Falsità: fanno passare gender come educazione a tolleranza
R. – E’ sotto gli occhi di tutti che c’è questa strumentalizzazione ideologica di temi che hanno la loro importanza, che hanno bisogno di essere attenzionati. Io mi riferisco ad alcuni diritti individuali – questo è vero – però da qui ad assistere, come stiamo assistendo, ad una sorta di aggressione ideologica, di condizionamento ideologico e quindi di voglia di far prevalere il pensiero unico su alcuni temi specifici, mi sembra che sia sotto gli occhi di tutti. Lei ha citato il tema del gender…La falsità è un’altra: si è cercato di far passare questo discorso del gender come fosse soltanto una educazione alla tolleranza, un’educazione alla convivenza pacifica e quindi l’impegno ad educare ad essere più accoglienti nei confronti di altre realtà. Di fatto è diventato soltanto un grimaldello per portare nella scuola un fatto culturale molto chiaro, che scardina l’antropologia, che scardina la concezione della persona. C’è un equivoco di fondo! Anzitutto io sarei il primo a dire: “Ok, voglio parlare, voglio discutere e voglio capire cosa c’è da fare per evitare l’intolleranza”… Ma quando poi tu vieni e mi presenti una polpetta avvelenata sul piano culturale, allora tu non sei onesto culturalmente!
Unioni civili: attenti a “bullismo costituzionale”
D. – C’è poi la questione delle unioni civili …
R. – Quella delle unioni civili si pone su un altro piano: lì, noi abbiamo la confusione tra diritti individuali, che sono diritti sacrosanti, e il voler far passare questi diritti individuali come la strada che porta poi alla realizzazione del bene comune. E qui non ci siamo! Non ci siamo per tanti motivi. Intanto perché stiamo parlando di una realtà, quella della famiglia – fondata sul matrimonio di padre e madre, e figli – che tanto per cominciare è garantita dalla Costituzione: e allora chiunque fa passi che vanno avanti o al lato di questa realtà, cercando di scardinare dall’interno, a mio parere realizza una sorta di “bullismo costituzionale”. Più grave è quando questo viene fatto da coloro i quali dovrebbero essere, all’interno della struttura pubblica, garanti della Costituzione.
Politici e lobby
D. – Mons. Galantino, perché il governo e il parlamento faticano un po’ sulle famiglie a fare provvedimenti che aiutano le famiglie…
R. – Sanno benissimo cosa stanno facendo e sanno benissimo che stanno soltanto rispondendo, in questo momento, almeno per quel che appare all’esterno, ad alcune lobby. Punto e basta!
Guardare ai veri problemi della gente
D. – Di fatto c’è una rottura tra popolo e politici…
R. – E’ questo che dovrebbe preoccupare un poco di più i nostri politici e cioè che stanno investendo energie – non so se in energie culturali, perché ne vedo molto poche in giro, devo dire la verità – stanno investendo tempo soprattutto per trattare argomenti che saranno – lo ripeto – importanti per alcune persone, probabilmente anche numericamente rilevanti, ma che non sono i problemi che in questo momento attanagliano veramente la gente.
Un presidente che sia portavoce di chi non ha voce
D. – L’elezione di un capo dello Stato autorevole e vicino alla gente può avvicinare, può far superare questo problema? Può far riavvicinare la gente alla politica?
R. – Secondo me, sì. Soprattutto se il futuro capo dello Stato sarà una persona che ha il coraggio di dire ai nostri amministratori pubblici, di farsi portavoce di chi voce non ne ha; se sarà capace di imporre, per quello che gli permette evidentemente la Costituzione, anche un’agenda politica che sia più realistica, più vicina alla vita delle persone.
Libertà di espressione non diventi insopportabile volgarità
D. – La minaccia possibile di un terrorismo islamico preoccupa, soprattutto nel fatto che possa mettere in discussione l’integrazione tra culture e popoli diverse anche in Italia?
R. – Questo problema lo porrei sul piano culturale. E’ successo che, di fronte ad un utilizzo – si dice – della libertà, c’è stato chi ha detto: “No! La tua libertà finisce dove comincia la mia sensibilità”. E’ stato detto in una maniera sbagliata, sbagliatissima, perché quello che è successo a Parigi è atroce: non si uccide assolutamente! E’ sacrosanta la posizione di Charlie Hebdo, quando chiede libertà di espressione. Però stiamo anche attenti, perché “Je ne suis pas Charlie” quando la libertà, la sacrosanta libertà viene confusa con l’auspicabile satira e con la insopportabile volgarità. Lì, questo è avvenuto.
La dittatura del pensiero unico
D. – Vuole aggiungere qualcos’altro su questo tema?
R. – Allora io aggiungerei una piccola cosa, che è un fatto di costume culturale, chi ha usato la libertà lì, è stato ucciso e tutti – grazie a Dio! – abbiamo detto: questo non bisogna farlo! Però vediamo cosa succede in Italia: se uno si permette di eccepire – come sto facendo io, qui, in questa sede – sulla correttezza di quello che sta avvenendo sul gender o se uno in pubblico si permette di eccepire su quello che il sindaco Marino ha fatto nell’Aula Giulio Cesare tre giorni fa, io vengo condannato all’emarginazione, io vengo ridicolizzato. Allora lì abbiamo detto che la libertà serve e va garantita; io la libertà di dire che a me il discorso del gender sembra veramente una forzatura, anzi una “dittatura del pensiero unico”, io questo non posso dire! Dire al sindaco Marino che negli stessi ambienti in cui lui ha aperto i registri per le unioni civili, prima si parlava di “panem et circenses”: ecco che la gente il pane lo va a trovare alle mense Caritas, lo va a trovare in altre realtà, anche non cattoliche, e il “circenses” lo trova lì dentro. Se io dicessi questo, finirei alla gogna… Dico: stiamo attenti, perché qui si usano due pesi, anzi tre pesi, quattro pesi, e tantissime altre misure a seconda della lobby che si vuole servire, a seconda delle logiche che si vogliono perseguire.
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