R. – L’iscrizione del Santo Padre, col tablet, all’Angelus, penso che sia stato un momento molto, molto bello per tutti e penso che il valore – in un primo pensiero – sia doppio. Il primo è questo messaggio del Santo Padre di dire ai giovani del mondo: “Ragazzi, il cammino della Gmg è iniziato, quindi preparatevi e cominciamo a camminare assieme verso la Gmg”. Quindi la Gmg non è un qualcosa che sarà l’anno prossimo o che si terrà in un qualche momento del futuro: è un processo che ha bisogno di una preparazione non solo organizzativa, ma pure del cuore. Quindi avviamoci verso Cracovia in maniera che non soltanto l’organizzazione sia pronta, ma che il cuore sia pronto a vivere un momento così importante. Questa è la prima valenza di un messaggio così forte, in cui il Papa si presenta e si iscrive per primo: invitare tutti i giovani ad iscriversi, ma ad iscriversi piuttosto con il cuore. L’altro è che ha parlato a loro nel loro linguaggio. Non lo ha detto soltanto a parole, ma ha fatto questa iscrizione col tablet, toccando il tablet e lanciando la procedura di iscrizione. Lui stesso ha concluso dicendo: “Ecco, mi sono iscritto!”. Ha parlato loro nel loro linguaggio e questo loro lo hanno capito e infatti le iscrizioni sono cominciate ad arrivare da subito: pochi minuti dopo l’iscrizione del Santo Padre ci sono state migliaia di iscrizioni da parte dei giovani. Quindi lui ha parlato nel loro linguaggio e loro lo hanno capito e hanno sentito questo invito del Santo Padre. E’ stato un dialogo tra il Santo Padre e i giovani del mondo: un dialogo fatto da un piccolo gesto, ma un dialogo che si è stabilito e che ha prodotto i frutti.
D. – Papa Francesco si è definito un “bisnonno” rispetto alla cultura digitale, eppure i suoi gesti e le sue parole hanno un grande seguito sui social network. Come spiega questo successo?
R. – Lui dice sempre che non sa usare la tecnologia e, infatti, lui non usa la tecnologia. In un certo modo, però, neanche i giovani supertecnologici “usano” la tecnologia. Perché? Perché la tecnologia serve loro per “comunicarsi”: se uno li guarda, li osserva nell’utilizzo dei dispositivi, i giovani non sono attaccati ad un pezzo di elettronica, quello che stanno cercando è una comunicazione, è condividere una foto, condividere un momento, raccontare di eventi e di momenti vissuti. Sono quindi in una dinamica di comunicazione che oltrepassa fortemente il dispositivo in se stesso. In qualche maniera neanche loro usano la tecnologia: usano uno strumento per comunicare. Per questo si realizzata questo dialogo, perché, in un modo o nell’altro, vanno oltre la tecnologia ed entrano in dialogo. Questo è il punto importante e fondamentale: c’è un dialogo fra persone, che si vogliono parlare e che si vogliono ascoltare. Quindi il dialogo si stabilisce. Il Papa parla ad un uomo che conosce, ad un uomo contemporaneo; un uomo che è tecnologico, perché nella nostra vita di tutti i giorni – il telefono, il computer… – e nella nostra cultura c’è la digitalità e la tecnologia normalmente. E lui conosce questo uomo: non conosce la tecnologia, però conosce l’uomo e quindi amando e conoscendo questo uomo, gli parla e questo uomo recepisce il messaggio.
D. – L’account twitter del Papa @Pontifex oggi ha oltre 22 milioni di follower. Si vede come la scelta di Papa Benedetto sia stata lungimirante, anche se all’inizio non da tutti apprezzata. Secondo lei, c’è anche un invito ai fedeli, in queste scelte innovative, a volte anche controcorrente da parte dei Papi, a non avere paura delle nuove tecnologie e soprattutto delle tecnologie di comunicazione?
R. – Io penso che la questione sia un po’ più profonda, nel senso che il messaggio dell’Incarnazione – Cristo che si fa uomo e quindi Cristo che entra nella cultura dell’uomo – è stata la sfida per tutti i cristiani di tutte le epoche. Vivere la fede nella cultura di ognuno, in qualsiasi epoca e in qualsiasi luogo, è una sfida per tutti. Quindi l’invito a vivere veramente l’umanità, a vivere quindi una cultura come cristiani è qualcosa che sfida tutti noi, è qualcosa cui siamo stati invitati da tutti i Papi in tutta la storia: scappare dalla cultura e non vivere l’Incarnazione fino in fondo è una tentazione, è una realtà che ci tocca tutti quanti. Questo, che è valido per tutta la cultura, per tutta la storia della Chiesa, si fa oggi nella cultura digitale. Quindi il non aver paura delle nuove tecnologie e il modo di dire lo stesso che si è detto nella storia lo viviamo nella nostra cultura e questa cultura è fortemente marcata, l’impronta di questa cultura è la digitalità, è la tecnologia. Da parte nostra, quindi, la sfida di poter cogliere questa realtà in maniera che non ci sia il digital divide, una divisione cioè fra coloro che usano la tecnologia – quindi vivono la propria cultura – e coloro che non vogliono saperne assolutamente niente: sono due culture parallele che non si parlano. Questo è l’invito: poter cogliere la sfida culturale e viverla.
