R. – Mediante le moderne forme di schiavitù l’essere umano è schiacciato, non gli è riconosciuta la dignità trascendente e gli è tolta la libertà. Con ciò stesso è mantenuto vivo un virus che, oltre a distruggere il singolo, intacca mortalmente la vita della società, che si regge sull’uguaglianza, sul riconoscimento reciproco, sulla comunione e sull’unione morale tra persone. Si favorisce una società ove c’è chi fa da padrone e chi è ridotto a cosa, merce, mezzo. Un’assurdità dal punto di vista civile e morale. Occorre reagire prontamente, afferma il Papa, innanzitutto tramite il superamento di un’indifferenza generalizzata e una mobilitazione corale per battere una delle piaghe che umiliano le persone, specie i più deboli e indifesi. A cominciare dai singoli, dalla società civile e dagli Stati, sul piano nazionale ed internazionale. Accanto ad un urgente e convergente lavoro istituzionale di prevenzione, di protezione delle vittime e di azione giudiziaria nei confronti dei responsabili, occorre un vasto impegno articolato secondo tre linee fondamentali: il soccorso alle vittime; la riabilitazione sotto il profilo psicologico e formativo; la reintegrazione nella società di destinazione o di origine. Uno snodo decisivo per l’azione di contrasto, secondo Papa Francesco, è dato dalle legislazioni nazionali riguardanti le migrazioni, il lavoro, le adozioni, la delocalizzazione delle imprese e la commercializzazione di prodotti realizzati mediante lo sfruttamento, che devono realmente, e non solo formalmente, rispettare la dignità delle persone. Detto altrimenti, si può dire che la piaga della schiavitù moderna può essere guarita mediante quello Stato sociale, che oggi viene progressivamente smantellato sotto i colpi di un neoindividualismo utilitarista che non riconosce la relazionalità e la solidarietà. Può essere prevenuta mediante l’universalizzazione di una democrazia ad alta intensità, ove è reso possibile a tutti l’accesso all’educazione, al lavoro, alla sicurezza sanitaria, alla casa, al cibo, alla terra. Così, può essere vinta mediante l’affermazione di uno Stato di diritto che, come ha asserito papa Francesco davanti al Parlamento europeo (25 novembre 2014), poggia sulla dignità trascendente dell’uomo e va preservato da quel neoindividualismo libertario e da quel neoutilitarismo che oggi sembrano sgretolarlo, ponendo in gioco gli stessi diritti, la sicurezza delle norme e la certezza delle pene.
D. – “La pace è sempre possibile”, ha detto Papa Francesco all’Angelus del primo gennaio. Proprio alla fine del 2014 abbiamo visto la storica svolta tra Usa e Cuba, favorita dal ruolo del Papa. E’ possibile che anche altri leader politici possano avvalersi di quello che viene chiamato “effetto Francesco”?
R. – Sicuramente. Peraltro, purtroppo, anche la guerra è sempre possibile. Lo stesso Papa Francesco ha parlato dell’esistenza di una “Terza Guerra Mondiale a pezzetti”. Gli equilibri tra Stati e superpotenze, raggiunti con grandi sforzi e anni di lavoro, se non sono adeguatamente sostenuti e rafforzati, possono rompersi. Basti anche solo pensare, senza andare troppo lontano, ai rapporti tra comunità europea e la Russia di Putin, al loro raffreddamento e al loro incrinarsi con riferimento alla questione della Crimea e dell’Ucraina, alle conseguenze economiche e politiche. Non si debbono poi dimenticare gli arsenali di armi micidiali che continuano ad esistere e che vengono aggiornati con terribili strumenti di morte di nuova generazione. In definitiva, non ci si può fermare sulla strada della costruzione della pace, sulla rimozione delle possibili cause della guerra. La via migliore per prevenirla è sempre quella dell’educazione, della buona politica, dell’efficace contrasto nei confronti del deterioramento dello Stato di diritto e della democrazia, oggi inclinata verso forme populiste, oligarchiche, assistenzialistiche. Non si possono accettare forme democratiche che in definitiva coinvolgono ed avvantaggiano solo un terzo della popolazione, indebolendo le classi medie ed emarginando i più deboli, fomentando così conflitti sociali.
D. – Il 2014 è stato un anno purtroppo contrassegnato da nuove guerre, violenze e da persecuzioni contro i cristiani e altre minoranze, basti pensare all’Iraq. Quale contributo potrà dare secondo lei il Papa e la Chiesa in un mondo così frammentato?
R. – Il contributo può e dev’essere diversificato. Vi sono senz’altro le parole, i gesti del Pontefice. Di particolare rilevanza il suo impegno nell’incontrare e parlare con i diversi capi religiosi per stabilire un’alleanza contro tutte le forme di fanatismo, fondamentalismo e di laicismo aggressivi ed escludenti, a difesa del diritto alla libertà religiosa per tutti. C’è, poi, l’azione dei vari dicasteri della Curia Romana che sono chiamati ad aiutare il pontefice e la chiesa in tal senso. Ma vi è pure un fronte proprio dei Christifideles laici che con le loro associazioni e i loro movimenti debbono battersi con più coraggio per i diritti delle minoranze, ma in genere per i diritti di tutti. Anche in questo campo si deve lavorare sul piano della prevenzione, della difesa e promozione di uno Stato di diritto non solo fondato sul consenso sociale ma anche e primariamente sulla legge morale naturale, sulla comune ricerca del vero, del bene e di Dio. Quando sono misconosciute queste premesse della libertà religiosa è molto arduo poter sconfiggere quello spirito settario ed escludente che è all’origine delle persecuzioni e purtroppo è anche rafforzato dall’individualismo libertario, sempre più pervasivo e corrosivo.
D. – Il Papa ha annunciato che è prossima la pubblicazione della sua Enciclica dedicata all’ambiente e allo sviluppo. Cosa possiamo attenderci da questo documento, pensando ai tanti pronunciamenti di Francesco su questo tema anche recentemente?
R. – Credo che uno dei punti principali sarà rappresentato dalla presentazione dell’attuale questione ambientale come questione prettamente antropologica ed etica. Nella soluzione di una tale grande questione, inevitabilmente intrecciata con molteplici altri problemi culturali e sociali, sarà decisivo un umanesimo trascendente e relazionale che solo una cultura aperta a Dio può mettere in campo. Un secondo aspetto che non sarà dimenticato sarà senz’altro quello dell’intrinseca connessione tra questione della vita umana e questione dell’ambiente, aspetto peraltro già ben evidenziato da papa Benedetto XVI nella Caritas in veritate. Non si può pensare di risolvere la questione ambientale senza un’ecologia umana. Non si può sperare in una soluzione che salvi il pianeta dal suo inesorabile declino quando si prende d’assalto lo Stato di diritto e si procede a smantellarlo a cominciare dal riconoscimento di un fantomatico diritto all’aborto, come è recentemente avvenuto in Francia.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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