A Febbraio nel viaggio di ritorno dal Messico, chiesero al Papa se i cattolici americani avrebbero dovuto votare Trump che aveva appena detto di voler costruire 2500 km di muro lungo la frontiera e deportare 10 milioni di immigrati.
Francesco rispose che “una persona che pensa di fare i muri, chiunque sia, e non fare ponti, non è cristiano. Questo non è nel Vangelo”. Poi ha precisato: “Non mi immischio: solo dico, questo uomo non è cristiano, se dice queste cose. Bisogna vedere se ha detto così oppure no. Su questo do il beneficio del dubbio”.
Ora Trump è presidente degli Usa e il muro col Messico si è insediato insieme a lui alla Casa Bianca e sta iniziando a farsi mattone insieme alla linea dura sull’immigrazione quella che dice di cacciare 2-3 milioni di clandestini con precedenti penali.
Costruire muri è una cosa bella e giusta se servono a costruire una casa. Ma costruire muri per contenere la libertà dell’uomo si è sempre rivelato un errore. E quando i muri cadono – come inevitabilmente è sempre avvenuto, dalla Muraglia cinese fino al Muro di Berlino – succede solo che il movimento di compensazione delle differenze che sarebbe dovuto avvenire gradualmente, avverrà brutalmente causando morti e feriti, metaforici e no, come succede quando crolla una diga e l’acqua distrugge tutto.
I muri cattivi, cattivi come quello di Berlino o quello della frontiera con il Messico, si costruiscono sulla paura. E la paura è sabbia, non roccia. Così la paura fa franare il muro costruito anche dal più bravo dei costruttori. La paura rende stupidi, incapaci cioè di comprendere la realtà perché l’acciaio con cui si costruiscono i muri può solo prima o poi cedere.
Parlo di muri anche metaforici, non solo materiali. Parlo dei muri che i genitori erigono di fronte alle scelte dei figli che ritengono sbagliate. Parlo della Chiesa quando tagliava “certe scene” nei film – ricordiamo il Nuovo Cinema Paradiso di Tornatore – o usava l’Indice e al toglierli dovette attraversare mari non poco agitati. È la paura che erige i muri, non la necessità di difesa.
Così come è la rabbia che scatena le liti tra persone che potrebbero parlarsi. È giusto rinchiudere chi delinque; non è giusto rinchiudere chi è povero e che forse pensa di essere povero a causa del paese di cui Trump è presidente. Dopo le prime ore del terremoto girava una vignetta con due famiglie che camminavano entrambe con un sacco sulle spalle.
Si scambiavano informazioni da dove venivano e perché erano senza casa. Una famiglia rispondeva Siria, guerra. L’altra, Marche, terremoto. Partiamo da qui e poi troviamo il modo di convivere. Non c’è altra strada. Nessun muro ci può aiutare.
Di Don Mauro Leonardi
Articolo tratto da L’Huffingtonpost