Da una terra che ha subito l’orrore della Grande Guerra, e in memoria dei tanti caduti, i leader delle religioni mondiali lanciano il loro appello di pace a chiusura del 28.mo appuntamento organizzato dalla comunità di Sant’Egidio “Religioni e culture in dialogo”. Tre giorni di incontri ad Anversa, in Belgio, che hanno visto i partecipanti uniti nel ripudiare la guerra e nell’indicare nel dialogo e nelle preghiera le uniche armi per scongiurare la violenza. Dal palco è stato poi lanciato il prossimo incontro tra le religioni, nel 2015 a Tirana, in Albania.
A cento anni dallo scoppio del primo conflitto mondiale, la guerra è di nuovo tornata sul suolo europeo, travolge convivenze millenarie in altre terre e fa soffrire troppi. Da Anversa si leva il grido delle religioni mondiali: mai più la guerra. Nel loro appello i leader religiosi chiedono al mondo di riparare alle tante occasioni perse e di costruire la pace, di accorciare le distanze, di prevenire i conflitti. “Abbiamo ascoltato la preghiera di milioni di profughi e fuggiaschi – scrivono – di chi chiede di non morire di fame, di sete e di malattie curabili in altri luoghi. La richiesta di dignità dei poveri, il bisogno di giustizia di popoli, le periferie del mondo”. Ora è quindi il momento della decisione e non della rassegnazione, perché rassegnazione e divisioni hanno indebolito le comunità religiose, la politica, gli assetti e le istituzioni internazionali. Le religioni, che devono interrogarsi se “sono state catturate in una logica conflittuale”, possono ancora dare “cuore e anima alla ricerca della pace come destino comune di tutti i popoli”. Ecco quindi che da Anversa l’impegno è di assumersi la responsabilità della pace quando ormai sono in pochi ancora a sognarla, e le religioni lo fanno ribadendo che: “Non c’è guerra santa, che l’eliminazione dell’altro in nome di Dio è sempre blasfema, è solo orrore e terrore”. “Accecati dall’odio ci si allontana dalla religione pura e si distrugge quella religione che si dice di difendere”. L’impegno è dunque di difendere la vita dei fratelli di religione diversa, di lavorare per il futuro del mondo, perché la guerra è una “grande stoltezza” e la pace è una “cosa troppo seria per lasciarla solo ad alcuni”. La guerra si vince con la pace, il rischio è che rimangano solo macerie e odio. L’appello si chiude con un richiamo ai giovani, a non farsi ingannare “dal realismo triste che dice che dialogo e preghiera non servono”. Perché senza preghiera e senza dialogo il mondo soffoca. E perché tutto è perduto con la guerra.
Ad Anversa si sono levate le voci di dolore dei cristiani, degli yazidi, dei caldei, dei siriaci: di fronte al dramma delle guerre resta ferma la centralità delle religioni che devono stare insieme. E’ l’appello del fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi, al termine del 28.mo Incontro per la pace tra le religioni mondiali, in corso in Belgio. Stasera, la cerimonia di chiusura con la lettura dell’appello di pace firmato da tutti i leader religiosi. La nostra inviata, Francesca Sabatinelli per la Radio Vaticana:
Il mondo globale non è adatto ai terribili semplificatori; ciò che accade non è jihad contro crociate. Ciò che accade – i conflitti, la violenza – è complesso e articolato e richiede uno sforzo di comprensione e adattamento. Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, fa il bilancio dell’appuntamento tra le religioni ad Anversa ribadendo come proprio le guerre in atto, citando Medio Oriente e Nigeria, ci debbano portare ad avere un atteggiamento più intelligente:
“I terribili semplificatori sono quelli che lavorano poi sulla paura, sono i fondamentalisti, sono i terroristi ma sono anche quelli che non vogliono faticare a capire, faticare a incontrare. Stiamo attenti ai terribili semplificatori, perché seminano nella loro irresponsabilità. E qui c’è una grande responsabilità della cultura, dei media, della politica di spiegare che il mondo è complesso, che non si può essere ignoranti in un mondo come questo. Il messaggio che è uscito da queste tavole rotonde è: la pace dev’essere molto concreta, si deve fondare sulla realtà: quindi, basta alle semplificazioni. E poi, noi non rinunciamo alla speranza di pace perché siamo credenti: credenti di tutte le religioni. Ma non ci rinunciamo perché conosciamo la storia, e perché la storia degli ultimi decenni mostra che ogni volta che si è fatta la guerra, la situazione è sempre stata peggiore”.
Il fondatore di Sant’Egidio va con il pensiero agli “amici” rapiti in Siria: ricorda i due vescovi ortodossi, il padre gesuita Dall’Oglio, le due cooperanti italiane. “Siamo sensibili al loro dramma”, dice, però poi sottolinea come siano soprattutto i musulmani a essere uccisi dai musulmani. L’alleanza tra ignoranza e miseria provoca il fanatismo, prosegue; basta, quindi, parlare di guerre di religioni: sono guerre confessionali, nazionaliste, infra-religiose. Fa il riferimento alla violenza tra due “popoli fratelli”, ucraini e russi, una guerra non tra cattolici e ortodossi ma di chiaro stampo nazionalista, e poi precisa: “Dobbiamo scoprire e mettere in luce le ragioni politiche, concrete, e poi l’utilizzazione della religione come l’ultima ideologia vivente”.
Riccardi poi ritorna alla proposta di una Onu delle religioni, così come formulata dall’ex presidente israeliano Shimon Peres al Papa. Significa creare una nuova istituzione che segni la centralità delle religioni e il contatto permanente a livello globale e locale tra le fedi. “Mai soli!”, è l’appello di Riccardi all’Europa, alla quale si chiede un ruolo attivo e soprattutto di riavviare il dialogo con le istituzioni religiose. In questo scenario è dunque attuale lo spirito di Assisi? “Sì”, dice Riccardi, ripensando però il rapporto tra le religioni in una situazione di grande conflitto.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana