Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
La Quaresima è il tempo propizio per riconoscere se il nostro cuore è minacciato dalle menzogne dei falsi profeti, che rischiano di spegnere in noi l’amore, e per rimediare con la preghiera, l’elemosina e il digiuno. Papa Francesco lo scrive nel suo messaggio per la Quaresima 2018, datato 1 novembre, solennità di Tutti i Santi, ispirandosi alle parole di Gesù nel Vangelo di Matteo: “Per il dilagare dell’iniquità l’amore di molti si raffredderà”. (Mt 24,12)
Il Figlio di Dio le pronuncia sul Monte degli Ulivi, all’inizio della sua passione, rispondendo ad una domanda dei discepoli. “Gesù annuncia una grande tribolazione – spiega Francesco – e descrive la situazione in cui potrebbe trovarsi la comunità dei credenti: di fronte ad eventi dolorosi, alcuni falsi profeti inganneranno molti, tanto da minacciare di spegnere nei cuori la carità che è il centro di tutto il Vangelo”.
Il Papa si chiede: quali sono oggi i falsi profeti? Alcuni, scrive, sono come “incantatori di serpenti”, “approfittano delle emozioni umane per rendere schiave le persone e portarle dove vogliono loro”. Attirano gli uomini e le donne con “le lusinghe del piacere di pochi istanti, che viene scambiato per felicità”, oppure con “l’illusione del denaro, che li rende schiavi del profitto o di interessi meschini”.
Altri falsi profeti, aggiunge Francesco, sono i “ciarlatani” che “offrono soluzioni semplici e immediate alle sofferenze”, che si rivelano però “completamente inefficaci”. Ai giovani “è offerto il falso rimedio della droga, di relazioni usa e getta, di guadagni facili ma disonesti”. Oppure l’illusione di “una vita completamente virtuale, in cui i rapporti sembrano più semplici e veloci per rivelarsi poi drammaticamente privi di senso”.
Sono truffatori, spiega il Pontefice, che offrono cose senza valore, e tolgono ciò che è più prezioso “come la dignità, la libertà e la capacità di amare”. E’ “l’inganno della vanità”, commenta ancora, che viene dal demonio, “padre della menzogna”.
Sta a noi, è il pressante invito di Francesco, discernere nel nostro cuore “ed esaminare se è minacciato dalle menzogne di questi falsi profeti”. Dobbiamo saper riconoscere ciò che lascia dentro di noi un’impronta buona, “perché viene da Dio e vale veramente per il nostro bene”.
Come immagina Dante Alighieri nel suo inferno, il diavolo è seduto su un trono di ghiaccio, perché “abita nel gelo dell’amore soffocato”. Quali sono i segnali, si chiede ancora il Papa nel suo messaggio, che ci indicano che in noi l’amore rischia di raffreddarsi e spegnersi? Innanzitutto “l’avidità per il denaro”, che segue “il rifiuto di Dio” e di trovare consolazione in Lui, “preferendo la nostra desolazione al conforto della sua Parola”. Un rifiuto che si tramuta in violenza contro chi è ritenuto una minaccia alle nostre “certezze”: “il bambino non ancora nato, l’anziano malato, l’ospite di passaggio, lo straniero, ma anche il prossimo che non corrisponde alle nostre attese”.
Se la carità si raffredda ne soffre anche il creato: “la terra – denuncia il Pontefice – è avvelenata da rifiuti gettati per incuria e interesse”; i mari, inquinati, ricoprono “i resti di tanti naufraghi delle migrazioni forzate”; i cieli “sono solcati da macchine che fanno piovere strumenti di morte”. E nelle nostre comunità porta, ricorda Bergoglio citando la sua esortazione Evangelii gaudium, “l’accidia egoista, il pessimismo sterile, la tentazione di isolarsi e di impegnarsi in continue guerre fratricide, la mentalità mondana” che induce ad occuparsi solo dell’apparenza, riducendo così l’ardore missionario.
Se vediamo in noi e attorno a noi questi segnali, scrive Francesco, la Chiesa ci offre nel tempo di Quaresima “il dolce rimedio della preghiera, dell’elemosina e del digiuno”. Con la preghiera, “permettiamo al nostro cuore di scoprire le menzogne” con le quali inganniamo noi stessi. L’elemosina, che ci libera dall’avidità, dovrebbe diventare per tutti “un vero e proprio stile di vita”. Come vorrei, confida il Papa che “davanti a ogni fratello che ci chiede un aiuto, pensassimo che lì c’è un appello della divina Provvidenza”. Infatti, se oggi Dio si serve di me “per aiutare un fratello, come domani non provvederà anche alle mie necessità?”
Il digiuno, infine, ci disarma, ci fa crescere, “ci sveglia, ci fa più attenti a Dio e al prossimo”, e ridesta la volontà di obbedire a Dio, l’unico che sazia la nostra fame.
Il Pontefice lancia un appello anche ai non cattolici, “aperti all’ascolto di Dio”. “Se come noi siete afflitti dal dilagare dell’iniquità nel mondo – scrive – se vi preoccupa il gelo che paralizza i cuori e le azioni, se vedete venire meno il senso di comune umanità, unitevi a noi per invocare insieme Dio”, per digiunare insieme a noi e donare quanto potete per aiutare i fratelli!”. E per i membri della Chiesa, un occasione per ricominciare ad amare sarà, ricorda Francesco, l’iniziativa “24 ore per il Signore”: in ogni diocesi, tra venerdì 9 e sabato 10 marzo, almeno una chiesa sarà aperta un giorno intero, per l’adorazione e la confessione.
Così nella notte di Pasqua, conclude il Papa, la luce del cero pasquale potrà scacciare davvero il buio, e l’ascolto della parola del Signore con il nutrimento del Pane eucaristico, “consentirà al nostro cuore di tornare ad ardere di fede, speranza e carità”.
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