Non c’è tregua per i cristiani in Iraq. La furia jihadista continua a travolgere chiese e simboli religiosi. Fox News mostra le immagini diffuse su twitter dal sedicente Stato islamico: statue e icone distrutte, tombe violate, croci rimosse e sostituite dalla bandiera nera del Califfato. Il Patriarcato di Babilonia invoca una legge che punisca chi istiga alla violenza interreligiosa. Solo domenica scorsa un altro episodio di odio anticristiano questa volta dal Pakistan con l’attentato a Lahore contro due chiese da parte dei talebani
. Per i 15 morti ieri lutto e preghiera nel paese: dal presidente dei vescovi mons. Coutts è partito il duplice appello: alle autorità affinchè proteggano le minoranze religiose e ai fedeli perché non reagiscano alle violenze. Raccomandazione in parte disattesa viste le proteste dei cristiani ieri a Lahore, Faisalabad e Gujranwala. La cristianofobia dunque non conosce frontiere tanto che l’osservatore pemamente della Santa Sede presso l’Onu di Ginevra mons. Silvano Maria Tomasi parla di genocidio in corso in tanti territori del Medio Oriente e fa appello alle Nazioni Unite: l’uso della forza è l’extrema ratio, l’ideale è la soluzione politica, senza dialogo non c’è pace – spiega all’AdnKronos – ma se questo non si rivela possibile scatta la responsabilità della comunità internazionale di come proteggere la vita e i diritti fondamentali di queste persone, l’obbligo di un intrevento protettivo nei loro confronti. Non tocca alla Chiesa cattolica dire cosa fare – aggiunge mons. Tomasi – è l’Onu che deve decidere.
Secondo l’Associazione internazionale Porte Aperte sono circa 100milioni i cristiani perseguitati o discriminati per la loro fede nel mondo. Solo nel 2014 sono state 4344 i morti e 1062 le chiese attaccate. Un fenomeno in crescita, denuncia l’ong come spiega al microfono di Roberta Gisotti la segretaria nazionale Cristina Merola:
R. – Le nostre stime sono attorno ai 100 milioni di cristiani perseguitati o discriminati per la loro fede.
D. – Ogni anno “Porte Aperte” stila una “lista nera” dei Paesi più a rischio per i cristiani, un fenomeno in crescita se nel 2014 si stimano 4.344 vittime e 1.062 chiese attaccate…
R. – Sì, la persecuzione è in crescita in diversi Paesi. Questa lista viene redatta tenendo conto di cinque aree della vita quotidiana nelle quali i cristiani possono o non possono vivere liberamente la loro fede: nel privato, nella famiglia, nella comunità in cui risiedono, nella congregazione che frequentano e nella vita pubblica della nazione in cui vivono. A questa si aggiunge una sesta area, che serve a misurare il grado di violenze che subiscono. I primi dieci Paesi di questa lista sono la Corea del Nord, la Somalia, l’Iraq, la Siria, l’Afghanistan, il Sudan, l’Iran, il Pakistan, l’Eritrea e la Nigeria.
D. – Papa Francesco ha denunciato una persecuzione “che il mondo cerca di nascondere”. Perché?
R. – I cristiani che incominciano a essere noti a tutti come la minoranza o la religione comunque più perseguitata lì dove sono, probabilmente non fanno gli interessi forse delle persone al potere o degli Stati. Non sono al centro dell’attenzione, perché per esempio in Pakistan sono una minoranza, seppur consistente, che spesso è tenuta poco più che analfabeta. Sarebbe invece di grande interesse, anche per i nostri governi, cercare di aiutare queste minoranze cristiane, alla luce anche dei flussi migratori che ci sono.
D. – L’Africa in particolare sta diventando un continente insicuro in molti Paesi…
R. – La situazione infatti è peggiorata in 33 delle 50 nazioni che noi elenchiamo e l’Africa è entrata con diversi Paesi. Ci sono Stati che si sono fortemente destabilizzati, soprattutto nella cintura del Sahel che comprende la Nigeria, il Niger, il Ciad fino al Sudan, e queste nazioni hanno fortemente risentito della caduta dei governi nella parte più a nord, come la Libia. Paesi che hanno infatti messo in giro tantissime armi e hanno armato appunto tutti questi gruppi di integralisti islamici, che ora si stanno muovendo per ottenere degli Stati basati sulla legge islamica.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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