Mons. Vitillo: contro Ebola servono aiuti di lungo periodo

Dobbiamo aiutare le economie devastate da Ebola a recuperare” ed anche a “imparare da questa epidemia per prepararsi alla prossima”: queste le parole del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, di ritorno da un viaggio in Africa Occidentale. A oggi, sono 7.518 i morti causati dal virus mortale, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Un dramma che va ben oltre il settore sanitario, ha sottolineato il cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, in questi giorni in visita in Sierra Leone e Liberia. Insieme con lui mons. Robert Vitillo, delegato della Caritas Internazionalis presso l’Onu a Ginevra, appena rientrato in Italia. Roberta Gisotti lo ha intervistato per la Radio Vaticana:

R. – La situazione in Sierra Leone è molto grave. C’è molta paura, panico fra la popolazione. Le scuole sono chiuse sia in Sierra Leone che in Liberia. Molto spesso, quando i genitori devono lavorare, i bambini, i ragazzi rimangono soli e questo è un altro problema. Infatti ,in Sierra Leone si stima che il numero delle adolescenti incinte stia crescendo, quindi è molto importante proteggere questi bambini e ragazzi. Speriamo che le scuole possano riaprire.

D. – Sappiamo che c’è anche un’emergenza per gli orfani…
R. – Si, in Sierra Leone ci sono tra i 2.500 e 5.000 orfani. In molti casi, le famiglie non vogliono prendere questi orfani perché hanno paura che possano trasmettere infezioni anche, se non hanno o sono guariti dal virus. Quindi, molti bambini si trovano per strada: in questo momento, ci sono programmi da parte della Chiesa per accoglierli e incoraggiare le famiglie a prenderli con loro.

D. – La situazione è tale che bisognerà pensare a programmi di aiuto anche nel lungo periodo?
R. – Sì, le conseguenze del virus vanno al di là dei problemi medici. Prima di tutto, molta gente non lavora perché i negozi, le scuole, molti uffici del governo sono chiusi. La gente non prende uno stipendio, è un problema anche dare da mangiare alla famiglia e ai propri figli. Questo durerà anche dopo l’Ebola, perché l’impatto sulla situazione economica in questi Paesi, già deboli, è molto forte. Poi, ci sono anche i risvolti sociali: la gente si sente frustata, c’è un incremento di violenza anche nelle comunità… Poi, c’è la questione delle prospettive del futuro, e la paura che questa epidemia possa ripresentarsi in futuro.

D. – È importante, mons. Vitillo, che la comunità internazionale non spenga dunque i riflettori sulla situazione?
R. – Sì, è molto importante che continui a incrementare le risposte, non solo attraverso l’invio di infermieri e medici, ma anche di denaro per stabilizzare la situazione economica e rinforzare le infrastrutture sanitarie e socio politiche.

D. – La Chiesa sta facendo tutto quello che può per aiutare…
R. – La Chiesa sta facendo moltissimo e infatti in qualche regione di questi Paesi sono le uniche strutture sanitare che funzionano. Però, anche in questo senso, c’è bisogno di solidarietà di tutta la Chiesa universale. La Caritas sta facendo molto, così come le Congregazioni religiose, ma c’è bisogno di altro aiuto.

D. – Sicuramente, il tempo di Natale è il momento giusto per solidarizzare con tante persone che sono nella sofferenza e nel bisogno…
R. – Sì, naturalmente in questo Natale c’è molto lutto tra le famiglie. In Sierra Leone, lavorando per Caritas ho incontrato una persona che ha perso 13 membri della propria famiglia… Dunque, c’è tristezza e in alcuni casi disperazione. Ma le chiese sono piene perché è una popolazione che ha fede!

A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana

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