Napoli, fra i caduti nella guerra della povertà

NAPOLI – Per la prima volta gli italiani hanno superato gli immigrati: non provengono solo dai quartieri tradizionalmente poveri (qualcuno perfino dal Vomero) e si è abbassata l’età media, a causa della perdita del lavoro. Il 72% sono disoccupati. Molti sono padri separati che hanno lasciato la casa a moglie e figli, tanti altri sono scivolati nel girone infernale dell’usura e del gioco d’azzardo – 

Un ricercatore universitario esodato, nuovo ospite del dormitorio, vorrebbe un computer per tenere impegnata la mente nelle lunghe, insolite giornate da povero. Un disoccupato di mezza età chiede l’elemosina alla stazione centrale, raccontando ad alta voce ai viaggiatori che si vergogna ma non ha altra scelta. E poi Franco, Anna, Marcella, Salvatore e tanti altri caduti in povertà che frequentano i centri promossi dalla Caritas di Napoli, come “Il Binario della solidarietà” o “Casa Antida” per sole donne: sempre più giovani, senza lavoro né casa, la sera “fanno la tombola” per riuscire a conquistare un posto negli affollati dormitori della città, e girano le varie mense parrocchiali dei poveri. La Chiesa di Napoli non fa altro che aumentare i posti letto e i pasti distribuiti, oltre a pagare affitti, spese mediche e bollette arretrate. Il 17 dicembre, al dormitorio “La tenda” nel quartiere Sanità, verrà inaugurata “Casa Crescenzio”, con altri 40 posti letto, in aggiunta ai 150 già esistenti. Questa è oggi la situazione in piena crisi, in una Napoli ancora genuina e affascinante ma sempre più drammaticamente in declino, più povera che mai.
Italiani anche dai quartieri benestanti. Anche nei centri di ascolto e nei luoghi della carità napoletani per la prima volta gli italiani hanno superato gli immigrati: non provengono solo dai quartieri tradizionalmente poveri (qualcuno perfino dal Vomero) e si è abbassata tantissimo l’età media degli utenti, a causa della perdita del lavoro. Il 72% sono disoccupati. Molti sono padri separati che hanno lasciato la casa a moglie e figli, tanti altri sono caduti in disgrazia a causa dell’usura e del gioco d’azzardo, considerato “il nuovo demone” della povertà. Napoli e la Campania hanno il tasso più alto di disoccupazione giovanile (44,4%) e il Pil pro capite più basso. Ha anche il record negativo di morosità nel pagamento degli affitti: il 50% sono a rischio insolvenza. Il tasso di povertà relativa delle famiglie è il doppio di quello italiano: 22,4%. In una situazione già di per sé depressa, la crisi ha dato il colpo finale. I dati forniti dal Dossier regionale sulle povertà 2012 della Caritas di Napoli dimostrano un incremento continuo delle richieste, di anno in anno: +12% di utenti dei centri di ascolto; +17% persone disoccupate; +20/30% annuo di richieste di alimenti. La Caritas di Napoli ha aumentato dell’11% gli interventi economici rispetto al 2010. Ed ha anche il più alto numero in Italia di Prestiti della speranza (l’iniziativa Cei contro la crisi) concessi: oltre 100. I soli quattro dipendenti dell’ente diocesano, dicono sempre di sì alle tante richieste. Ma ogni tanto rispondono, scherzando: “E vediamo… io non è che sono San Gennaro”.
Quattro caramelle per un povero. “A Napoli siamo esperti nell’arte di arrangiarci – afferma il giovane direttore della Caritas di Napoli don Enzo Cozzolino – e le salumerie danno ancora un pezzo di pane gratis a chi lo chiede. Ma qui è una polveriera altamente esplosiva. La gente è disperata, aumenta il grido sociale”. Don Enzo, giovane prete che ha scelto la sobrietà, vive “più il servizio che il ruolo” e partecipa appassionatamente alle manifestazioni contro le mancate risposte a chi vive nella Terra dei fuochi, dove i veleni sotterrati dalla camorra fanno morire i bambini di leucemia (+358% l’aumento di richieste farmaci antitumorali). Lamenta soprattutto l’assenza delle istituzioni: “Siamo stati lasciati soli – denuncia -. Non svolgiamo più solo un ruolo di supplenza. Ora ci arrivano lettere dalle istituzioni che segnalano a noi le situazioni di povertà, perché non hanno risorse”. E cita un recente rapporto sulle politiche sociali regionali, che valuta in “quattro caramelle per un povero”, circa 0,20 centesimi a persona, l’entità della spesa sociale, scesa da 70 milioni a 1 milione di euro. La Chiesa di Napoli, con le sue varie opere-segno sparse per la città, deve sopperire a tutte le necessità.
Nei dormitori richieste triplicate. “Se scioperassimo per un giorno con i nostri servizi – conferma Giancamillo Trani, vicedirettore della Caritas di Napoli – la città collasserebbe. Le richieste di accoglienza nei dormitori sono triplicate in questi anni”. Su 300 parrocchie a Napoli una dozzina hanno mense parrocchiali che distribuiscono dai 1000 ai 1500 pasti al giorno. Qualcuna dà alle famiglie perfino pasti take away. Da qualche anno alcune rimangono aperte anche ad agosto. L’anno scorso al pranzo di Natale in arcivescovado ai soliti 300 posti ne sono stati aggiunti all’ultimo minuto altri 60. Al “Binario della solidarietà”, il centro diurno Caritas gestito dalla Fond. Leone, nel misero e brutto quartiere Gianturco, la responsabile suor Giuseppina Esposito, gli operatori e 200 volontari, accompagnano 80/90 senza dimora italiani (su circa 1500 in città) con progetti personalizzati per uscire dalla strada. Nei locali dell’ex poliambulatorio donato dalle Ferrovie dello Stato forniscono docce, colazione, cena e laboratori di bigiotteria e cuoio. “Per i nuovi poveri che non appartengono alla fascia più disagiata è pesante frequentare i nostri centri – racconta -. Alcuni non reggono e fuggono. Vanno in strada e incontrano la malavita, il gioco e il facile guadagno”. Che inventa sempre nuove e fantasiose forme per incastrare i poveri: ora a Napoli va di moda fare il prestanome su una carta Postepay, che poi altri useranno per far girare denaro sporco. Con 50 euro in cambio si può andare avanti anche una settimana.
Patrizia Caiffa per Agenzia Sir

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