Il racconto dell’esperienza di san Francesco al Roseto – Il frate minore Francesco Bartoli nella prima metà del XIV secolo scrisse un Trattato sull’indulgenza di Santa Maria della Porziuncola. Attingendo anche da fonti precedenti, racconta in modo dettagliato e ordinato l’indulgenza della Porziuncola; tra l’altro narra che «stando san Francesco nella cella, che era nel giardino accanto alla chiesa di Santa Maria, nel mese di gennaio, e vegliando in preghiera nella notte, ecco Satana che venne e gli disse: “Francesco, perché vuoi morire prima del tempo? O ignori che dormire è l’alimento principale per il corpo? Perché stai facendo altro? […] Perché dunque ti punisci con veglie e preghiere?”. Allora san Francesco uscì dalla cella spogliato dalla veste e entrò nel bosco attraverso una siepe grossa e serrata, consegnando il suo corpo ai rovi e alle spine. E disse: “Inestimabilmente è meglio per me conoscere la passione del Signore, piuttosto che cedere alle seduzioni del nemico”. Quando il corpo fu insanguinato, sopravvenne una grande luce, apparsero numerosissime e bellissime rose bianche e rosse dal mirabile profumo e assieme allo splendore vi fu una moltitudine di angeli sia nella chiesa che presso di essa. E allora gli angeli dissero a san Francesco: “Vai velocemente in chiesa dal Salvatore e dalla madre sua”».
Tale racconto ricorda quanto ebbe a scrivere qualche secolo prima Gregorio Magno narrando la vita di san Benedetto: «Un tempo egli aveva veduta una donna ed ora lo spirito maligno turbava con triste ricordo la sua fantasia. E fiamma sì calda il diavolo suscitò nell’animo del servo di Dio con quella appariscente bellezza, che egli non riusciva più a contenere il fuoco dell’amore impuro e già quasi vinto stava per decidersi ad abbandonare lo speco. Fu un istante: illuminato dalla grazia del cielo, ritornò improvvisamente in se stesso. Visti lì presso rigogliosi e densi cespugli di rovi e di ortiche, si spogliò delle vesti e si gettò, nudo, tra le spine dei rovi e le foglie brucianti delle ortiche. Si rotolò a lungo là in mezzo e quando ne uscì era lacerato per tutto il corpo; ma con gli strappi della pelle aveva scacciato dal cuore la ferita dell’anima, al piacere aveva sostituito il dolore; quel bruciore esterno imposto volutamente per pena, aveva estinto la fiamma che ardeva all’interno, e così, mutando l’incendio, aveva vinto l’insidia del peccato».
All’opera di frate Francesco Bartoli si ispirarono non solo altri autori che nei secoli vollero narrare la vicenda dell’indulgenza della Porziuncola, ma anche diversi pittori che iniziarono a raffigurare le scene fondamentali di quello che diversi secoli dopo sarà conosciuto come il “Perdono di Assisi”.
Non solo Prete Ilario da Viterbo, Tiberio d’Assisi, Johann Fridrich Overbecj e tanti altri nel momento che dipinsero l’indulgenza della Porziuncola non tralasciarono mai la raffigurazione delle bellissime rose bianche e rosse apparse dopo che san Francesco tra le spine, ma le foglie e i petali di quel roseto cominciarono a essere distribuiti come ricordo e reliquia del Santo d’Assisi.
Per il testo critico cfr. FRATRIS FRANCISCI BARTHOLI DE ASSISIO, Tractatus de Indulgentia S. Mariae de Portiuncula, nunc primum integer editit PAUL SABATIER, Paris (Librairie Fischbacher) 1900. Il brano in cui si narra l’episodio delle rose è il capitolo 8, corrispondente alle pagine 18-20 della edizione di P. Sabatier. Il suddetto libro della edizione critica lo si trova gratuitamente riprodotto al seguente link.
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