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Meriam Yahya Ibrahim è ancora rinchiusa nel commissariato di Khartoum insieme al marito e ai due figli, dopo il fermo subìto in aeroporto nelle ultime ore. Ha dichiarato il suo avvocato: «Chiunque dica che è stata rilasciata, mente. Ora bisogna evidenziare la sua difficile situazione». Sembra che la donna potrebbe essere accusata formalmente di aver falsificato i suoi documenti ma si attendono ancora conferme ufficiali. La famiglia è stata bloccata mentre stava lasciando il Sudan per gli Stati Uniti il giorno dopo che la Corte di appello ha annullato la condanna a morte della donna per apostasia. Il fermo all’aeroporto di Khartoum è stato effettuato proprio per un controllo di documenti. A riferirlo è il dipartimento di Stato americano, per bocca della sua portavoce, Marie Harf: le autorità statunitensi sono state informate dal Sudan che «la famiglia è stata fermata temporaneamente in aeroporto per alcune ore da parte del governo per domande su questioni relative al loro viaggio e ai documenti». «Il governo ci ha assicurato la loro sicurezza», ribadiscono le autorità Usa, che intendono «assicurarsi» che Meriam, il marito e i figli «possano presto lasciare il Sudan».
Chi è Meriam? è una donna sudanese condannata a morte per essersi sposata con un cristiano e per averne abbracciato la fede religiosa. Gli occhi del mondo sono rivolti alla sua storia. Oggi è una cristiana praticante, ma la sua condanna per apostasia da parte del tribunale di Khartoum aveva “sospeso” la sua vita su un filo, fino al momento del rilascio. Per la sua “gente”, infatti, la rinuncia alla propria fede, è un peccato che va punito. Con la morte. La corte, dunque, potrebbe ritenere che la donna, nata musulmana, debba morire come tale. Quando tutto sembrava finire per il meglio, ecco il fermo all’aeroporto. Quali sono i peccati della donna? Meriam, è incinta di otto mesi (ha partorito in carcere) ed è già madre di un bambino. Sulla sua testa grava un’altra colpa: è stata anche condannata per adulterio, perché il suo matrimonio con un uomo cristiano è stato considerato nullo dalla legge della Sharia. Alla donna era stato accordato un termine entro il quale poter tornare a vivere, salvarsi, continuare ad essere madre e moglie. Le era stato concesso fino al 15 maggio per abiurare la sua fede cristiana e ritornare all’Islam. L’alternativa era dover affrontare una possibile condanna a morte, con il rischio di di essere fustigata con 100 frustate a causa della sua condanna per adulterio. Prima di confermare la propria la sentenza, il giudice ha concesso alla donna condannata la possibilità di abiurare la sua fede cristiana. Ma Meriam si è rifiutata di farlo, dichiarando: “sono cristiana e rimarrò cristiana“.
Quanti nel nostro mondo moderno e post cristiano avrebbero avuto la stessa forza di Meriam nel testimoniare la fede in Cristo?Stando a quanto raccolto dalla Bbc e da Reuters, la donna avrebbe avuto problemi legati al suo passaporto: i documenti di viaggio erano del Sud Sudan, mentre la donna è sudanese, e il visto americano. «La polizia dell’aeroporto l’ha arrestata dopo che ha presento documenti di viaggio di emergenza rilasciati dall’ambasciata sud-sudanese e con un visto americano», riporta su Facebook un membro del Niss, che ieri ha bloccato la donna. «Le autorità sudanesi considerano questa azione una violazione criminale e il ministro degli Esteri ha convocato gli ambasciatori americano e sud-sudanese». Secondo il codice penale, falsificare un documento è un atto punibile fino a sette anni di prigione e secondo il Daily Mail la donna sarebbe già stata formalmente accusata anche perché sul documento compare il suo nome da cristiana e non da musulmana. Anche il marito di Meriam, Daniel Wani, è «molto preoccupato» dalla situazione e parlando con Antonella Napoli, presidente di Italians for Darfur, ha chiesto che l’Italia intervenga perché Meriam venga rilasciata. L’onorevole Roccella, ha diramato il seguente appello: “Meriam, la giovane mamma cristiana sudanese condannata per apostasia e costretta a partorire in carcere, dove è stata reclusa per mesi insieme all’altro suo bambino di meno di due anni, appena liberata, è stata di nuovo arrestata. Chiediamo al nostro Ministro degli Esteri e al Presidente del Consiglio che l’Italia intervenga, come ha chiesto anche la presidente di Italians for Darfur, Antonella Napoli, che ha avuto modo di parlare con il marito di Meriam, preoccupato per il fermo della moglie: il nostro paese si dichiari disponibile ad accogliere questa donna coraggiosa e la sua famiglia, riconoscendo loro lo status di rifugiati. La tradizione solidale e democratica italiana si faccia valere a livello internazionale per difendere i diritti dei più deboli, a partire da quello alla libertà religiosa e di pensiero”. La donna, infatti, è ancora sotto interrogatorio della polizia sudanese. Meriam aveva lasciato il carcere lunedì: vi era rinchiusa dallo scorso 17 febbraio, accusata da un sedicente “fratello” di apostasia a causa di una sua presunta conversione dall’islam al cristianesimo. La gioia del rilascio però è durata poche ore visto che già ieri è avvenuto il fermo in aeroporto, poco prima che Meriam e il marito lasciassero il Sudan. di Emanuela Graziosi
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