Categorie: L'altro Mondiale

Mondiali: mons. Gänswein racconta la finale del Maracanà vista dal Vaticano

CITTA’ DEL VATICANO – Oltre un miliardo di persone si sono fermate per 120 minuti per guardare la finale dei Mondiali di Calcio, vinta 1-0 dalla Germania contro l’Argentina, nello stadio Maracanà di Rio de Janeiro. Una partita che è stata definita scherzosamente la “Finale dei due Papi” per le nazionalità argentina di Papa Francesco e tedesca di Benedetto XVI, anche se nessuno dei due – riferisce mons. Georg Gänswein – ha guardato la partita. Su questa originale coincidenza e sul ruolo che il calcio può avere per il dialogo e l’incontro tra nazioni e culture diverse, Alessandro Gisotti della Radio Vaticana ha intervistato proprio il prefetto della Casa Pontificia e segretario particolare del Papa emerito:

R. – Ho tifato per la squadra del cuore – che è la Germania – e l’ho vista a casa, con le Memores Domini, che anche loro hanno tifato per la Germania e alla fine siamo stati molto contenti – anche se mi dispiace per gli argentini. Hanno giocato bene, ma penso che alla fine la Germania abbia vinto meritatamente.

D. – In molti, ovviamente, si sono chiesti: Papa Benedetto ha visto la partita? Ha saputo del risultato? Ci può dire qualcosa al riguardo?

R. – L’ho invitato a guardare la partita, però lui ha ringraziato ma ha preferito andare a dormire. Certamente, questa mattina l’ho informato – ma lui aveva anche già visto la mia faccia, che portava un messaggio chiaro. Poi l’ho informato sull’andamento e quindi sul risultato della partita.

D. – Evidentemente, c’era anche una gioia da parte sua …

R. – Sì e no, perché nella squadra ci sono anche alcuni bavaresi, e questo fa scaldare il cuore ancora di più; d’altra parte ha detto: “Speriamo che gli argentini si riprendano presto”. E poi, uno a zero è un risultato che non umilia …

D. – Ovviamente … “Argentina” – il pensiero va a Papa Francesco. In qualche modo lei ha potuto parlare con il Santo Padre di questa partita? Può dirci qualcosa anche su questo?

R. – Non ancora. Ho fatto le mie sentite “condoglianze” al suo segretario, don Fabian, e lui mi ha risposto in modo molto secco, chiaro, ma convincente e mi ha fatto anche gli auguri per la vittoria della nostra squadra.

D. – Abbiamo visto, soprattutto sui social network, una cosa particolare e anche originale: cioè, si sono uniti Papa Francesco e il Papa emerito Benedetto anche con un certo moto di affetto per entrambi; in qualche modo, se così si può dire, il calcio li ha uniti anche nell’immaginario collettivo …

R. – L’ho visto anch’io e devo dire che mi sono molto rallegrato, perché si vede che il calcio ha la forza di unire. E poi si è visto che molte cose sono state espresse in modo scherzoso, a volte in modo ironico, in fin dei conti sempre in modo simpatico, sincero … E penso che questa occasione ha fatto capire che c’è una bella intesa tra i due Papi.

D. – Papa Francesco in un tweet, prima ancora in un messaggio, ha sottolineato come i Mondiali di Calcio – lo sport in generale – siano occasione di incontro …

R. – Papa Francesco spesso parla – ed è diventata una parola chiave – dell’incontro, e lo sport – e anzitutto il calcio – è proprio un’occasione ad hoc per incontrarsi in modo sportivo e sincero. L’incontro, come tale, è quello che conta. E’ chiaro, c’è sempre il risultato, poi; ma quello che conta è l’incontro. E se per tutte e due le squadre l’incontro è positivo, penso che abbia una grande forza non soltanto per queste 22 persone, ma per molte altre persone ancora, e non soltanto dei due Paesi rappresentati, ma di tutto il mondo.

D. – Ovviamente, la finale del Mondiale, la parte finale del Mondiale, è coincisa purtroppo con il conflitto tra Israele e Palestina; fra l’altro, anche il Pontificio Consiglio della Cultura ha lanciato l’iniziativa “Pause for Peace”, una pausa per la pace, legata ai Mondiali …

R. – Seguo con grande preoccupazione la situazione in Terra Santa; il Papa l’ha detto anche all’Angelus che la preghiera è importantissima; e che anche la preghiera con i due presidenti israeliano e palestinese e con il Patriarca ecumenico che ha fatto un mese fa, è un segnale e questo segnale deve avere e avrà frutti buoni, anche se attualmente la situazione, purtroppo, è diventata molto preoccupante.

D. – Quindi anche lo sport può aiutare? Per esempio, abbiamo visto tante volte che proprio lo sport è stata l’occasione in cui per la prima volta si sono affrontate squadre di nazioni che erano in guerra, o comunque in conflitto tra loro …

R. – Sì. Sono convinto – convintissimo – del fatto che la politica non sarebbe capace di fare incontrare squadre che politicamente siano totalmente diverse, ma lo sport – il calcio – è in grado di farlo e credo che questa sia una possibilità da rafforzare e una possibilità anche da apprezzare.

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