Questa domenica, alle ore 9.00, nella Basilica di San Pietro, Papa Francesco presiede la Santa Messa per il centenario del “martirio” armeno con il rito di proclamazione a dottore della Chiesa di San Gregorio di Narek. Su questa importante figura, Federico Piana ha intervistato mons. Georges Dankaye, rettore del Pontificio Collegio Armeno:
R. – San Gregorio ha fatto tutta la sua strada di santità, paradossalmente, malgrado tutta la sua umiltà e la sua non-apparenza: non appare da nessuna parte. In tenera età entra in monastero, passa tutta la sua vita in vita di raccoglimento, di insegnamento, di preghiera, di contemplazione e anche di ascolto, eppure la sua fama si è estesa ovunque e fu conosciuto anche con i miracoli che si compivano tramite lui; poi scrive varie opere, panegirici, lodi, inni. Il suo scritto più famoso è il “Libro della lamentazione”: sono parole rivolte al Signore, sono preghiere. E la sua fama si diffonde senza nessuna interruzione. Pensiamo soltanto che fino agli inizi del XX secolo, il “Libro della Lamentazione” era il “libro di cucina” di tutti i fedeli armeni.
D. – Se si dovesse sintetizzare il suo pensiero teologico, in che modo lo si potrebbe fare?
R. – Sintetizzarlo in pochi punti … perché lui abbraccia tanti temi teologici! C’è il perdono, il peccato, la misericordia, il mistero della Santissima Trinità, si parla della femminilità di Dio, troviamo lì il suo approccio: non bisogna sforzarsi di parlare di Dio o pensare a Dio, ma è proprio quella realtà della quale è meglio non pensare o non sforzarsi di parlare. E’ l’indicibile, l’indescrivibile di Dio – parlando del mistero della Trinità e di altri fatti della fede. Quindi, è tutta una scuola di teologia: bisogna non sforzarsi di parlare e neanche pensare …
D. – Cosa vuol dire adesso per la Chiesa armena, che San Gregorio di Narek è diventato Dottore della Chiesa universale?
R. – Questo praticamente, secondo me, è un grande impegno per noi armeni stessi, ed è quello di andare a conoscerlo un po’ più in profondità. Perché, l’abbiamo conosciuto devozionalmente, come Santo; e invece adesso, con questa proclamazione, è un impegno per ogni fedele armeno ad andare a conoscerlo un po’ di più. Devo dire una cosa: noi, a causa della persecuzione che non ha mai avuto interruzione nei secoli, abbiamo sofferto, per cui il popolo ha la fede ma non c’è mai stata per molti anni una catechesi e quindi a volte al popolo manca qualche dettaglio. Forse questa proclamazione rappresenta proprio un impegno per ogni armeno. Un secondo punto molto importante è che io considero questa proclamazione a Dottore della Chiesa un ponte perché San Gregorio è vissuto un po’ prima del Grande Scisma e quindi rappresenta anche un impegno ecumenico per tutti: sia da parte della Chiesa cattolica, sia da parte della Chiesa armeno-apostolica, non cattolica. Quindi, magari questa figura ci può riportare agli inizi di quei tempi, quando ancora non c’erano tutte le polemiche! Forse i Santi possono riportarci all’ecumenismo, a risvegliare questo desiderio, magari ad avere nel cuore questa ferita ancora aperta della divisione delle Chiese …
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana