica mi aveva detto essere alla destra dell’altare. Trovatala, mi inginocchiai alla balaustra di legno e alzai gli occhi. La statua era lì, proprio sopra la balaustra, ed io piangevo sempre, senza poter smettere; avevo tante cose da dirle. Ho pregato tanto davanti a Lei, non smettevo di guardarla, era bellissima, la statua più bella che avessi mai vista. i colori erano perfetti, neanche una sbavatura di colore. Era circondata di una luce bellissima. Stava su una nuvola bianca, ma non il solito bianco. Aveva l’abito grigio tutto piegoline. Il viso inclinato era meraviglioso, di un colore mai visto. Le sue guance rosse come le sue labbra. Sulla testa poggiava un velo e si intravedevano i capelli. I suoi occhi erano semichiusi. La mano destra sul petto e la sinistra aperta sul fianco. Era bellissima. Potevo toccarla, ma siccome nessuno lo faceva io per rispetto non mi sono mossa. Eppure se mi fossi alzata avrei potuto toccare la sua mano, avrei potuto stringerla. Dopo un po’ di tempo mi alzai e, sempre piangendo, uscii dalla Chiesa per cercare i confessionali che però avevano lunghe file. Mentre aspettavo il mio turno raccontai a qualcuno della fila la mia avventura e dissi che a breve sarei dovuta ripartire. Nel frattempo la persona uscita dal confessionale disse che il sacerdote poteva confessare solo un’altra persona. Tutti si guardarono in faccia e all’unanimità decisero di far entrare me. Li ringraziai di vero cuore. Finita la confessione cercai la statua del Cristo Risorto e, nonostante la fila, riuscii a toccare il fazzoletto sul liquido che fuoriusciva dalla coscia della statua.

Quel fazzoletto era un dono per mio marito.

Così ero arrivata alla fine della mia breve avventura e, len-tamente, mi avviai verso il taxi. Il mio cuore, però, ml diceva di tornare in Chiesa a pregare davanti alla statua della Vergine ancora una volta. Entrai, mi inginocchiai e la ringraziai Per tutto quello che in un’ora e mezza mi aveva donato. Le dissi che il mio cuore sarebbe rimasto li, che tutto quello che avevo vissuto e visto lo avrei per sempre custodito, e che sarei tornata. Non riuscivo a staccarmi da lei. Era così bella. La salutai non so quante volte. Poi mi alzai per andarmene ma non le voltai le spalle.Camminai all’indietro fino all’uscita senza smettere mai di guardarla e di mandarle baci. Tornata a casa raccontai tutto a Matteo fino… allo sfinimento. Gli parlavo soprattutto della bellezza di quella statua e gli chiesi, visto che non avevo fatto foto, se su Internet poteva trovarmene una. Basandosi sulla mia descrizione cercò, ma non ne trovò. La sera, prima di andare a letto, strofinai il fazzoletto, passato sulla coscia del Cristo Risorto, sui reni di Matteo che dopo pochi giorni doveva subire l’operazione. Operazione che saltò grazie ai valori rientrati di Matteo quindi, per il momento, la dialisi era rimandata.

Fu una grazia inaspettata che fece prendere la decisione a mio marito di andare in pellegrinaggio a Medjugorje.

Io intanto continuai a cercare la foto della statua ma, non trovando niente, mi venne una idea. Scrissi una mali ad una ragazza che vive nella comunità del Divino Amore chiedendogli se, per favore, mi poteva mandare la foto della statua della Madonna che si trova dentro la Chiesa. Avevo conosciuto il fratello di questa ragazza nel viaggio di ritorno da Medjugorje fino a Spalato poiché, cercando egli un passaggio, gli offrii di venire nel taxi da me prenotato. La ragazza, seppur dopo tanto tempo, mi accontentò e finalmente arrivarono le foto, ma la foto della statua della Madonna non era quella che avevo visto io. Me ne lamentai con mio marito, il quale, esasperato, mi disse: “Sei sicura di essere stata a Medjugorje?”.

Ricorsi alla mia amica Annamaria e le raccontai che le foto arrivate non raffiguravano per niente la statua che avevo visto io. Lei mi chiese di descrivergliela, poi mi guardò esterrefatta e mi disse: “Caterina, ma tu hai visto la Madonna così come si presenta ai veggenti…”. A quelle parole rimasi pietrificata. Possibile che, proprio a me fosse accaduta una cosa così bella? Raccontai a mio marito il motivo per cui lui non era riuscito a trovarla. Non esisteva una statua così, era un dono che la Madonna mi aveva fatto. Si era presentata ai miei occhi nella forma con cui si presenta ai veggenti, solo che loro la vedono viva, io invece la vidi come statua. 

Che dono meraviglioso mi aveva fatto la Gospa.

Adesso ne ero certa che Lei, come una vera mamma, non ci avrebbe abbandonato mai. Da quel momento la malattia di Matteo fu vissuta con un altro spirito, senza disperazione. Ad agosto 2010, mio marito entrò in dialisi e il 5 maggio 2011, grazie a mio suocero che gli donò il rene, fece il trapianto. Da quell’11 settembre 2009 la mia vita e quella della mia famiglia cambiò radicalmente. Non finirò mai di ringraziare la Gospa per i doni meravigliosi che ci ha elargito in questi anni».

Testimonianza tratta da: “Nel Segno Della Gospa” – Libro di Annalisa Colzi

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