Quali sono le sue sensazioni, anche in riferimento al recente appello presentato a Bruxelles dall’“Iniziativa dei cristiani per l’Europa”, rispetto al pericolo di un alto astensionismo e della radicalizzazione del voto sotto spinte populiste e nazionaliste? Insieme con molteplici associazioni di laici cattolici abbiamo rivolto un appello alla partecipazione alle elezioni europee. Per noi è importante affermare che noi cristiani non siamo ‘spettatori’ di ciò che accade nella società e nello Stato, ma siamo soggetti attivi. I padri fondatori, fra cui Adenauer, Schuman, De Gasperi, sono stati cristiani attivi. Perciò dico innanzitutto che i cristiani devono andare a votare e scegliere partiti democratici ed europeisti. Il nazionalismo e la xenofobia sono posizioni inaccettabili per i cattolici. E agli euroscettici occorre dire che il fondamento dell’Ue è dato – nonostante la molteplicità culturale – da una grande comunanza di valori fondamentali. L’eredità greco-romana, la tradizione giudaico-cristiana e l’illuminismo sono gli elementi che uniscono storicamente l’Europa. L’immagine cristiana dell’essere umano e la dottrina sociale cristiana rappresentano le basi etiche della nostra economia sociale di mercato. Proprio grazie a questo modello, il cui nucleo è costituito dall’equilibrio tra dinamica economica e giustizia sociale, l’Europa viene percepita come progetto alternativo rispetto a forze di mercato mondiali e senza confini. Oggi più che mai è necessario salvaguardare questo patrimonio. E lo si può fare a partire dal voto di maggio.
La crisi ha portato spesso a parlare di rigore di bilancio, di austerità, così pure di crescita e della creazione di posti di lavoro. Quali le sue valutazioni? Per i Paesi di più recente adesione, come per gli altri Stati Ue, vale il principio per cui le decisioni politiche assunte oggi influiscono in grande misura sulle opportunità di vita future, oltre che attuali, soprattutto in relazione alle future generazioni. I giovani hanno diritto a una politica sostenibile. La riduzione del debito e una disciplina severa del bilancio per il futuro sono imprescindibili e sono espressione della nostra responsabilità verso le nuove generazioni. Detto questo, e sebbene il punto focale degli sforzi nell’Ue e nell’Eurozona debba essere costituito risolutamente dal consolidamento del bilancio e dalla creazione di una crescita sostenibile e di posti di lavoro, i provvedimenti necessari a tal fine non possono essere fatti ricadere sulle spalle dei più deboli della nostra società.
Come si pone la Zdk davanti alle necessità di rafforzare la difesa sociale e la protezione dei più deboli, anche alla luce del recente documento sociale delle chiese cattolica ed evangelica tedesche? Uno dei principi della dottrina sociale cattolica è la solidarietà. La solidarietà è anche un concetto chiave del Trattato di Lisbona. Nel superamento di questa crisi deve dunque valere il principio secondo cui gli Stati europei siano solidali tra loro in situazioni di difficoltà. L’obbligo alla solidarietà non finisce ai confini nazionali, esiste un rapporto dialettico tra solidarietà e responsabilità dei singoli Stati. Su questo aspetto i vescovi cattolici ed evangelici tedeschi hanno avviato una ‘Iniziativa sociale ecumenica’ alla quale lo Zdk partecipa. Ognuno può dire la sua a questo indirizzo web: www.sozialinitiative-kirchen.de. di Massimo Lavena
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