R. – Padre Frans, che aveva scelto di rimanere con la popolazione che è stata sotto assedio per due anni, è stato assassinato un mese prima che la città di Homs venisse liberata. Questo esempio è davvero emblematico. Questa mattina, qui, prima di celebrare la Santa Messa, ho visto molta gente e – cosa che mi impressiona – moltissimi giovani e famiglie venute da diverse parti della Siria, non solo cristiani ma anche musulmani, che hanno stimato e amato padre Frans. Venendo da Damasco – sono due ore di strada – si passa attraverso una zona desertica che proprio nei mesi di marzo ed aprile è coperta da una leggera coltre di verde. E io facevo questo pensiero: questi cristiani, questa gente che soffre, che dà la vita perché ama i propri fedeli, ama il proprio popolo, è come questi semi che anche se sono calpestati prima o poi germogliano. Questa, direi, è anche un po’ la speranza della Siria che sta vivendo un dramma tutto particolare: tanta gente e tanti innocenti che soffrono, vite spezzate come quella di padre Frans van der Lugt. L’importante è seminare semi di bontà, semi di non violenza, di rispetto della dignità umana e prima o poi questi germoglieranno e sarà veramente primavera, sarà anche la primavera araba.
D. – La morte di padre Frans è emblematica delle aggressioni che subiscono tanti cristiani in Siria e anche altrove e il Papa in questi giorni di festa di Pasqua li ha ricordati. Che impressione le hanno fatto le sue parole rivolte al mondo a non avere un “silenzio complice”, a fare di più, a non voltarsi dall’altra parte…
R. – Questo messaggio del Papa, questo richiamo è molto apprezzato dai cristiani di qui e non solo dai cristiani. Credo sia un dovere di tutta la comunità internazionale di proteggere questi gruppi minoritari, che alle volte sono aggrediti con atrocità. Qui c’è un dovere – e il Papa fa bene a richiamarlo – un dovere di tutta la comunità internazionale. E direi che questo ha incoraggiato, ha dato forza anche ai cristiani della Siria. Questi appelli poi hanno un tocco particolare: il giorno di Natale aveva menzionato per prima “l’amata Siria” e questo aggettivo fa molta presa sui cristiani di qui e, ripeto, non solo sui cristiani ma su tutti i siriani, che hanno una grande stima del Santo Padre.
D. – Come ha vissuto le feste di Pasqua la comunità cristiana di Damasco e quali notizie le sono giunte da altre zone?
R. – Ho celebrato il Venerdì Santo a Damasco presso la cattedrale greco-cattolico-melkita. Era strapiena di gente, di cristiani. E da tutte le parti della Siria, anche qui a Homs, ho sentito dire che mai come ora i cristiani riempiono le chiese. Direi che la fede e la preghiera sono una grande forza contro il timore, contro l’ansia per il futuro, soprattutto dei cristiani. E’ stata una Pasqua molto, molto sentita. Credo, infatti, che i nostri cristiani abbiano sentito molto la Passione del Signore Venerdì Santo. Tutti i siriani – cristiani, musulmani e di altre fedi – hanno dovuto cominciare un cammino di Via Crucis. Quante sofferenze, quante morti… Ora, ci si chiede a quale “stazione” della Via Crucis siamo arrivati. Siamo arrivati alla 14.ma, quella che precede la Risurrezione? Oppure, siamo ancora purtroppo a metà del cammino della Via Crucis? Questo è quello che pesa un po’ sull’animo dei cristiani e direi di tutti i siriani.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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