Solo che le foto sono dei nostri bambini.
Mi raccontava una signora che il figlio, scherzando ma non troppo, le diceva che a quelli sopra i quarant’anni internet andrebbe proibito. È una battuta ma, come tutte le battute, qualcosa di vero la dice. Perché è vero che riempiamo i nostri figli di mille raccomandazioni sui pericoli del web, partecipiamo a lunghe riunioni scolastiche sul ciberbullismo ma è altrattanto vero che poi ci caschiamo noi.
Meno che, in questo caso, la Polizia postale è stata chiara e ha messo in guardia avvertendo le mamme che “oltre la metà delle foto contenute nei siti pedopornografici provengono dalle foto condivise da voi”.
Non si sa bene come sia nata questa catena. Di fatto, di condivisione in condivisione, di tastiera in tastiera stavolta ha toccato la parte più vulnerabile di noi stessi: i figli.
Apriamo gli occhi e diciamo a noi stessi che esiste un mondo sotterraneo del web totalmente anonimo a cui si accede con un minimo di perizia informatica, in cui le foto di bambini e ragazzi sono molto ambite, hanno il loro mercato. Sì, si chiama pedopornografia. È il grande mostro, la grande paura, ma si vede che non è abbastanza grande. Adesso bisogna che le mamme che volevano solo eleggere la loro amica regina del parco assieme ai bambini, dovranno scorrere la home alla ricerca di quei post con le foto dei loro piccoli condivise pubblicamente, da cancellare.
Ma purtroppo ricordiamoci che cancellarle servirà a poco perché su internet, su facebook, le foto sono come le piume di quella gallina spennata lungo la strada: era una metafora della maldicenza mi pare e spiegava che è impossibile riacchiappare sia le piume che le parole. Ecco, ora dobbiamo ricordarci che lo stesso accade con le foto dei nostri bimbi.
Le metti su facebook e da quel momento sono lì a portata di click, di tutti, e ce le abbiamo messe noi.
Forse il figlio adolescente di quella signora esagerava ma io voglio ascoltare di più questa generazione digitale che sa vivere in qualcosa, internet, che un adulto spesso sa solo usare e anche male. Perché la catena di cui parliamo ha questo tallone d’Achille. Che puntava alle mamme – che, per definizione, quasi mai sono adolescenti – e che quindi trattano facebook come fosse l’album delle fotografie della nonna.
Ultima cosa, ma non ultima per importanza. Ricordiamoci che l’adorabile frugoletto tutto nudo sulla spiaggia o che piange vestito da Ape Maia, tra pochi anni sarà un ingegnere e di certo avrà dei colloqui di lavoro, dei curricula e lì, ricordiamocelo, ci arriverà con la foto col culetto. Potrebbe non gradirlo. Lasciamo ai nostri figli il diritto di scegliere il proprio essere on line. Evitiamo loro qualche imbarazzo.
Perché, in ogni caso, anche se non uscisse fuori, quella foto buffa è sempre la vita loro, dei nostri figli. E deve rimanere nel loro cassetto a disposizione dei loro affetti futuri se e come vorranno.
La prima privacy da aggiornare è il rispetto dell’altro, soprattutto del più debole: i nostri bambini.
Di Don Mauro Leonardi
Tratto da IlSussidiario.net
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