A dare il calcio di inizio in Brasile, nella cerimonia di aperura prima della partita inauguarale dei mondiali, è stato un ragazzo paraplegico che ha potuto muovere gli arti grazie ad un esoscheletro. Una tecnologia sperimentata anche in Italia nell’istituto di biorobotica di Pisa. Maria Gabriella Lanza della Radio Vaticana ha intervistato il ricercatore Nicola Vitiello che da anni studia questa nuova frontiera della scienza:
R. – Le macchine per i paraplegici sono dispositivi in grado di tenere l’utente nella posizione eretta; funzionano come sostegni rigidi per gli arti. Ovviamente, però, sono sostegni motorizzati. In genere, utilizzando il movimento del torace, quindi sbilanciandosi in avanti, la persona trasmette il comando motorio alla macchina: le dice “voglio camminare, voglio fare dei passi”, e la macchina permette alla persona di fare dei piccoli passi.
D. – Possiamo dire che l’esoscheletro rappresenta una sfida che, se vinta, può mandare in soffitta la sedia a rotelle e restituire il movimento a chi non cammina?
R. – Questa è una bella domanda. E’ un po’ il sogno di molti bio-ingegneri, me compreso, quello di trovare un modo per mandare in soffitta la carrozzina. Sicuramente gli esoscheletri di arto inferiore rappresentano una possibile alternativa alla sedia a rotelle. Però è intellettualmente onesto dire che questo avverrà forse nei prossimi anni. Oggi è più possibile dire quello che qualche anno fa sembrava solo un sogno, magari oggi è una sfida. Ed è una sfida che si può vincere. E parlo di sfide, non di sogni, perché probabilmente queste sfide sono affrontabili e superabili.
D. – Attualmente si sta investendo in questa direzione?
R. – In Italia, per quanto riguarda la nostra realtà, la principale fonte di investimento viene dalla Commissione europea.
D. – Il paziente che volesse sperimentare questa tecnologia, cosa deve fare? L’esoscheletro è accessibile a tutti?
R. – Per ora, la tecnologia non è accessibile a tutti perché è, sì, in alcuni casi un prodotto anche commerciale, ma alcune di queste aziende hanno come interlocutore i centri di riabilitazione, non direttamente l’utente finale. E laddove ci sia come interlocutore l’utente finale, i costi non sono facilmente affrontabili: si tratta di decine o centinaia di migliaia di euro. Questo, però, non deve scoraggiare, per un motivo molto semplice. E’ il naturale processo che interessa naturalmente la tecnologia. Si parte, in genere, con dei costi molto, molto alti… Un po’ come all’inizio dell’era dei cellulari, che erano per pochi e costavano tanto. Poi la tecnologia diventa di largo consumo. Oggi, siamo in una fase in cui questi dispositivi sono principalmente oggetto di sperimentazione clinica e, quindi, hanno ancora molti passi da compiere per poter dare prova di essere affidabili, di essere effettivamente efficaci, di essere facilmente utilizzabili dall’utente finale …
D. – Il fatto che un ragazzo paraplegico abbia dato il calcio d’inizio alla prima partita dei mondiali in Brasile, è un segnale di speranza?
R. – Secondo me, questa cosa dei mondiali deve essere interpretata in modo corretto. Il messaggio che si vuole dare è questo: ‘Guardate, esistono le disabilità. La tecnologia può essere una delle risposte; noi ci stiamo lavorando. Non è impossibile’. Allo stesso tempo il messaggio è anche: “Non è facile. Non tutti i problemi sono stati risolti. Bisogna in qualche modo continuare ad investire, come collettività; bisogna continuare a crederci, come ricercatori, e a sforzarsi. E forse, probabilmente, nei prossimi anni si arriverà ad avere una tecnologia che sia alla portata di tutti, affidabile e – come dicevo prima – utilizzabile veramente’. E per me che sono anche un grande appassionato di calcio, è un messaggio bello, perché lo sport è uno dei principali modi per annullare le disabilità. Di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana.