Una Chiesa in ascolto delle famiglie, calata nella società di oggi, con tutte le sfaccettature che la realtà contemporanea comporta. Questa, in sintesi, la prima settimana di lavori al Sinodo dei vescovi, rispecchiata nella “Relazione dopo la discussione”. Un ‘working in progress’, lavori in corso, prendendo a prestito le parole del segretario speciale, mons. Bruno Forte, che ha messo in luce il senso di sinodalità inteso non soltanto come “ascoltare tutti”, ma anche “camminare insieme”, maturando e crescendo nel tempo, con umiltà nell’ascolto, così come auspicato da Papa Francesco. In fondo, ha aggiunto mons. Forte, “questo è stato lo spirito del Concilio Vaticano II”. Quella che va emergendo è dunque un’attenzione a una sorta di legge della gradualità:
“La logica vincente non è mai quella del tutto o niente, ma è quella della pazienza del divenire, dell’attenzione alle nuances, alle sfumature, alle diversità, alle complessità delle situazioni. Perché chi non usa questa logica rischia di giudicare le persone e non di capirle, di accompagnarle, di accoglierle. Mi sembra che uno dei dati più belli di questo Sinodo, che la Relatio post disceptationem ha recepito, è questo spirito di compagnia, di accompagnamento e di progressività, di maturazione sul quale naturalmente c’è ancora da fare tanto. Quindi quello di oggi è solo un momento, una tappa. Il lavoro che ci aspetta, soprattutto il contributo dei gruppi, sarà importantissimo per integrare, precisare e sviluppare gli elementi che sono venuti fuori”.
Quindi mons. Forte si è soffermato su un altro tema affrontato all’assemblea, l’accesso al Sacramento dell’Eucaristia per i divorziati risposati e la via penitenziale proposta:
“Un riconoscimento eventuale di colpe che possono esserci state, perché ogni fallimento di un’alleanza nuziale avviene certamente per la responsabilità di entrambi: non è mai giusto scaricare tutto su una sola persona. Quindi è giusto che ognuno prenda coscienza eventualmente dei propri limiti, delle proprie insufficienze e sia disposta a mettersi in ascolto di Dio, per una conversione del cuore”.
Quanto alle persone omosessuali, si è riflettuto su “doti e qualità” che esse possono offrire alla comunità cristiana. Per ciò che concerne le unioni tra persone dello stesso sesso, mons. Forte ha chiarito:
“La Chiesa non condivide che la stessa terminologia ‘famiglia’ possa essere indifferentemente applicata all’unione fra un uomo e una donna, aperta alla procreazione, e all’unione omosessuale. Detto questo, mi sembra evidente che le persone umane coinvolte nelle diverse esperienze hanno dei diritti che devono essere tutelati. Dunque il problema è anzitutto non la equiparazione tout court, anche terminologica, ma naturalmente questo non vuole affatto dire che bisogna allora escludere la ricerca anche di una codificazione di diritti che possano essere garantiti a persone che vivono in unioni omosessuali. E’ un discorso – credo – di civiltà e di rispetto della dignità delle persone”.
Il relatore generale dell’assise, il cardinale Erdő, e il presidente delegato, ilcardinale Luis Antonio G. Tagle, soffermandosi sulla Relazione – in attesa del documento finale dei lavori e del messaggio del Sinodo – hanno tratteggiato alcune situazioni particolari delle famiglie nel contesto contemporaneo. Ecco il cardinale Tagle:
“I could give you some ideas…
Potrei darvi alcune idee, per esempio l’impatto della povertà sull’intero tessuto della famiglia, e collegato a questo, i conflitti, le guerre, le battaglie che hanno separato le famiglie; la situazione dei rifugiati. E potete sentire il pianto dei bambini che vogliono stare vicino ai loro genitori, ma che si trovano nei campi dei rifugiati. Questi non sono fatti esterni, sono interni alla famiglia. E come si può dare un aiuto pastorale ai bambini che sono rimasti traumatizzati da queste separazioni? Poi c’è l’immigrazione, specialmente il fenomeno della migrazione forzata. Le persone sono costrette a lasciare le loro famiglie, non a causa di un conflitto, di un conflitto interno, ma perché devono cercare un lavoro altrove, per provvedere ai loro cari. Qual è l’aiuto pastorale per quelle coppie che sono separate, lontane mille miglia l’uno dall’altra? Come possono restare fedeli ai loro coniugi e ai loro bambini? Ora, per esempio, in Asia ci sono matrimoni interreligiosi e la preoccupazione quotidiana è come crescere i bambini”.
Il servizio è di Giada Aquilino per la Radio Vaticana
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