Sulla questione Medjugorje «è volontà della Santa Sede aiutare a regolare il fenomeno in modo che i fedeli che vengono qui possano ascoltare la Parola di Dio, celebrare i sacramenti e vivere un’autentica esperienza di fede». È il Segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, ad intervenire sul delicato affaire da anni al centro di studi e indagini da parte del Vaticano.
In visita in questi giorni in Croazia il cardinale risponde alle domande dei giornalisti ai quali – riferisce il Sir – ricorda che i risultati della Commissione guidata dal cardinale Camillo Ruini e incaricata di fare chiarezza sul “fenomeno” delle apparizioni mariane, iniziate nel 1981 e non ancora interrotte, nel paesino dell’Erzegovina che ogni anno attira centinaia di migliaia di fedeli e pellegrini sono tutti «nelle mani del Santo Padre».
Non c’è solo la dimensione «sovrannaturale degli eventi» da analizzare, ha inoltre evidenziato il porporato, è altrettanto importante la questione della «cura pastorale» dei pellegrini. Motivo per cui il Papa ha nominato lo scorso 11 febbraio l’arcivescovo polacco Henryk Hoser come suo «inviato speciale» , non per fare un supplemento d’indagine, bensì – come si leggeva in un comunicato vaticano – per «acquisire più approfondite conoscenze della situazione pastorale di quella realtà e, soprattutto, delle esigenze dei fedeli che vi giungono in pellegrinaggio».
Sempre con la stampa croata Parolin è entrato nel merito di un’altra questione, altrettanto spinosa, rimasta finora senza risposta: la canonizzazione del beato Alojzije Stepinac. L’arcivescovo di Zagabria è una figura che, a distanza di decenni, crea una profonda divisione tra i croati cattolici che lo acclamano come pastore santo e i serbi ortodossi che lo accusano di esser stato un collaboratore del regime nazifascista ustascia durante la Seconda Guerra mondiale.
Sull’operato di Stepinac durante quegli anni drammatici è stata istituita un anno fa una commissione congiunta tra Conferenza episcopale croata e Chiesa serba ortodossa che ha concluso i suoi lavori, nella Casa Santa Marta, gli scorsi 12-13 luglio, sotto la guida del presidente del Pontificio Comitato di Scienze storiche, padre Bernard Ardura , che però non è riuscita a raggiungere «un’interpretazione univoca».
Parolin tuttavia afferma: «Credo che il lavoro della Commissione sia stato utile e che questo processo abbia aiutato il dialogo e la comprensione comune». «Le ferite che lasciano i fatti storici non possono essere superate dall’oggi al domani – ha aggiunto -. È importante tenere ferma la direzione verso cui andare e lavorare per la comunione e la pace. Il dialogo interreligioso ed ecumenico è strumento fondamentale per raggiungere quest’obiettivo».
I documenti prodotti dalla Commissione per la «rilettura comune» della vita e dell’opera dell’arcivescovo Stepinac sono, come quelli di Medjugorje, «nelle mani» del Pontefice, ha spiegato il Segretario di Stato. E ha ribadito che «il desiderio» di Papa Bergoglio «è che tale questione non crei tensioni tra i due popoli, ma che aiuti nel cammino comune». In ogni caso, «la questione è interna della Chiesa cattolica e mi sembra importante sottolinearlo».
Fonte www.lastampa.it
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