A Pacora, comune di 50 mila abitanti a 40 km da Panama, dove in mezzo a un nulla di sterpaglie e baraccati cresce il muro alto e grigio del carcere minorile Las Garzas. Dentro 150 ragazzini, perlopiù minorenni, che cercano di capire come una vita in rampa di lancio sia finita un giorno in un tunnel di violenza e di sangue.
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Li vedi in faccia e sono come tutti i loro coetanei. Visi senza rughe, occhi e pelle scuri, maglietta bermuda e infradito, la divisa di un penitenziario d’estate, dove estate è tutto l’anno. Le rughe però ci sono, dentro, nascoste da espressioni incuriosite e guardinghe di fronte ai visitatori europei, armati di smartphone e microfono, che cercano di capire e carpire cose difficilissime. Non hanno l’età per tante cose, gli ospiti di Las Garzas, ma un giorno hanno rubato o ucciso o stuprato, forse senza neanche capire perché, o forse sì perché anche a 15 anni la vita certe volte odora di morte. Però c’è una novità per tutti, che da qualche mese li ha via via presi, scuotendoli dal torpore della gabbia. El Papa, Francisco: hanno saputo che vuole venire a trovarli, lì, dalla loro parte del muro.
Li troviamo mentre una dozzina di loro fa le prove di canto della liturgia penitenziale che – inedito per una Giornata mondiale della gioventù – il Papa vuole celebrare in un penitenziario minorile. Sono ragazzi che non possono andare nella Panama allegra della Gmg di questi giorni e allora è Francesco che va a fare Gmg con loro.
Quando la notizia è diventata ufficiale, ci dice Emma Alba Tejada, direttrice nazionale dei carceri minorili panamensi, non c’è stata un’esplosione di entusiasmo. In carcere, spiega, non sono tutti cattolici. Ci sono per esempio evangelici “che non credono nel Papa, non credono nella Vergine”. Insomma, “erano davvero pochi quelli che volevano partecipare”.
Arrendersi però non è nello stile di quello che, negli anni, è diventato, anche fuori Panama, un carcere di eccellenza per i suoi metodi di cura e reinserimento dei giovani, tanto da ottenere riconoscimenti dall’Unicef e finanziamenti dall’Ue. “Abbiamo spiegato loro che il Papa sarebbe venuto non per parlare solo con i cattolici, ma per dare un messaggio di amore e pace, di speranza, di cui loro hanno bisogno”. È stato “un lavoro duro ma alla fine abbiamo assistito ad un cambiamento unico”. E il risultato sono storie come quella di Francisco, uno dei circa 150 ospiti della struttura. Francisco ha 21 anni che in un carcere dove si può stare per un massimo di 12 di pena, vuol dire aver visto fin troppe sbarre. Lui è uno dei tre che si confesserà con il Papa.
E forse è lui stesso, o forse no – la privacy è giustamente inviolabile – il ragazzo che, ci rivela la direttrice, ha chiesto un giorno di volersi confessare dal Papa. “Ho bisogno di trasformare la mia vita, ho bisogno di un cambiamento”, ha preteso quasi, lui che prima, come tanti compagni di cella, aspettava la libertà solo per vendicarsi di chi gli aveva ucciso i familiari. Adesso il sogno della vendetta e diventato immaginarsi tra le braccia di Francesco per, ha detto, “voltare pagina”.
Alessandro De Carolis – Città di Panama
Fonte vaticannews.va
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