Al Meeting di Rimini il segretario della Cei invita a vivere il limite come condizione di libertà e apertura. Un messaggio a Chiesa e politica: è tempo di cambiare.
Rimini – Com’era inevitabile, monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, è arrivato al Meeting di di Rimini accompagnato dalla scia di polemiche con cui la politica, e in particolare la politica della destra, ha cercato di annullare la portata di certe critiche. Accompagnato in senso letterale, perché per sottrarlo dall’assalto di registratori e telecamere il Meeting ha dovuto predisporre una catena umana di solidi giovanotti ciellini che l’hanno “protetto” per tutta la visita che ha preceduto il suo intervento.
Peccato. Per certa politica, intendiamo, perché qui sono successe due cose. La prima è che Galantino non ha fatto alcun passo indietro e, con il sorriso sulle labbra, ha ribattuto (uno per uno e con cura) tutti i concetti-chiave della Chiesa di papa Francesco. La seconda è che il pubblico del Meeting (i giovani, come sempre, ma attenti alla mitologia: qui ci sono tante persone che sono già classe dirigente, o si apprestano a diventarlo), dopo un inizio un poco cauto (del tipo: vediamo dove andrà a parare) gli ha dedicato un lungo, caldo, convinto (e forse un poco sorpreso) applauso.
Monsignor Galantino, in realtà, ha parlato del mondo d’oggi a modo suo ma l’ha fatto con un approccio che non poteva dispiacere ai ciellini. Nell’intervento intitolato “POErsona: senso del limite e fascino delle frontiere”, ha tentato di delineare una “antropologia del limite” che si innesta perfettamente sul tema di questo XXXVI° Meeting, preso da un verso di Mario Luzi (“Di che è mancanza questa mancanza, cuore, che a un tratto ne sei pieno?”) e che si traduce in un’esaltazione della persona e delle sue potenzialità.
“Il limite”, ha detto Galantino, “è insito nella vita stessa dell’uomo come essere creaturale. E se il limite di cui siamo investiti non viene accettato, l’esistenza può ridursi a finzione”. Così, contro la filosofia del desiderio individuale come diritto universale, ecco l’idea che “la persona non è sola libertà e libertà assoluta” e che gli obiettivi non si possono pretendere ma sono piuttosto da “raggiungere con umiltà”. Cita Mounier e Bonhoeffer, monsignor Galantino, per ribadire che il senso del limite non è zavorra ma stimolo, punto di partenza, “spirito propulsivo”: quale ricerca di verità e di felicità può essere avviati senza la coscienza dell’imperfezione?
Tutto questo, ovviamente, precipita poi nella vita concreta di ogni persona. Perché, scandisce bene monsignor Galantino,”non è possibile affermare una separazione tra l’essere storico dell’uomo e il suo essere spirituale”. E aggiunge: “Guardatevi dagli spiriti sazi. Quando li incontriamo facciamogli pure l’inchino ma noi andiamo da un’altra parte”.
I messaggi arrivano chiari e forti:”Ciò che anche in questi giorni il Papa dice sull’economia va inserito in questo quadro, e non preso come riferimento a questo o quello”. Non si possono giudicare popoli e nazioni sulla base dei risultati economici. E per le persone lo stesso, sulla scia del Vangelo: “Gesù stravolge le categorie con cui si concepiva il divino, è la trascendenza che fa i conti con la storia. Gli ultimi, i mancanti, i limitati non più come scarti ma, come ha detto papa Francesco al capitolo 198 della Evangelii Gaudium, una “categoria teologica”.
Ce n’è anche per la Chiesa e per la politica, entrambe interpellate dal senso del limite e da esso invitate a cambiare, a evolvere. “Anche la Chiesa è sollecitata, da un’antropologia del limite, a rinnovarsi nelle sue strutture, nelle dinamiche decisionali e nelle prassi concrete delle comunità. Le comunità ecclesiali e le associazioni già sono, per il nostro tempo, un mirabile segno della presenza di Dio e della carità che da lui promana”. Però “ancora tanto dobbiamo fare nella via della testimonianza; tanto ancora dobbiamo crescere nel dar vita a dinamiche autenticamente evangeliche e libere, che manifestino in modo sempre più trasparente la carità da cui siamo stati raggiunti. Una Chiesa che fa del limite una risorsa assume lo stile missionario tanto invocato da Papa Francesco, divenendo sempre meno dispensatrice di servizi e sempre più “ospedale da campo”, chinata sugli ultimi”.
