“Abominevole fenomeno”, “reato di lesa umanità” che colpisce “milioni di persone”: non usa mezzi termini Papa Francesco per descrivere la schiavitù nel suo Messaggio per la Giornata mondiale della pace che nel titolo – “Non più schiavi, ma fratelli” – richiama la Lettera di San Paolo a Filemone (Fm 1, 15-16). Due le parti costitutive del Messaggio: nella prima, il Pontefice descrive i tanti volti della schiavitù e ricorda le vittime del lavoro-schiavo, i migranti privati della libertà, abusati, detenuti in modo disumano, ricattati dal datore di lavoro; gli schiavi sessuali, i bambini-soldato, vittime dell’espianto di organi o di forme mascherate di adozione, prigionieri di terroristi.
Ma se tanti sono i volti della schiavitù, altrettante sono le sue cause profonde. La prima, sottolinea il Papa, è ontologica, provocata dal “peccato che corrompe il cuore dell’uomo”: è “il rifiuto dell’umanità dell’altro”, il trattarlo come un oggetto, un mezzo e non un fine. Ci sono poi altre cause: povertà, mancato accesso all’educazione ed al lavoro, “reti criminali che gestiscono il traffico di esseri umani”, conflitti armati, terrorismo, l’uso criminale di Internet per adescare i più giovani. E poi la corruzione che – sottolinea il Pontefice – passa attraverso componenti delle forze dell’ordine e dello Stato.
La seconda parte del Messaggio esorta a sconfiggere la schiavitù con un’azione “comune e globale”, attraverso la “globalizzazione della fraternità” che sappia contrastare la “globalizzazione dell’indifferenza” così diffusa nel mondo contemporaneo. Tre i modi in cui le istituzioni devono agire: prevenire il crimine della schiavitù, proteggere le vittime e perseguire i responsabili.
Occorrono, dunque, “leggi giuste” su migrazione, lavoro, adozione e delocalizzazione delle imprese per tutelare i diritti fondamentali dell’uomo e rispettarne la dignità. E servono anche – scrive il Pontefice – “meccanismi efficaci di controllo” che non lascino spazio a “corruzione e impunità”. Papa Francesco chiama poi in causa tutti gli attori della società, chiede il riconoscimento del ruolo sociale delle donne, lavoro dignitoso e stipendi adeguati per i dipendenti d’impresa, catene di distribuzione esenti dal fenomeno della tratta, cooperazione intergovernativa per combattere “le reti transnazionali del crimine organizzato che gestiscono il traffico illegale dei migranti”.
Il Pontefice si rivolge anche ai consumatori e richiama la loro “responsabilità sociale”, perché siano consapevoli che, come scritto da Benedetto XVI nella Caritas in Veritate, “acquistare è sempre un atto morale, oltre che economico” (n. 66). Di fronte al traffico di essere umani o a prodotti realizzati attraverso lo sfruttamento di altre persone, tutti siamo interpellati, ribadisce il Papa: sia chi chiude un occhio per indifferenza o convenienza, sia chi sceglie di impegnarsi civilmente o di compiere un piccolo gesto, come rivolgere un saluto, un sorriso a chi è vittima della schiavitù.
Globalizzare la fraternità, non la schiavitù, né l’indifferenza: questa dunque l’esortazione di Papa Francesco perché tutti gli uomini e le donne di buona volontà non si rendano complici di questo male e riescano a ridare speranza alle vittime della tratta.
Infine, il Pontefice ricorda Santa Giuseppina Bakhita e le tante congregazioni religiose, specialmente femminili, che – seguendo il suo esempio – operano in favore delle vittime della tratta. Il Papa guarda anche alla comunità cristiana, “luogo della comunione vissuta tra i fratelli”, la cui diversità di origine e stato sociale “non ne sminuisce la dignità, né li esclude dall’appartenenza al popolo di Dio”, poiché tutti sono accomunati dal “vincolo di fraternità in Cristo”.
Siano rispettate, dunque, “dignità, libertà e autonomia dell’uomo”, improntando i rapporti interpersonali a “rispetto, giustizia e carità”, in nome della fraternità, “vincolo fondante” della famiglia e della società.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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