Mons. Miglio: ‘Giovanni Paolo II testimone della speranza’

Eccellenza, il 27 Aprile 2014, a Piazza San Pietro verrà canonizzato il Beato Giovanni Paolo II, insieme a Giovanni XXIII. Ricordiamo tutti il giorno delle esequie di Papa Woityla, quando alla fine della Celebrazione in Piazza San Pietro si sono levati verso l’alto tantissimi striscioni con la scritta “Santo subito!”. Il popolo di Dio riconosceva in quell’uomo “venuto da lontano”, un missionario ardente del Vangelo. Cosa è cambiato nella Chiesa da quel 16 Ottobre 1978? Il cambiamento è stato profondo e progressivo. Mi colpì subito l’energia del nuovo Papa, dopo gli anni di sofferenza vissuti da Paolo VI e dopo la morte improvvisa di papa Luciani. Grande novità fu pure la sua provenienza da oltre cortina di ferro, cosa che pareva impossibile fino a quel momento. Dopo meno di un anno dalla sua elezione andò in Polonia e fu un evento epocale non solo per quel Paese. Giovanni Paolo II ci aiutò inoltre a fare un profondo discernimento spirituale e culturale sulla nostra vita e sulla cultura secolarista occidentale di quegli anni, che poteva condizionare anche il cammino di attuazione del Concilio. Furono anni intensi: i viaggi, l’attentato in Piazza San Pietro, il suo amore per lo sport, la vicinanza ai giovani. Voglio ricordare in modo particolare la sua presenza alla Route nazionale Rover e Scolte dell’Agesci nel 1986 in Abruzzo, cui seguirono vari altri incontri del Papa con gli Scout, fino alla memorabile udienza in Piazza San Pietro nell’ottobre 2004, quando Giovanni Paolo II era già molto sofferente, ma volle ugualmente dedicare molto tempo a quell’udienza, con grande affetto.

Nel 1992, è stato nominato Vescovo di Iglesias da Giovanni Paolo II. Porta nel cuore qualche ricordo particolare, quando il Santo Padre lo ha chiamato ad essere successore degli Apostoli? Avevo avuto modo di incontrarlo personalmente più volte due anni prima, nella preparazione e nello svolgimento del suo viaggio pastorale nella diocesi di Ivrea, mia diocesi di origine. Fui profondamente colpito dalla sua attenzione verso tutti e in particolare dal suo dialogo attento e fraterno con il vescovo Mons. Bettazzi. Furono due giorni molto intensi, una vera full immersion del Papa nella realtà industriale del Canavese di quel tempo e nella realtà diocesana. Quando venni chiamato al ministero episcopale l’incontro con Giovanni Paolo II fu dunque un po’ come la ripresa di un dialogo già iniziato. La prima volta che lo incontrai da vescovo era con me anche mons. Bettazzi e vidi il Papa molto contento. Poi lo incontrai più volte sia con i diocesani di Iglesias sia con i Vescovi della Sardegna. Il Papa ricordava molto bene il viaggio che aveva compiuto qualche anno prima in Sardegna e i problemi di questa regione, che aveva visitato dedicandovi alcuni giorni.

Nel suo lungo ministero come assistente ecclesiastico generale dell’Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani, ha incontrato tanti giovani, definiti da Giovanni  Paolo II “le sentinelle del mattino”. L’attenzione verso di loro da parte di Papa Woityla, sicuramente ha prodotto numerosi frutti, a partire dall’istituzione delle Giornate mondiali della Gioventù, fino all’impegno che tanti di essi hanno assunto nella comunità ecclesiale. E’ un’eredità da curare e sostenere? La prima partecipazione con gli Scout alla GMG, dopo quella tenutasi a Roma, fu a Buenos Aires, nel 1987, con un gruppo limitato, dati i costi. Nell’89 a Santiago di Compostela eravamo un centinaio e nel ’91 a Czestochova un migliaio, e così via. Ho avuto la grazia di partecipare finora a tutte le GMG, prima con gli scout e poi con i giovani della diocesi, e ho potuto toccare con mano i frutti di queste giornate, scaturite da una vera e propria profezia di Giovanni Paolo II. Sono state e sono una grazia per tanti giovani, che spesso hanno trovato proprio lì la loro strada; per i sacerdoti che li accompagnano, che nel ministero della Confessione e nell’ascolto vengono a contatto con l’azione della Grazia di Dio nel cuore di tanti giovani; per le diocesi e per le associazioni e per tutto il cammino della pastorale giovanile.

L’attenzione di Giovanni Paolo II non si è fermata solo ai giovani. Nel corso del Pontificato ha curato con molta attenzione le famiglie istituendo per esse gli incontri mondiali, nei vari continenti. Il Magistero del futuro Santo, può essere considerato una “bussola”, da seguire contro gli attacchi a cui oggi, è sottoposta dalla cultura odierna? Anche in questo campo Giovanni Paolo II ha saputo vedere lontano e offrirci un magistero illuminato, positivo e propositivo, portandoci a monte delle indicazioni etiche della morale cristiana, portandoci alla sorgente, al Vangelo della Famiglia, per aiutarci a cogliere le motivazioni profonde che stanno alla base dell’etica matrimoniale cristiana. Il Vangelo della Famiglia è la vera bussola che indica la direzione dell’Amore che è Dio stesso, Amore che si comunica a noi e ci rende partecipi della sua fedeltà e bellezza. Abbiamo bisogno di guardare continuamente all’amore bello e fecondo che il Signore dona alla famiglia consacrata nel matrimonio, chiamata a percorre certo una via impegnativa e ardua ma sempre cammino che conduce a conoscere la vera sorgente dell’amore e a smascherare le contraffazioni dell’amore che illudono e poi deludono troppi giovani.

