Nella parrocchia dell’Assunta sono state finora aiutate 300 persone, di 12 Paesi. Il progetto della Casa della carità è ormai giunto al secondo anno..
Per cinque settimane don Paolo Selmi, parroco della chiesa Beata Vergine Assunta in Bruzzano, è diventato l’animatore di una comunità multietnica dove sono passate finora circa 300 persone provenienti da 12 Paesi: Bangladesh, Eritrea, Iraq, Gambia, Ghana, Nigeria, Pakistan, Senegal, Siria, Somalia, Sudan, Togo. Ma la prima cosa che dice quando lo incontriamo in oratorio è:«Parla con i volontari, sono loro che mandano avanti tutto. E tanti non frequentavano la parrocchia, sono arrivati dal quartiere per dare una mano». Parliamo dell’accoglienza ai migranti nei quartieri milanesi voluta dalla Casa della carità anche quest’anno, dopo la positiva esperienza del 2014 nella parrocchia dell’Annunciazione di Affori. La giornata di Ferragosto è stato uno dei momenti più forti a Bruzzano: anziani e famiglie si sono uniti ai profughi, ai volontari, agli operatori e agli ospiti della Casa in un’unica grande festa, incarnando quel legame con il territorio che è tra i valori fondanti dell’istituzione voluta dal cardinal Martini. L’esperienza di accoglienza si conclude alla fine di agosto, per la ripresa delle consuete attività dell’oratorio parrocchiale.
Varcando il cancello dell’oratorio si respira subito un’atmosfera amichevole e solidale, ma anche la tranquillità che nasce da una macchina organizzativa di tutto rispetto, gestita praticamente per intero dai 130 volontari che si sono resi disponibili a collaborare con il parroco. Uomini e donne di ogni età si alternano in turni che coprono 17 ore di presenza, dalle 7 del mattino a mezzanotte, in modo da garantire agli ospiti un’assistenza adeguata. Qualche numero? Novanta i posti letto totali, 5 mila i pasti caldi forniti (gratuitamente) da Milano Ristorazione.
I volontari hanno stampato i cartelli multilingua con gli orari delle attività e le indicazioni per l’uso dei bagni, il lavaggio degli indumenti, la raccolta differenziata. Vanno a prendere e riaccompagnano in stazione chi arriva e chi parte. Preparano la colazione del mattino, giocano con i bambini, parlano con gli adulti (quando la lingua lo permette), puliscono la sala da pranzo, la camerata e i bagni, con l’aiuto prezioso di Luigi e Massimo, detenuti del carcere di Bollate che per tutto l’anno si impegnano in oratorio.
Non tutti sono volontari abituali della parrocchia. Alcuni sono semplicemente residenti nel quartiere, interessati a conoscere da vicino culture diverse dalla nostra. Come Stefano, ventenne, matricola di Filosofia, voleva impegnarsi nel campo dell’immigrazione perché, dice, «oltre ad aiutare, conosci meglio il mondo e vieni a sapere un sacco di cose che i giornali non raccontano, direttamente da chi le ha vissute». Oppure Elena, che ha vissuto in Siria sette anni e parla l’arabo, ora sa che molti siriani si erano rifugiati in Libia e dopo la crisi post Gheddafi hanno dovuto fuggire anche da lì: «All’inizio erano diffidenti», dice, «in Libia avevano raccontato loro che gli italiani li avrebbero trattati con disprezzo. Sono rimasti molto sorpresi dal calore con cui sono stati accolti». O, ancora, come Monica, insegnante di Lettere, che ha saputo per caso della volontà di avviare una scuola d’italiano da tenere nell’oratorio e viene ogni giorno a guidare il corso, per i profughi intenzionati a rimanere nel nostro Paese. «Serve a loro ma anche a me, che non ho mai insegnato l’italiano come lingua straniera e posso sperimentare nuovi metodi didattici».
Ma il servizio è garantito anche da operatori sociali, mediatori culturali e medici, “prestati” dalla Casa della carità: le esigenze sono tante, dall’assistenza alle numerose donne in gravidanza all’aiuto nelle pratiche burocratiche per la richiesta di asilo o per il passaggio ad altri Paesi europei.
«Ad esempio abbiamo ospitato 14 siriani, una famiglia allargata, che voleva ripartire subito per il Nordeuropa e ricongiungersi con altri parenti», spiega don Paolo. «Per tutta la notte gli adulti si sono attaccati ai cellulari per contattare i familiari e organizzare il viaggio, poi li abbiamo accompagnati alla Stazione Centrale di Milano».
Il progetto di accoglienza migranti non prevede alcun stanziamento di fondi pubblici, anche se realizzato in collaborazione con il Comune e la Prefettura di Milano. Tutti i costi sono a carico della Casa della carità, con l’aiuto di sostenitori privati e di aziende, e saranno resi noti a fine progetto.
Per chi volesse contribuire all’iniziativa, la Fondazione Casa della carità ha lanciato una campagna di sostegno straordinario per privati e aziende: www.casadellacarita.org/aiuto-ora-profughi-bruzzano
Redazione Papaboys (Fonte www.famigliacristiana.it/Ida Cappiello)
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