Colpita la ‘capitale’ dell’Isis in Siria, da dove era partito l’ordine del Califfo Abu Bakr al-Baghdadi di attaccare Parigi e dove si sono addestrati gli attentatori che hanno sconvolto l’Europa
Diluvio di fuoco su Raqqa, la ‘capitale’ dell’Isis in Siria, da dove era partito l’ordine del Califfo Abu Bakr al-Baghdadi di attaccare Parigi e dove si sono addestrati gli attentatori che hanno sconvolto l’Europa. Francois Hollande ieri aveva annunciato che la vendetta della Francia sarebbe stata “spietata”. E ieri sera ha mantenuto la promessa. Almeno trenta raid aerei hanno messo in ginocchio la città siriana nelle ultime ore.
Dodici jet francesi – guidati da dati di intelligence Usa e in coordinamento con gli americani – hanno scatenato l’inferno colpendo i centri di comando, di addestramento e reclutamento dello Stato islamico assieme ad altri obiettivi “nevralgici” dei jihadisti. La città è avvolta in una palla di fuoco, hanno testimoniato gli attivisti sul terreno, ed è saltata del tutto la corrente. Dopo le rivendicazioni dell’Isis di ieri, oggi si è saputo che è stato al-Baghdadi in persona ad ordinare di colpire i Paesi “nemici”, creando un’unità specifica per la pianificazione degli attacchi terroristici all’estero. E Baghdad aveva avvertito della minaccia “imminente” Parigi, Teheran e Washington 24 ore prima della mattanza nella capitale francese.
Rivelazioni che fanno tremare le mura delle cancellerie occidentali, ma anche quelle russe e iraniane, finite nel mirino dei jihadisti che da mesi promettono di portare la guerra in casa degli “infedeli” che li stanno cacciando indietro in Siria e Iraq. Secondo le informazioni dei servizi segreti iracheni rivelate all’AP, il gruppo di fuoco per colpire Parigi “era composto da 24 elementi, 19 con il compito di effettuare gli attentati, addestrati a Raqqa, e altri 5 per il coordinamento e la logistica”: in altre parole individuare i nascondigli e procurare armi ed esplosivi. Lo ‘squadrone della morte’ dell’Isis ha poi preso contatto con una “cellula dormiente” d’Oltralpe, che ha “facilitato il compimento della missione”.
Il ministro degli Esteri di Baghdad, Ibrahim al Jaafari, ha precisato che l’Iraq ha informato della minaccia imminente al più tardi giovedì scorso non solo la Francia ma anche l’Iran e gli Stati Uniti, e che il ‘warning’ “riguarda tutti i Paesi europei” della coalizione anti-Isis. “Ma non ci hanno ascoltato”, ha commentato Baghdad. Dagli Usa funzionari di intelligence hanno confermato che al Baghdadi ha ordinato la creazione di un dipartimento dell’Isis che ha il compito specifico di colpire all’estero, “in particolare in Europa occidentale e negli Stati Uniti”. Mentre in Gran Bretagna gli esperti anti-terrorismo hanno evidenziato il possibile legame operativo e strategico tra gli attentati di Parigi, i kamikaze che qualche giorno prima hanno fatto strage a Beirut – 41 morti nel più sanguinoso attentato della storia recente libanese – e la bomba che si ipotizza l’Isis sia riuscito a piazzare a bordo dell’aereo russo schiantatosi in Sinai due settimane fa.
Fonti dell’intelligence francese si sono difese affermando che “minacce di attentati imminenti arrivano ogni giorno”.
L’ultima, più clamorosa, a metà settembre, quando il premier iracheno Abadi aveva paventato un attentato imminente nelle metro di Parigi e New York. In quel caso era sembrato un falso allarme, ma quello di giovedì scorso ha spezzato le vite di almeno 129 persone, in gran parte ragazzi e ragazze. Gli 007 francesi ora rischiano di finire davvero nella bufera. Dovranno chiarire, loro e tutte le intelligence europee, come lo ‘squadrone della morte’ jihadista sia riuscito a penetrare nelle maglie della sicurezza europea. Degli 8 terroristi entrati in azione a Parigi – il numero è stato fornito dall’Isis stesso nella sua rivendicazione del massacro – almeno quattro sono presunti ‘foreign fighter’.
INCONTRO TRA PUTIN E OBAMA
Dalla Turchia arriva il patto contro il terrore. Le stragi di Parigi hanno stravolto l’agenda del vertice e “costretto” i leader a fare fronte comune contro l’Isis. Non solo a parole o con il minuto di silenzio per ricordare le vittime. Tutti i Paesi del G20 sono pronti a fare la propria parte, prendendo impegni. E il segnale più forte è arrivato dall’incontro tra Barack Obama e Vladimir Putin.
Il faccia a faccia – Dopo anni di gelo, i due si sono chiusi dentro una stanza, soli con i rispettivi interpreti, per oltre mezz’ora. Hanno parlano in modo “costruttivo” e sono usciti con un messaggio chiaro ma soprattutto condiviso: ora basta, “l’imperativo è risolvere la crisi in Siria”, hanno detto, riconoscendo i progressi diplomatici fatti ieri a Vienna per una transizione politica con la mediazione dell’Onu.
di Francesco Rossi per Redazione Papaboys