Gabriella Ceraso – Città del Vaticano per Vaticannews.va
Nel centenario della nascita del fondatore di Comunione e liberazione, il Servo di Dio Luigi Giussani, rivive nell’edizione del Meeting 2022 il suo “zelo apostolico”, tutto racchiuso nelle parole da lui pronunciate nel 1985 che danno il tema di questi cinque giorni di incontri, dibattiti, spettacoli e arte sui temi della fede, sulla politica e l’attualità internazionale: “Il cristianesimo non è nato per fondare una religione, è nato come passione per l’uomo. […] L’amore all’uomo, la venerazione per l’uomo, la tenerezza per l’uomo, la stima assoluta per l’uomo”.
Eccola la parola chiave, il tema, ”la Passione per l’uomo”, che anche il Papa pone al centro della riflessione firmata dal cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin e indirizzata al vescovo di Rimini monsignor Francesco Lambiasi, e che si trasforma in un appello ai cristiani di oggi: nel clima del “tutti contro tutti” riscoprire la via dell’ “l’attenzione d’amore” agli altri, della vicinanza, della ricerca del bene, quale condizione per essere pienamente noi stessi e portare frutti”. “L’incontro con l’altro è essenziale”.
A volte – si legge nel testo – sembra che la storia abbia voltato le spalle a questo sguardo di Cristo sull’uomo e Papa Francesco lo ha sottolineato più volte. “La fragilità dei tempi in cui viviamo” è anche “credere che non esista possibilità di riscatto, una mano che ti rialza, un abbraccio che ti salva, ti perdona, ti risolleva” ed è “anche l’aspetto più penoso dell’esperienza di tanti che hanno vissuto la solitudine durante la pandemia o che hanno dovuto abbandonare tutto per sfuggire alla violenza della guerra”.
Ecco allora che la parabola del buon samaritano è oggi più che mai una parola-chiave, in profonda assonanza con il tema del Meeting, perché da una parte mostra il bisogno che c’è in ogni uomo della “misericordia di Dio e della sua delicatezza”, dall’altra incarna la “passione incondizionata per ogni fratello e sorella che si incontra lungo il cammino”, che non è “solo generosità” ma – nella descrizione di Papa Francesco – è “riconoscere Cristo stesso in ogni fratello abbandonato o escluso”. Chi crede è chiamato ad avere lo stesso sguardo, la stessa passione di Cristo, che ha amato ciascuno senza nessuna esclusione: un “amore gratuito, senza misura e senza calcoli.” Ma – ci chiediamo – “tutto ciò non potrebbe apparire una pia intenzione, rispetto a quanto vediamo accadere oggi?”.
Come è possibile guardare a chi ci sta accanto come un bene da rispettare, in un mondo che oggi mette “tutti contro tutti” e dove a prevalere sono “gli egoismi e gli interessi di parte”, con la pandemia e la guerra che ci hanno portato indietro rispetto al progetto di una umanità solidale? Tenendo presente che – si legge nel messaggio – “la strada della fraternità non è disegnata sulle nuvole, ma attraversa i tanti deserti spirituali presenti nelle nostre società” e che proprio nel deserto – come diceva Benedetto XVI – “si riscopre il valore di ciò che è essenziale per vivere, Francesco indica la via: “Il nostro impegno – si legge nel Messaggio – non consiste esclusivamente in azioni o in programmi di promozione e assistenza” “ non un eccesso di attivismo, ma prima di tutto un’attenzione rivolta all’altro considerandolo come un’unica cosa con sé stessi. Questa attenzione d’amore è l’inizio di una vera preoccupazione per la sua persona” e del desiderio di cercare il suo bene. “Recuperare questa consapevolezza è decisivo”. È l’altro dunque, l’incontro con l’altro, – ancora una volta nelle parole di Papa Francesco – “la condizione per diventare pienamente noi stessi e portare frutto”
Donarsi agli altri costruisce quell’”amicizia sociale” che il Papa raccomanda nel suo messaggio: è fraternità aperta a tutti, è “abbraccio che abbatte i muri e va incontro all’altro nella consapevolezza di quanto vale ogni singola concreta persona, in qualunque situazione si trovi. Un amore all’altro per quello che è: creatura di Dio, fatta a sua immagine e somiglianza, dunque dotata di una dignità intangibile, di cui nessuno può disporre o, peggio, abusare”.
È questa amicizia sociale che, come credenti, siamo invitati ad alimentare con la nostra testimonianza: ed è questa amicizia sociale che il Papa invita i partecipanti al Meeting a promuovere. Accorciare le distanze, abbassarsi a toccare la carne sofferente di Cristo nel popolo. “Quanto bisogno hanno gli uomini e le donne del nostro tempo di incontrare persone che non impartiscano lezioni dal balcone, ma scendano in strada per condividere la fatica quotidiana del vivere, sostenute da una speranza affidabile!”. Questo è il compito storico dei cristiani: al Meeting Francesco chiede di cogliere questo appello “continuando a collaborare con la Chiesa universale sulla strada dell’amicizia fra i popoli, dilatando nel mondo la passione per l’uomo”.
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