Vescovo ausiliare, rettore del Seminario, Salvatore Angerami aveva 63 anni e ha affrontato un calvario di malattia. L’ultimo atto, l’ordinazione di 13 preti, seguiti dal letto d’ospedale
Sono i giovani del Seminario di Napoli a portare la bara, fuori dalla Cattedrale di Napoli: l’ultimo saluto al vescovo ausiliare di Napoli, Salvatore Angerami, questa mattina, è stato dei “suoi” ragazzi. Quelli che ha seguito fino alla fine, anche dal letto di ospedale, e che ha accompagnato fino alle ordinazioni di sabato 29 giugno.
Lo ricorda anche il cardinale arcivescovo Crescenzio Sepe commosso, nell’omelia. «Il nostro fratello Salvatore – dice – è stato chiamato dopo una lunga malattia, sopportata con esemplarità, sull’esempio di san Giovanni Paolo II». Sepe ricorda il «lento calvario che ha segnato la vita del vescovo», che ha affrontato ricoveri ospedalieri e molteplici operazioni «testimoniando il Vangelo della sofferenza.
La sua fede ferma e sicura – afferma l’arcivescovo – lo hanno portato a vivere la sua debolezza fisica come sacrificio per amore di Dio e della Chiesa».Monsignor Angerami era nato a Napoli il 26 novembre 1956. Prima di diventare sacerdote, il 22 giugno 1997, era un ingegnere elettronico. «Una vocazione adulta – ricorda Sepe – mentre già lavorava, infatti, sente la “voce” del Signore: così la decisione di lasciare tutto per seguire il Padre».
Coerente fino in fondo, anche a costo di grandi rinunce e sacrifici «sentiva profondamente il suo impegno e la sua responsabilità di rettore del Seminario. Sepe ha raccontato, infatti, che i neo-presbiteri, hanno voluto salutare il rettore che ha «pregato e sofferto con loro». In Cattedrale anche la comunità di San Gennaro al Vomero, di cui Angerami era stato parroco. Il 27 settembre del 2014, infine, la nomina a vescovo ausiliare di Napoli e moderatore della Curia «incarico – sottolinea Sepe – che ha accettato con spirito di obbedienza ed esercitato con equilibrio e fermezza».
A concelebrare con Sepe, l’arcivescovo Filippo Iannone, i vescovi della C.e.c, gli abati di Cava dei Tirreni e Montevergine, gli altri due ausiliari di Napoli Lucio Lemmo e Gennaro Acampa e oltre cento sacerdoti diocesani. «Monsignor Angerami – dice Sepe – lascia alla nostra Chiesa la testimonianza di chi trova nel Padre la forza di accettare il dolore come obbedienza alla sua volontà. In Cristo egli ha trovato il coraggio di offrire i suoi dolori e sofferenze così come il suo stemma episcopale profeticamente annunciava Voluntas tua Letitia mea». L’aiuto, in malattia, dei seminaristi e degli animatori diventa esemplare per tutta la comunità ecclesiale. Domenica sera, la lunga notte di veglia e preghiera è stato il loro saluto all’«ingegnere di Dio».
di Rosanna Borzillo per Avvenire.it
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