Mercoledì delle Ceneri poteva anche non essere di mercoledì. È così, è di mercoledì, perché secoli fa la chiesa di rito romano decise che il giorno del Signore – la domenica – non andava bene digiunare e che quindi i quaranta giorni della quaresima andavano contati al netto delle domeniche: ecco così l’anticipo fino all’attuale mercoledì. Infatti, per esempio, la chiesa ambrosiana non ha “il mercoledì delle ceneri”. Però ha le ceneri: quelle sì non possono mancare. Ci vuole un giorno per le ceneri come ce ne vuole uno per Natale e uno per Pasqua. Perché ci vuole almeno un giorno in cui stare davanti alla verità nuda e cruda del “polvere sei e in polvere ritornerai” che Dio disse ad Adamo dopo il peccato originale (Gn 3,19). È un ossequio al triste, al grigio, al volatile, all’inconsistente? Un po’ sì e un po’ no. Non è detto che la verità per cui tutto diventa cenere sia triste. Lo è, quando penso che si trasformerà in cenere la mia casa o la mano con cui scrivo, gli occhi con cui guardo, le labbra con cui bacio. Ma se guardo che diventano cenere le persone che ho odiato, quelle che ho temuto, il dolore, il rancore, allora le cose cambiano. Guardare che siamo fatti di polvere significa riconoscersi creature che sarebbero grigie e inconsistenti se non avessero trovato il Volto misterioso di chi ama, di chi crea e ri-crea. E redime e perdona. Polvere e cenere dicono che l’infima probabilità che io fossi è realtà normale ed è dimostrazione lampante che Qualcuno mi ama. Miliardi di ragioni per non esserci e invece, ecco, io ci sono: questa è la verità. Qualcuno mi ama, questa è l’accecante verità ineludibile. Il peso della cenere non significa “non essere”: significa comprendere dentro le fibre più intime di noi stessi che tutto riceviamo, che veniamo da Qualcuno a cui ritorneremo e che la nostra esistenza, trova la sua verità più profonda nella relazione con Lui e tra di noi. La cenere, come questa verità, è prodotta dal fuoco e dal tempo: perché la cenere si fa così. Il fuoco, che è vita, luce e calore, quando brucia fa la cenere; il tempo, nel suo scorrere, fa la cenere. Vita e tempo: la vita che è il tempo che ci è dato; il tempo che è la vita che viviamo. Sono grigi vita e tempo? Grigi sì, ma non tristi: sono grigi perché parlano della terra da cui siamo tratti e mi dicono proprio questo: che io “sono stato tratto”. Potevo essere solo terra e invece sono immagine dell’immensità d’amore che mi ha tratto dal niente.
Oggi quelle ceneri mi verranno versate sul capo. È una liturgia penitenziale millenaria: nell’antico testamento il popolo si cospargeva il capo di polvere per ricordare al Creatore che lui, l’uomo, è solo creatura. Una creatura che ha bisogno che il suo creatore intervenga. Ecco la preghiera della regina Ester che “invece dei superbi profumi si riempì la testa di cenere” (Ester 4,17) per pregare davanti al suo Dio in favore di chi era condannato a morte per l’invidia di un malvagio.
Penso al sangue versato di tanti nostri fratelli in Libia, penso all’angoscia che pesa su molti, penso a questa nostra terra che dovrebbe essere un giardino di pace e invece è un deserto di guerra.
Io, povera creatura, che posso fare? Quelle ceneri in testa mi ricordano che posso pregare, che devo pregare. Laddove qualcuno soffre, laddove paura e assurdità infrangono il mondo delle nostre certezze, quel mucchio di polvere che sono, ha la forza dirompente di chi può pregare, di chi può sempre alzare lo sguardo e sperare oltre ogni speranza.
Di Don Mauro Leonardi
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Un articolo veramente denso e pieno di speranza che ricalca in pieno il contenuto del messaggio quaresimale di Papa Francesco. Dimostrazione che quando la verità è detta con amore, setnita nella propria vita, attrae.
Grazie