D. – Spesso si sente dire che Internet ha bisogno di un’anima, che non è solo una rete di fili elettronici. Qual è il contributo che, secondo lei, Papa Francesco sta dando in questa direzione agli abitanti del cosiddetto “continente digitale”?
R. – Fondamentalmente il Papa ha riempito il network con la sua tenerezza, con la sua parola di misericordia, di amore, di incontro con un Gesù-Misericordia e che lui manifesta in tante realtà che la digitalità può trasportare immediatamente, come le sue carezze, il suo abbraccio, il suo sguardo, colti – per esempio – dalle foto. Le cose che si trasmettono digitalmente riescono a far arrivare questa tenerezza fino agli estremi confini del mondo. Possiamo vedere come la gente che può vedere solo a distanza – perché sono malati, perché sono poveri, perché non possono muoversi ed arrivare fino a Piazza San Pietro per conoscere Papa Francesco – dal proprio letto, dalla propria sedia a rotelle, dalla propria realtà lontana, dalla propria limitazione possono vivere e godere di una tenerezza, di una misericordia, di un messaggio così profondo come quello che trasmette Papa Francesco. E’ un utilizzo tecnologico la digitalità, però quello che sta generando in realtà è un incontro personale e profondissimo. Ricordo nel mio ultimo viaggio in Argentina, quando sono andato a visitare gli ammalati negli ospedali, portavo foto di Papa Francesco, che benediceva gli ammalati, li abbracciava. Mi colpiva fortemente il fatto che i malati prendessero queste foto e le portassero subito al cuore; tanti piangevano perché sentivano probabilmente questa tenerezza che li abbracciava: il Papa abbraccia un malato in Piazza San Pietro, ma la foto era così coinvolgente, era un messaggio così forte che – senza dire niente – sentivano pure loro questo abbraccio, questa benedizione, questa tenerezza, questa misericordia… Qual è il contributo di Papa Francesco? La tenerezza e la misericordia, che nelle piccole frasi del tweet, del messaggio, del videomessaggio, della foto o di qualunque cosa sia riesce veramente a trasmettere in un mondo così solo, così sofferente il messaggio di amore di Gesù in gesti semplicissimi, che i mezzi digitali riescono a cogliere, riescono a trasmettere e dall’altra parte dell’universo la gente riesce a cogliere.
D. – Giusto 20 anni fa, nel 1995, Giovanni Paolo II faceva aprire il sito web del Vaticano: una scelta pioneristica all’epoca. Per esempio la Camera dei Deputati, in Italia, farà questa scelta solo alla fine degli anni Novanta. Qual è oggi, secondo lei, l’eredità che raccogliamo di quella scelta di Papa Wojtyla?
R. – Credo che questa scelta si inscriva in un contesto molto più grande, che è il contesto della Chiesa lungo tutti i secoli. La Chiesa ha sempre accompagnato la cultura e ha utilizzato i grandi fenomeni culturali per trasmettere il Vangelo, per trasmettere la persona di Gesù, per generare un incontro della persona con il Signore. Questo lo vediamo nella scrittura, nella pittura; lo vediamo nella musica, lo vediamo nella stampa, nella radio: la Chiesa ha sempre preso questi movimenti culturali profondi e li ha utilizzati sin da subito. Non è quindi un fenomeno estraneo alla vita della Chiesa. Nel ’95, l’anno più o meno della nascita del World Wide Web, stava nascendo un fenomeno culturale così importante di diffusione della realtà, di collegamento del mondo e del movimento culturale internazionale, se lì c’era l’uomo non poteva certo mancare la Chiesa. Quindi anche se con una pagina semplice – come nacque appunto nel 1995, il 25 dicembre – lì la Chiesa era presente! E’ stata una scelta che si inscrive nelle grandi scelte culturali della Chiesa lungo i secoli. Lì si fa presente nuovamente, in questo passo culturale del mondo, la Chiesa proprio aprendo questo sito, che oggi – celebreremo il prossimo dicembre 20 anni di vita – presenta una ricchezza per la Chiesa universale per tutto il Magistero sia del Papa attuale che, pian piano, cercando di collocarci dentro il Magistero di tutti i Papi, da Pietro fino ad oggi. Certo, sarà un lavoro di tutta una vita, ma pian pianino stiamo cercando di mettere un grande punto che offre a tutta la Chiesa universale il Magistero della Chiesa, in maniera che tutti possano conoscere che qui la Sede Apostolica offre alla Chiesa un punto dove vedere i diversi Papi, il Magistero; come si evolve, come cresce e come insegna la Chiesa lungo il passare dei secoli.
Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va)
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