“Questo ritrovamento è una grande gioia e un messaggio per tutta la comunità. Sì, per me è un miracolo, ma è ovvio che chi non ha fede non può credere a nulla. Ma non potrà mai dire che ci sono state manomissioni. Il Signore ha fatto tutto da sé”. Don Angelo Ciancotti, parroco della Cattedrale di Ascoli, spiega così, nell’emozione di rivivere quegli attimi e la paura che tutto venga strumentalizzato, il ritrovamento di 40 ostie integre
in un tabernacolo ritrovato sotto le macerie di Arquata. Un fatto prodigioso che, per ora, nulla può spingere a definirlo diversamente. Ma che, come dice il prelato, fa riflettere, specie chi è credente.I fatti, che ricordano il miracolo eucaristico di Siena del 1730 e davanti al quale S. Giovanni Paolo II esclamò “Ecco la presenza”, li riassume lo stesso sacerdote. “Ho uno stretto rapporto con le zone colpite dal sisma – dice -, i miei genitori erano di Arquata e Pescara e conoscevo ogni persona scomparsa tra le macerie, così come ogni singola via di quei paesi. Per questo, anche sulla spinta di alcuni residenti, mi sono impegnato nel recuperare tutte le opere che si potevano recuperare.
Quei luoghi – spiega – hanno un grande legame con i simboli sacri”. Come i tabernacoli: “Ho fatto una ricerca tra quelli che erano stati salvati e quelli no, tra questi quello originario del ‘500 della chiesa di S. Maria Assunta di Arquata
, chiesa distrutta dalla scossa di ottobre. Più tardi, grazie ai Carabinieri del Nucleo Tutela del Patrimonio artistico, venni a sapere che era stato recuperato e custodito in un magazzino individuato dalla Diocesi e, non appena possibile, l’ho preso, fatto pulire e messo in sacrestia”.Quindi, qualche settimana fa la grande scoperta, raccontata con inevitabile emozione: “La serratura era chiusa, io avevo una chiave di un’altra cassetta in ufficio e ho detto: ‘proviamo’. Si è aperta al primo colpo”. Ma la sorpresa maggiore doveva arrivare: “All’interno la pisside era orizzontale, ma non si era aperta. Dentro c’erano le ostie perfettamente intatte, sia nel colore che nella forma e nell’odore. Nessun batterio o muffa come capita a tutte le ostie dopo qualche settimana. E invece quelle, ad un anno e mezzo di distanza, sembravano fatte il giorno prima”. Le particole erano state preparate dalle suore del convento di Sant’Onofrio: “Ho subito chiesto se avessero usato conservanti e mi hanno detto: ‘No, solo acqua e farina’”.
Don Angelo, tuttavia, è il primo ad essere prudente: “Sono ‘cugino’ di San Tommaso – scherza – per questo le ho fatte vedere a diversi testimoni. Ma ogni domenica faccio l’adorazione eucaristica nella cappella del SS. Sacramento al Duomo”, luogo dove la pisside è ancora conservata. E ora che succederà? “E’ ancora presto per parlare, ma sono convinto che si andrà avanti come succede in questi casi”.