Meriam, il marito Daniel e lo stesso legale sono stati fermati oggi all’aeroporto di Khartoum dai servizisegreti sudanesi che li hanno portati nell’ufficio di sicurezza vicino allo scalo.
Un paio d’ore dopo è sopraggiunto un altro colpo di scena: “Meriam sarà rilasciata a breve, era stata fermata per dei controlli sui documenti”,
si legge sull’account Twitter di Antonella Napoli, presidente di Italians for Darfur, citando conferme dall’ambasciatrice del Sudan in Italia. #Meriam fermata per dei controlli su documenti all'aeroporto sarà rilasciata a breve. Lo conferma l'ambasciatrice del Sudan in Italia.
— Antonella Napoli (@AntonellaNapoli) 24 Giugno 2014
L’arresto di Meriam all’aeroporto di Khartoum sarebbe dovuto a un problema procedurale.
La ragazza, madre di due figli, – di cui la secondogenita partorita in carcere – era stata liberata ieri e la sua condanna a morte annullata dalla Corte d’Appello del Sudan. Prima del nuovo arresto, la giovane madre era stata portata in un luogo segreto “per motivi di sicurezza”:
“La gioia per il rilascio di Meriam è stata immensa. Ma non è ancora finita”
. Così scriveva Antonella Napoli sulla pagina Facebook dell’associazione all’indomani dell’annullamento della sentenza di condanna a morte. “Per il momento tutta la famiglia resta in Sudan – sottolineava l’attivista e giornalista – Dopo essere tornati a casa sono stati trasferiti in un luogo sicuro in attesa di poter partire per gli Stati Uniti. Ora dipende tutto dall’ambasciata americana. Sappiamo che era stato chiesto che venisse effettuato l’esame del Dna sui bambini, il che però non è ancora avvenuto. Se il test sarà eseguito, anche i figli di Meriam e Daniel potranno avere la cittadinanza statunitense. Anche se siamo certi che si tratti solo di procedure burocratiche ci auguriamo che ciò avvenga in tempi rapidi. Se cosi non fosse – aggiungeva – vorrei lanciare un appello al nostro ministro degli Esteri e al presidente del Consiglio affinché l’Italia possa offrire ospitalità a Meriam, suo marito e i loro figli come ha aveva già fatto il Regno Unito che si era detto disponibile a riconoscere loro lo status di rifugiati”.“Temiamo per la sua vita”, aveva detto uno dei suoi avvocati subito dopo il rilascio. A cura di Redazione Papaboys
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