Azioni dure di diplomazia internazionale da affiancare agli interventi tecnici già pianificati per fronteggiare l’emergenza negli scali ferroviari e ai valichi, causata dalla decisione della Germania di sospendere Schengen per il G7 e della Francia di bloccare la «porta» di Ventimiglia. Ma anche in vista di possibili nuovi sbarchi nei prossimi giorni. Palazzo Chigi esclude «atteggiamenti ritorsivi» su altri dossier come era stato ipotizzato riferendosi alle sanzioni contro la Russia di Putin. Ma all’attività già avviata per siglare accordi di polizia con Paesi africani e Bangladesh e ottenere rimpatri veloci e per allestire subito i centri di smistamento dove sistemare i profughi, si affianca un negoziato più riservato che si spera possa essere più efficace.
I charter
Se la Francia continuerà a tenere il valico chiuso, l’ipotesi è quella di concedere i permessi provvisori d’identità anche consentendo il transito su altre rotte. Più strutturata invece l’azione dei funzionari che si muoveranno sul modello dell’intesa siglata con il Gambia due settimane fa dal capo della polizia Alessandro Pansa. Prevede la concessione di mezzi e apparecchiature (fuoristrada, computer), l’organizzazione di corsi di formazione per le forze dell’ordine locali in cambio dei rimpatri effettuati con i voli charter e con procedura d’urgenza. Gia pronta la lista dei Paesi con i quali avviare i negoziati: Costa D’Avorio, Senegal e Bangladesh, Mali e Sudan, tenendo conto che questi ultimi due Paesi hanno già fatto sapere di non essere disponibili, dunque servirà un’azione diplomatica per provare a sbloccare la situazione. La scelta di percorrere con gli altri la strada dell’intesa tecnica serve non soltanto ad accelerare la procedura, ma anche ad evitare implicazioni di tipo politico per gli Stati esteri. I rimpatri verrebbero così effettuati seguendo lo schema già attuato con Egitto, Tunisia e Marocco, dunque facendo partire dall’Italia i charter con gli stranieri “irregolari” identificati grazie alla collaborazione con i consolati.
La Libia
La convinzione è che difficilmente l’Onu autorizzerà un intervento in Libia, ancor più difficile che l’inviato Bernardino Leon riesca a formare un governo. Ecco perché torna a farsi strada l’ipotesi di intervenire in maniera meno convenzionale. Su questo pesa però il giudizio del capo dello Stato Sergio Mattarella che ha sempre escluso l’ipotesi che l’Italia si sganci dalle Nazioni Unite. Più plausibile l’eventualità di impedire alle navi straniere che soccorrono i migranti in acque internazionali di approdare sulle nostre coste visto che il diritto della navigazione equipara il natante al territorio dello Stato di bandiera.
Le caserme
Urgente è riuscire a trovare un’intesa con le Regioni: alla riunione convocata per questa mattina con i prefetti del Veneto e con il governatore Luca Zaia parteciperà anche il prefetto Mario Morcone, capo del Dipartimento Immigrazione del Viminale. Di fronte a un atteggiamento di resistenza, la linea è quella di utilizzare almeno tre caserme al nord e due al sud. Per il settentrione oltre a due in Veneto, la scelta potrebbe cadere su quella di Montichiari, nel bresciano. Nel meridione si punta invece su Civitavecchia e Messina. I lavori di ristrutturazione sono avviati, in attesa del completamento si pensa di allestire le tendopoli in modo da garantire assistenza ai profughi e soprattutto prepararsi all’accoglienza di chi arriverà nelle prossime settimane. Molto più avanzati sono i lavori per i centri di smistamento che dovrebbero contenere massimo 400 persone. A quelli di Settimo Torinese e Bologna, si pensa di affiancare Civitavecchia e Messina. Il timore dei responsabili dell’Ordine Pubblico del Viminale è che la situazione ai valichi e nelle stazioni possa degenerare anche tenendo conto della convivenza forzata di stranieri di diversa nazionalità. Per questo sono stati inviati 100 uomini in più a Roma e Milano, 60 a Ventimiglia e 50 al Brennero. (Fiorenza Sarzanini – Corriere della Sera)
A cura di Redazione Papaboys fonte: San Francesco Patrono d’Italia
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