La vita di Cinzia è segnata da mille sofferenze, mille dolori. Quando il peggio Cinzia De Biagisembra superato, ecco presentarsi un altro problema, un altro trauma…51 anni, di Padova, Cinzia De Biagi come lavoro fa la barista. Il tempo libero lo dedica alla “Missione Belém”, un movimento di evangelizzazione “per le strade”, aiutando persone disagiate, tossico dipendenti, persone che hanno subito maltrattamenti e vessazioni. Persone come lei.
Cinzia ha offerto la sua testimonianza ai numerosi presenti presso l’incontro di preghiera di Santo Stefano di Cadore, il 9 giugno scorso. Una testimonianza commovente. Un racconto che inizia dall’infanzia, da quando, cresciuta in una famiglia credente, ha abbandonato la Chiesa dopo la Cresima.
«Ho avuto un’infanzia serena:» – spiega Cinzia – «mio padre mi coccolava, mi viziava, però forse non mise mai in conto il fatto che un giorno sarei cresciuta e che avrei chiesto la mia indipendenza. Da quel giorno finì la nostra gioia in casa, finì la pace. Per carattere non ribelle, accettai di restare a casa, perchè lui non mi permise più di uscire.»
«Trascorsa così tutta l’adolescenza e anche oltre, trovai un lavoro come barista e da quel giorno mi si aprì un mondo, un mondo di adulti in cui entrai nella maniera più sbagliata. Incominciai a frequentare uomini sposati, che non possono certo darti la felicità, anzi! Ti lasciano solo tanta amarezza, delusione… a 24 anni rimango incinta: potevo dire una cosa del genere a casa mia? Non c’ho pensato due secondi ed ho deciso di abortire. Non mi sono sentita in colpa, perchè i medici mi dissero che comunque non sarebbe vissuto quel bambino, ma io comunque l’aborto l’avevo fatto. Questa cosa l’ho rimossa per quasi tutta la mia vita, però il Signore so che non castiga mai: siamo noi che ci castighiamo!… Non sono mai più rimasta incinta: negli anni l’ho desiderato, ho fatto di tutto, ma non è mai arrivato»
A 25 anni Cinzia, conosce l’uomo che a 28 diventerà suo marito.
Divorziato, con una figlia che non ha più incontrato. Alcolizzato e per un periodo anche cocainomane. Era innamoratissima di lui, ma non sopportava che bevesse. Cercò di smettere e si sposarono. Vissero momenti bellissimi, ma poi subentrò nuovamente l’alcol, ed i problemi…Non ce la faccio a trascrivervi tutto il racconto di Cinzia…Ogni volta che sento le sue parole, alzo le mani dalla tastiera e mi stropiccio gli occhi… Non è possibile che una persona subisca tutte queste cose! Come fa un uomo usare tutta questa violenza nei confronti di una donna? Violenza psicologica e fisica. Non è possibile, ma succede…
E poi, quando le cose sembrano sistemarsi, quando incontri l’amore vero, quello per la vita, ti crolla il mondo addosso: «il Signore aveva un progetto per me: sapeva che dopo tre mesi si sarebbe portato a casa Roberto...»
Non so perchè accadano certe cose, ma so come Cinzia ha trovato la forza per andare avanti. A superare le angosce, ad avere la speranza: si è affidata totalmente a Dio.
E’ andata a Medjugorje, si è messa in ascolto ed ha percepito la Sua presenza. Non è andata per i veggenti, per il sole o per fare una vacanza: ha aperto il cuore a Gesù e Lui vi è entrato.
Mi perdonerai, cara Cinzia, se “approfitto” del tuo dolore per sottolineare cosa può rappresentare per molti Medjugorje: la speranza. La speranza che lassù Qualcuno ci ama. La speranza che non siamo soli. La speranza che ci sia un Padre ed una Madre ad attenderci a braccia aperte.
Sempre più vengono sollevati interrogativi su Medjugorje. Spesso, anche in queste pagine, nei vari commenti dei visitatori, ci sono parole critiche nei confronti del “fenomeno”: vengono fatti notare aspetti materiali, sollevate perplessità o addirittura accuse nei confronti dei veggenti.
Marco in un suo commento mi domanda: «…tu come credi di fare a non essere ingannato? Quali certezze hai? Come discerni il male se poi tutto quello che ti circonda è male? Qual’è il metro di discernimento?». La mia risposta sei tu Cinzia, grazie.
Fonte: Daniel Miot – www.guardacon.me – mailing list Informazioni da Medjugorje
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