Ecco che cosa resta dei 60.000 cristiani che vivevano a Mosul, nel nord dell’Iraq controllato dallo Stato islamico (Is), e delle loro proprietà. Un video esclusivo pubblicato dalla Bbc, e girato di nascosto da un’auto in movimento, documenta quello che Avveniredenuncia da tempo.
Non c’è più un cristiano a Mosul: tutti fuggiti, cacciati. E sulle loro case è impressa la famigerata N nera, il marchio con cui l’autoproclamato Califfato ha bollato i “Nasrani”, seguaci del Nazareno. “Proprietà confiscata dallo Stato islamico”, recita la scritta sul muro.
Mariam, una ginecologa cristiana fuggita da Mosul, racconta di essere stata “minacciata e molestata” da estemisti sunniti.
Come molti altri profughi, da un anno è sfollata a Erbil, capoluogo del Kurdistan iracheno.
Innamorata della lettura e dei libri, ha ricevuto due notizie che l’hanno sconvolta: la distruzione della sua biblioteca e la confisca dell’abitazione, che “lo Stato islamico aveva marchiato con la lettera N”.
Altri video, sempre esclusiva della Bbc, documentano la vita quotidiana nella seconda città dell’Iraq. Si vedono donne costrette a coprirsi integralmente con il velo islamico nero, scuole abbandonate e moschee (sciite o accusate dall’Is di apostasia) fatte saltare in aria.
“L’Is è molto rigido sul codice di abbigliamento per le donne”, racconta Hanaa, che narra di “un uomo frustato perché la moglie non indossava i guanti” e di jihadisti che fanno “ispezioni a sorpresa” nei ristoranti per vedere se i codici vengono rispettati anche durante i pasti.
“La vita quotidiana è cambiata in modo indescrivibile” racconta un altro testimone, Hisham. “La gente ha perso il lavoro o abbandonato gli studi, ci vengono negati i diritti di base. Secondo l’Is è tutto haram, vietato, per cui resto sempre a casa. È vietato anche fare un picnic”. E spiega: “L’Is si prende un quarto di ogni stipendio come contributo per ricostruire la città. La gente non può parlare se non vuole essere duramente punita”. Anche gli “imam nelle moschee sono stati sostituiti da persone pro Is”.
Lo Stato islamico utilizza inoltre ogni mezzo per diffondere messaggi di propaganda. “Un giorno ho visto mio fratello minore a scuola dipingere la bandiera dello Stato islamico e imparare le canzoni più famose del gruppo”, racconta Mahmoud. “L’ho immediatamente tolto da scuola. Preferiamo non riceva istruzione piuttosto che una pro Is”.
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