R. – E’ stata una cosa bellissima perché all’inizio c’è stato il nostro saluto, fatto dal cardinale Francis Xavier Kriengsak Kovithavanij, arcivescovo di Bangkok, che ha presentato al Papa i vescovi amici del Movimento dei Focolari, mettendo in risalto l’unità che noi vogliamo fare insieme con il Papa, soprattutto i vescovi che vengono dai punti veramente difficili. E abbiamo detto che siamo pronti a vivere insieme con il Papa una collegialità effettiva ed affettiva. E il Papa ha capito subito questo nostro desiderio e questa nostra prontezza ed era tanto, tanto contento.
D. – Il Papa vi ha poi parlato dell’Eucaristia e del vescovo come “pane spezzato per la vita di molti”…
R. – Eucaristia e unità hanno un legame inscindibile anzi, ci diceva il Papa, senza l’Eucaristia l’unità resterebbe un sentimento umano da realizzare solo con le nostre forze e quindi non riusciremmo, mentre con l’Eucaristia c’è la garanzia che questa unità verrà realizzata. E ci ha incoraggiato a vivere nelle situazioni più difficili come quelle di guerra, sia l’Ucraina, sia la Siria, l’Iraq, la Libia, ma incitava un po’ tutti noi a essere pronti a dare la vita. Credo che ognuno di noi abbia fatto proprio questo passo.
D. – L’Eucaristia è anche il tema dell’incontro che state vivendo in questi giorni: qual è l’obiettivo di questo vostro incontrarvi?
R. – Noi come vescovi e come sacerdoti celebriamo giornalmente l’Eucaristia, ma noi vorremmo rivivere l’Eucaristia non solo sull’altare ma giornalmente, insieme con tutti i nostri fratelli e le nostre sorelle che vivono la stessa fede, che è proprio un ringraziamento, è una lode al Signore che viene da tutte le parti della terra.
D. – La sua diocesi si trova nel nord del Madagascar: qual è la realtà della sua gente?
R. – Noi, grazie a Dio non abbiamo la guerra, quindi è un grande dono di cui sempre ringraziamo il Signore, però la nostra gente soffre tanto per la povertà. Ad esempio, noi abbiamo avuto già diversi cicloni e poi una pioggia molto, molto intensa che ha procurato in tante parti inondazioni. Allora, che cosa vuol dire l’inondazione per questa gente che non ha niente? Vuol dire che i raccolti e le coltivazioni sono compromesse. Infatti, proprio prima di partire, insieme con la gente, ci siamo radunati per decidere cosa fare e ci hanno chiesto: “Padre, dateci sementi perché noi dobbiamo ripiantare di nuovo”. Quindi, è veramente un ricominciare, ricominciare da capo.
D. – Insomma, una vita di condivisione, la sua, con tutte queste necessità?
R. – Sempre noi vogliamo condividere la vita della gente, perché la gente per noi è la nostra famiglia: famiglia che ha legami, tante volte, molto più forti dei legami di sangue. Quindi, noi siamo immersi giornalmente nella vita di tutti.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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