Papa Giovanni Paolo II, è stato il primo Pontefice a portare in prima persona, l’annuncio del Vangelo in tutti gli angoli del mondo. Nei suoi viaggi, ha dedicato particolare attenzione alla Sardegna. Quale è stata l’eredità lasciata dal Papa al popolo sardo? Il popolo sardo ha visto in Giovanni Paolo II un pastore che prima di parlare delle difficoltà dei lavoratori aveva sperimentato sulla sua pelle le medesime difficoltà e fatiche. Così si è stabilito un forte legame tra il mondo del lavoro sardo e il Papa, rapporto che è continuato con i suoi successori e dura tuttora. Il gesto di Giovanni Paolo II di scendere nella miniera è stato profondamente simbolico, ha reso visibile in modo plastico lo stile pastorale del Papa, che come Gesù è venuto a offrire la Parola della salvezza condividendo la nostra condizione di sofferenza. Un’altra eredità importante è stata la “celebrazione del perdono”, cioè l’importanza che il Papa ha voluto dare alle parole e ai gesti di perdono da parte delle famiglie colpite dalla violenza. Fu un momento fortissimo, che lasciò anche nel cuore del Papa un segno profondo, che Giovanni Paolo II ricordava a distanza di anni. A questo proposito non dimentichiamo la parte importante avuta dall’allora arcivescovo di Cracovia nel promuovere un grande gesto di riconciliazione tra il popolo polacco e quello tedesco attraverso l’incontro dei due episcopati: fu un grande momento di speranza per tutta l’Europa, ancora ferita dalla guerra.

“Aprite le porte a Cristo”. Sono le parole pronunciate da Papa Woityla il giorno dell’inizio del ministero come Sommo Pontefice. E’ un invito ancora attuale? Ho ancora negli occhi e nel cuore il ricordo di quel 22 ottobre 1978, giorno del solenne inizio del ministero papale di Giovanni Paolo II. Il Papa quasi gridò quelle parole, rivolto in modo speciale ad un’Europa divisa: quella dei regimi comunisti, convinti di avere in Cristo un nemico da combattere e quella dell’occidente consumista convinto di poter fare a meno di Cristo, ritenuto ormai superato e superfluo. Guardando al tempo trascorso, è per noi oggi più facile comprendere la grande fede che guidava Giovanni Paolo II, la fede di un vero santo, ed è anche più facile oggi vedere il vuoto che si crea quando Cristo viene tenuto fuori dalle porte della nostra vita e della società. L’elenco delle povertà che l’esclusione di Cristo ha provocato è sotto i nostri occhi.

Nei suoi personali incontri con Giovanni Paolo II, cosa lo ha colpito maggiormente? Mi colpivano sempre i suoi occhi e lo sguardo profondo verso ciascuno che partiva da quegli occhi. Negli incontri di lavoro, per preparare una sua visita o nelle visite ad limina il Papa aveva una sfilza di domande sempre pronte, che toccavano tutti gli aspetti della vita di una diocesi e denotavano una gran voglia di conoscere e di condividere. Negli incontri personali prevaleva la dimensione dell’ascolto, espresso anche dall’intensità del suo sguardo. Un giorno durante una udienza, attendendo il mio turno per salutarlo personalmente, lo stavo fissando colpito da come era attento con gli interlocutori; ad un certo momento cominciò a guardare verso il prossimo interlocutore, che ero io: i nostri occhi si incontrarono e ricordo da parte sua un sorriso bellissimo e quasi divertito.

Per concludere, come Pastore della Chiesa, vuole lanciare a tutti i fedeli un messaggio di speranza? Il mio pensiero va ai Papi che il Signore ci ha donato negli ultimi decenni: maestri coraggiosi, capaci di andare controcorrente, ma soprattutto una vera e propria “galleria” di profeti del nostro tempo, capaci di precedere il cammino del popolo cristiano e dell’umanità intera: profeti della pace, spesso solitari; voce profetica per i giovani, per la famiglia, per il primato della persona sempre, in ambito economico, scientifico, sociale. Il Signore ha voluto dirci, e oggi più che mai ce lo ripete, che Lui è il vero pastore della Chiesa, ci guida, ci parla attraverso il suo vicario e attraverso i pastori che lo seguono. E’ la speranza che nasce dalla presenza del Risorto. a cura di Don Salvatore Lazzara*

S.E. Mons. Arrigo Miglio, Arcivescovo di Cagliari.

* S.E. Mons. Arrigo Miglio, è nato a San Giorgio Canavese, diocesi di Ivrea, il 18 luglio 1942; Ordinato presbitero il 23 settembre 1967; eletto alla sede vescovile di Iglesias il 25 marzo 1992; Ordinato vescovo il 25 aprile 1992; trasferito a Ivrea il 20 febbraio 1999; promosso alla sede arcivescovile di Cagliari il 25 febbraio 2012. Ha preso possesso dell’Arcidiocesi di Cagliari il 18 aprile 2012. Ha inaugurato il suo ministero a Cagliari il 24 aprile 2012.

 

 

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