Categorie: Pax et Justitia

Nel cuore di Varsavia una casa di tutti gli ebrei credenti e non credenti

OGGI GIORNATA DELL’EBRAISMO – Il museo, costruito secondo il progetto dell’architetto finlandese Rainer Mahlamaki, sorge sul terreno del Ghetto, sul luogo in cui i nazisti, negli anni 1942-1944 istituirono un campo di concentramento dove perirono, secondo le varie stime, dai 20mila ai 35mila prigionieri. Jan Hartman dell’Università Jagellonica di Cracovia: “L’Olocausto è anche un dramma polacco”

C’è un legame diretto tra Polonia e storia del popolo ebraico. Così la diciottesima Giornata dell’ebraismo, celebrata oggi, sarà inaugurata con una preghiera comune di cristiani ed ebrei davanti al Memoriale delle vittime del campo di sterminio nazista Auschwitz-Birkenau. Il tema della giornata è “Ho cercato il Signore e mi ha risposto e da ogni timore mi ha liberato” (Sal 34,5). “L’Olocausto è anche un dramma polacco”, ricorda il professor Jan Hartman dell’Università Jagellonica di Cracovia richiamando alla memoria “le centinaia di migliaia di polacchi che erano anche ebrei”. Marek Nowak, domenicano, insegnante di filosofia delle religioni all’Università di Varsavia, spiega che in Polonia ci sono circa 20mila persone aderenti a varie organizzazioni ebraiche, che sono lo 0,01% di ebrei che vissero sul territorio polacco prima della guerra scoppiata nel 1939. Alla loro storia millenaria è ora dedicato un nuovo museo costruito nel centro di Varsavia: una iniziativa che proprio in questi giorni assume un valore ancor più grande e apprezzabile.
Convivenza di popoli. “Il Museo della storia degli ebrei polacchi Polin racconta la ricca e reale storia della convivenza di vari popoli narrata attraverso citazioni, fotografie, ricostruzioni storiche, plastici e presentazioni multimediali. È un vero museo della storia della Polonia”, afferma Hartman dopo aver visitato l’esposizione permanente che, con l’utilizzo dei più moderni mezzi di comunicazione in uno spazio di circa 4mila metri quadrati (un quarto dell’intera superficie dell’edificio), presenta i mille anni di storia degli ebrei presenti in Polonia sin dalla costituzione dello Stato del principe Mieszko I nel 966. “Avete avuto qui il vostro Paese e la sua storia era anche la vostra”, rileva con entusiasmo – con un messaggio idealmente rivolto agli ebrei – lo studioso, augurandosi che il nuovo Museo diventi un centro di cultura ebraica più importante ancora di quello di Washington, ma soprattutto “casa di tutti gli ebrei: credenti e non credenti”.
Valori condivisi. Il Museo vuole essere “un punto di riferimento per tutti gli interessati al patrimonio degli ebrei polacchi e il segno del cambiamento nelle relazioni reciproche tra polacchi ed ebrei”, auspicano i promotori dell’iniziativa museale, i quali prevedono “un piano di eventi programmati per essere punto di partenza per dibattiti riguardanti sia i lati positivi che quelli oscuri delle relazioni tra i due popoli”. “Il Museo Polin è però prima di tutto un luogo d’incontro tra persone desiderose di conoscere meglio il passato e il presente della cultura ebraica, che, affrontando con coraggio gli stereotipi, vogliono limitare i pericoli che minacciano il mondo moderno, quali l’atteggiamento xenofobo e nazionalista”; vi è quindi spazio per tutti coloro che condividono “i valori dell’accoglienza, della tolleranza e della verità”.
Nel cuore della capitale. Il moderno edificio, costruito secondo il progetto dell’architetto finlandese Rainer Mahlamaki, sorge sul terreno del Ghetto di Varsavia, sul luogo in cui i nazisti, negli anni 1942-1944 istituirono un campo di concentramento dove perirono, secondo le varie stime, dai 20mila ai 35mila prigionieri: ebrei polacchi, bielorussi, greci, italiani e rom. Di fronte al Museo si erge il memoriale ai caduti durante la rivolta del Ghetto di Varsavia nel 1943, innalzato cinque anni dopo la sua tragica conclusione. I due monumenti sono divisi da 66 anni di storia. “Per costruire un museo ci voleva la volontà politica che mancava ai tempi del regime comunista”, spiega Marek Nowak; mentre monsignor Henryk Muszynski, anch’egli coinvolto nel progetto, ricorda che nella Polonia di allora, e specialmente dopo il 1968, “era d’obbligo il paradigma anti-israeliano e antisionista utile alle autorità di quell’epoca per giustificare la presenza delle truppe sovietiche sul territorio del Paese in chiave di difesa anti-Occidente”.
Il sostegno dei vescovi. L’idea del Museo, nata fra i membri dell’Associazione dell’istituto di storia ebraica nel 1993, si concretizzò nel 1995 quando le autorità cittadine decisero di destinare a tal fine l’appezzamento del terreno al centro di Varsavia, e venne perfezionata nel 2005 con la stipula dell’accordo tra il governo, la città e l’associazione “Istituto di storia ebraica”. Al Comitato per la creazione del Museo (costruito grazie alle donazioni di privati cittadini, contributi statali e finanziamenti provenienti da varie organizzazioni ed enti internazionali), costituito con il patrocinio del Presidente della Repubblica di Polonia Aleksander Kwasniewski, aderirono l’attuale presidente della Conferenza episcopale polacca, monsignor Stanislaw Gadecki, e l’allora arcivescovo della sede primaziale di Gniezno, monsignor Henryk Muszynski. A capo del Comitato internazionale del Museo fu eletto il premio Nobel per la Pace e già presidente dello Stato di Israele Simon Peres.
Il male non vincerà. La parola Polin in ebraico e nella lingua degli ebrei dell’Europa centrorientale – lo yiddish – significa Polonia. Il premio Nobel per la letteratura, Shmuel Yosef Agnon (1888-1970), in uno dei suoi racconti narra come il popolo di Israele per lungo tempo abitò in pace le terre polacche. “Conosco degli ebrei che oggi vengono dall’estero e acquistano casa a Varsavia per viverci”, racconta Marek Nowak. “Alcuni hanno ancora i numeri di Auschwitz tatuati sul braccio”, aggiunge. “È come se dicessero che il male non avrà l’ultima parola”. di Anna Kowalewska

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