C’è grande attesa per la riunione d’emergenza dell’Unione europea fissata per il 14 settembre prossimo. Intanto la Commissione Ue auspica nuove regole comuni sulle richieste d’asilo e l’accelerazione delle procedure di registrazione e ammonisce l’Ungheria: “Le barriere non mandano il messaggio giusto”.
In un’intervista al quotidiano Il Mattino ha parlato anche il card. Francesco Montenegro, presidente di Caritas italiana: “Le responsabilità delle stragi sono di tutti – ha detto – dell’Europa e dell’Onu, il grande assente”. Sul dramma dei migranti e in particolare dei bambini non accompagnati,Roberta Barbi ha intervistato il portavoce di Save the children, Michele Prosperi:
R. – I bambini sono senz’altro, più che mai, il simbolo dell’emergenza di questi giorni. Sappiamo che sono una presenza costante negli arrivi; se guardiamo i dati dall’inizio dell’anno al 27 agosto, i bambini rappresentano circa il 10% di tutti i migranti arrivati in Italia. I 2/3 sono minori non accompagnati – quindi ragazzi di 16, 17anni, ma anche di 11, 12, 13, e qualche volta persino di 9 o 10 anni – minori che affrontano da soli il loro viaggio per raggiungere l’Europa. È una realtà che si ripete identica anche negli arrivi in Grecia, che ormai hanno superato quelli in Italia. I migranti che arrivano in Grecia provengono soprattutto dalla Siria, l’Iraq e l’Afghanistan; e sappiamo che sono gruppi familiari, quindi anche lì con la presenza di tantissimi bambini. Ad esempio sappiamo che in questo momento, in Serbia, di tutti i migranti che stanno attraversando il Paese – il 25% – sono bambini, secondo le stime di Save the Children.
D. – È di questi giorni la notizia della fuga dei tre bambini siriani ricoverati in un ospedale in Austria, che sono scappati assieme alle loro famiglie per raggiungere la Germania. È talmente forte la disperazione di queste persone da rischiare anche la salute dei propri figli?
R. – Noi dobbiamo pensare che questi migranti hanno affrontato viaggi lunghissimi e terribili nelle mani dei trafficanti, rischiando più volte la vita. Io ho parlato in diverse occasioni con i padri, le madri – con i familiari siriani – e loro non parlano di altro che dei loro figli e del loro futuro… Per loro l’unica cosa che conta è arrivare in un posto sicuro dove i loro figli possano andare a scuola e darsi un futuro.
D. – Save the Children ha denunciato anche le morti dei migranti nel deserto prima di arrivare a imbarcarsi, e le violenze che sono costretti a subire donne e bambini dai trafficanti…
R. – Oggi vogliamo ricordare le parole del segretario generale dell’Onu, Ban-ki-moon, che ha lanciato un appello fortissimo ai Paesi, chiedendo di trovare soluzioni “complessive”, che partano e tengano conto delle cause che, nelle aree di crisi, determinano questi grandi flussi di partenze, queste fughe di massa dalle guerre e dalle situazioni di assoluta povertà o di fame, di violenza, e dai regimi autoritari. La diplomazia internazionale, la comunità internazionale, i Paesi europei nel loro insieme, devono assolutamente affrontare la situazione tenendo conto di tutto, e del fatto che centinaia di migliaia di migranti – tra essi molti vulnerabili, come le donne, le donne incinte, i bambini piccoli – ogni giorno si mettono nelle mani di trafficanti che non hanno alcuno scrupolo, e sono interessati soltanto ai soldi che questi migranti sono in grado di pagare. Per loro la vita non ha nessun valore al di là di questo.
D. – Il 14 settembre l’Unione Europea si riunirà sull’emergenza immigrazione: qual è l’auspicio?
R. – L’auspicio è, intanto, che la diplomazia europea si adoperi per spingere anche l’Onu a cercare una soluzione. Pensiamo, ad esempio, alla Siria: centinaia di migliaia di persone sono sotto assedio all’interno del territorio e non possono essere raggiunte con gli aiuti. Questo aumenta, naturalmente, il terrore nelle persone, la volontà di fuga, di abbandono del Paese, e la ricerca di un altro luogo dove trovare pace e opportunità. Però chiediamo anche all’Europa di aumentare le quote di ricollocamento dei migranti in arrivo in Italia e in Grecia, perché sono quote assolutamente insufficienti; così come di espandere i programmi di reinsediamento: quei programmi che consentirebbero ai rifugiati e ai richiedenti asilo di raggiungere i territori sicuri dei Paesi di destinazione direttamente dalle aree di crisi, senza dover rischiare la vita più volte nelle mani dei trafficanti.
Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va)