Pragmatico, solidale sorridente: aveva inviato una lettera al quotidiano Avvenire per raccontare la sua lotta per ottenere un insegnante di sostegno e da lì era partita un’amicizia …
La notizia si è diffusa martedì notte con cautela e discrezione, perché pareva inaudita, troppo dolorosa per esser vera, intollerabile. Ma non si può respingere l’amara realtà. Pare incredibile che Francesco Gallone possa essere morto, e non tanto perché la disabilità, i lunghi ricoveri, le riabilitazioni sfibranti, le terapie faticose, la fragilità troppo spesso riemersa come un destino non l’avesse già esposto più volte al pericolo della vita.
Francesco però sembrava Highlander, ma con la battuta pronta: invincibile e dolce, allegro e determinato, diretto a costo di infrangere formalismi e prudenze. Una forza irrefrenabile. Nessuno nel suo esercito di amici poteva anche solo dubitare un istante che l’avrebbe sempre spuntata lui. Non c’era battaglia che ne potesse scoraggiare l’ironia e la tenacia, nessun progetto pareva irrealizzabile per quanto fosse ambizioso e persino visionario: spiegata da lui, la parete liscia e senza appigli si trasformava in un’avventura possibile, utile a tanti, entusiasmante per l’idea buona che c’era dentro.
La sua sedia a rotelle ha superato ostacoli davanti ai quali noi tutti che l’abbiamo conosciuto ci saremmo arresi anche solo ipotizzandoli lungo la strada. Francesco ci ha raccontato con la sua troppo breve vita – 22 anni appena – che l’impossibile attende mani e cuori, la gioia di provarci e l’intento sincero – ma sul serio – di offrire agli altri un servizio, un aiuto vero, una soluzione. Un pragmatismo sorridente, molto milanese, capace di animare la solidarietà di tanti non per pietismo ma avendo convinto anche solo un’altra persona a crederci, arruolandola all’istante nella sua mappa senza barriere.
L’abbiamo conosciuto ad Avvenire per una lettera che inviò in redazione nel settembre 2012 per metterci a parte della battaglia ingaggiata dalla sua coraggiosa famiglia con il Ministero dell’Istruzione per esigere le ore di sostegno di cui aveva diritto. «Sono un ragazzo disabile, ho 17 anni, e so che lottare è la regola numero uno se vuoi sopravvivere – era il fulminante incipit -. Per questo scrivo ad Avvenire».
Ancor più eloquente la chiusa: «Ancora nessuno è riuscito a togliermi il diritto di essere arrabbiato». Ne nacque un dialogo pubblico con il direttore e una campagna che gli guadagnò altri nuovi amici, tra i quali chi nel nostro giornale racconta e sostiene imprese come la sua. Tifoso passionale dell’Inter, si è adoperato per agevolare l’accesso dei disabili a San Siro, ma anche al cinema, sui mezzi pubblici, a scuola, negli uffici amministrativi… Al suo fianco la mamma Anna, donna sorridente e intrepida, un esempio di ingegno, generosità, senso imprenditoriale nel cercare di immaginare un futuro professionale per il suo Francesco.
Neppure la morte prematura del marito, due anni fa, l’aveva piegata. Ora abbiamo solo lacrime da sciogliere insieme alle sue (il funerale sarà domani alle 11 nella chiesa di Sant’Angelo in via Moscova) assolutamente certi che dal Cielo Francesco ci mostrerà possibile qualunque sogno. Basta che sia all’altezza dei suoi.
di Francesco Ognibene per Avvenire on line
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