E alla politica che fa della paura una propaganda, con un trasparente riferimento alle recenti polemiche sull’immigrazione: “Una persona che fa del limite una risorsa, mette da parte l’istinto a difendersi dagli altri, si apre più facilmente alla condivisione e – per chi crede – trova nella preghiera la via di accesso ai beni più grandi”. Smettiamo di scartare persone, è il messaggio. Diventiamo umani.
Monsignor Galantino, in realtà, ha parlato del mondo d’oggi a modo suo ma l’ha fatto con un approccio che non poteva dispiacere ai ciellini. Ha tentato di delineare una “antropologia del limite” che si innesta perfettamente sul tema di questo XXXVI° Meeting, preso da un verso di Mario Luzi (“Di che è mancanza questa mancanza, cuore, che a un tratto ne sei pieno?”) e che si traduce in un’esaltazione della persona e delle sue potenzialità.
“Il limite”, ha detto Galantino, “è insito nella vita stessa dell’uomo come essere creaturale. E se il limite di cui siamo investiti non viene accettato, l’esistenza può ridursi a finzione”. Così, contro la filosofia del desiderio individuale come diritto universale, ecco l’idea che “la persona non è sola libertà e libertà assoluta” e che gli obiettivi non si possono pretendere ma sono piuttosto da “raggiungere con umiltà”. Cita Mounier e Bonhoeffer, monsignor Galantino, per ribadire che il senso del limite non è zavorra ma stimolo, punto di partenza, “spirito propulsivo”: quale ricerca di verità e di felicità può essere avviati senza la coscienza dell’imperfezione?
Tutto questo, ovviamente, precipita poi nella vita concreta di ogni persona. Perché, scandisce bene monsignor Galantino,”non è possibile affermare una separazione tra l’essere storico dell’uomo e il suo essere spirituale”. E aggiunge: “Guardatevi dagli spiriti sazi. Quando li incontriamo facciamogli pure l’inchino ma noi andiamo da un’altra parte”.
I messaggi arrivano chiari e forti:”Ciò che anche in questi giorni il Papa dice sull’economia va inserito in questo quadro, e non preso come riferimento a questo o quello”. Non si possono giudicare popoli e nazioni sulla base dei risultati economici. E per le persone lo stesso, sulla scia del Vangelo: “Gesù stravolge le categorie con cui si concepiva il divino, è la trascendenza che fa i conti con la storia. Gli ultimi, i mancanti, i limitati non più come scarti ma, come ha detto papa Francesco al capitolo 198 della Evangelii Gaudium, una “categoria teologica”.
Ce n’è anche per la Chiesa e per la politica, entrambe interpellate dal senso del limite e da esso invitate a cambiare, a evolvere. “Anche la Chiesa è sollecitata, da un’antropologia del limite, a rinnovarsi nelle sue strutture, nelle dinamiche decisionali e nelle prassi concrete delle comunità. Le comunità ecclesiali e le associazioni già sono, per il nostro tempo, un mirabile segno della presenza di Dio e della carità che da lui promana”. Però “ancora tanto dobbiamo fare nella via della testimonianza; tanto ancora dobbiamo crescere nel dar vita a dinamiche autenticamente evangeliche e libere, che manifestino in modo sempre più trasparente la carità da cui siamo stati raggiunti. Una Chiesa che fa del limite una risorsa assume lo stile missionario tanto invocato da Papa Francesco, divenendo sempre meno dispensatrice di servizi e sempre più “ospedale da campo”, chinata sugli ultimi”.
E alla politica che fa della paura una propaganda, con un trasparente riferimento alle recenti polemiche sull’immigrazione: ” Una persona che fa del limite una risorsa, mette da parte l’istinto a difendersi dagli altri, si apre più facilmente alla condivisione e – per chi crede – trova nella preghiera la via di accesso ai beni più grandi”. Smettiamo di scartare persone, è il messaggio. Diventiamo umani.
Redazione Papaboys (Fonte www.famigliacristiana.it/Fulvio Scaglione)