Categorie: Pax et Justitia

«Nazareni, convertitevi o morirete». Cristiani assiri minacciati. Non in Iraq, ma in Svezia

A Goteborg, è stata dipinta sul negozio di Markus Samuelsson la “N” araba con cui l’Isis marchiava le case dei cristiani a Mosul: «È doloroso, ci sentiamo minacciati»

«Convertitevi o morirete», «Il Califfato è qui». Sono queste le scritte che mercoledì il cristiano assiro Markus Samuelsson si è ritrovato sui muri del suo ristorante. Frasi simili sono comparse a centinaia sulle proprietà sequestrate ai cristiani in Iraq e in Siria dallo Stato islamico, Al-Qaeda o dai ribelli “moderati”. Ma Samuelsson vive in Svezia, a Goteborg, non in Iraq o in Siria.


COME A MOSUL.
La notizia è stata diffusa dal quotidiano svedese Dagens Nyheter. Samuelsson, proprietario del Le Pain François, ha riconosciuto anche un graffito raffigurante il logo dell’Isis e un altro, chiarissimo, con la lettera arabica che sta per “N”. La stessa era stata usata dall’Isis a Mosul per marchiare le case dei cristiani (“nazareni”) e successivamente requisirle. Le stesse minacce sono state rivolte ad altri negozi appartenenti a cristiani assiri.

GOTEBORG JIHADISTA. Non ci sono solo questi graffiti a dimostrare che Goteborg è una città a rischio estremismo islamico. Un rapporto di un altro giornale svedese, Aftonbladet

, ha rivelato che già oltre 150 cittadini musulmani sono partiti per combattere il jihad in Siria e Iraq con l’Isis. Un esperto di terrorismo, Magnus Ranstorp, ha definito Goteborg «il centro svedese dei jihadisti».

«SIAMO MINACCIATI». Samuelsson, come gli altri 3000 cristiani assiri di Goteborg, non può sentirsi al sicuro: «Quando ho visto le scritte ho sentito un brivido lungo tutta la spina dorsale. È davvero doloroso, ci sentiamo minacciati».
La polizia ha aperto un’inchiesta per trovare i responsabili e per impedire che gli assiri in Svezia facciano la stessa fine di quelli in Iraq: è di pochi giorni fa la notizia che tre cristiani rapiti dall’Isis sono stati uccisi, altri 200 sono stati minacciati di morte.

Redazione Papaboys (Fonte www.tempi.it/Leone Grotti)

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