E’ in corso, in Nigeria, lo spoglio elettorale dopo le consultazioni presidenziali e legislative dei giorni scorsi. Attualmente, per la carica di capo dello Stato lo sfidante, Muhammadu Buhari, risulta in testa sul presidente uscente, Goodluck Jonathan. Oltre tre milioni lo scarto di voti fra i due candidati. Sullo sfondo di queste consultazioni, la lotta contro i fondamentalisti islamici di Boko Haram che operano nel nordest del Paese. Come potrà concludersi il confronto elettorale tra Jonathan e Buhari? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Michele Luppi, direttore del sito web “Africa-Europa.it”:
R. – L’invito è alla prudenza perché, anche per quella che è la struttura della legge elettorale nigeriana, bisogna aspettare il conteggio finale dei voti. Chiaramente, il dato che Buhari sia in vantaggio è un segno anche un po’ sorprendente, nel senso che è pur vero che Buhari era dato in crescita e qualcuno lo vedeva anche come possibile vincitore di queste elezioni; ma, fino proprio alle ultime settimane, si pensava che Jonathan ce la facesse. Quindi, bisogna aspettare fino all’ultimo, perché la legge nigeriana prevede non solo che venga eletto chi ha il maggior numero di voti, ma anche chi ottenga almeno il 25% dei consensi in due terzi degli Stati della Federazione. Questo vuol dire che a Buhari non sarà sufficiente ottenere più voti di Jonathan, ma dovrà ottenere il 25% dei consensi in almeno 24 degli Stati della Federazione. E questa non è una cosa semplice.
D. – Questo confronto non rischia di innescare ulteriori frizioni in un Paese dove già c’è il problema dei fondamentalisti islamici di Boko Haram?
R. – In parte, ma il dato che sta uscendo anche da questi rilevamenti sottolinea come a essere punita sia stata soprattutto la leadership di Goodluck Jonathan e la sua incapacità di far fronte alla guerra dilagante di Boko Haram nel nordest del Paese. E quindi, da questo punto di vista bisognerà capire se un’eventuale vittoria di Buhari, che viene visto come uomo forte – lui è stato un ex generale e anche presidente di una giunta militare tra il 1983 e il 1985 – possa riportare un po’ di sicurezza nel nord e nel nordest.
D. – I Boko Haram potrebbero approfittare di questa situazione particolare, con un possibile nuovo presidente, anche per espandersi territorialmente?
R. – Bisogna valutare, secondo me, due aspetti in questo momento: da un lato, il ruolo che sta avendo da un mese a questa parte l’esercito del Ciad, che è intervenuto in Nigeria e che si sta muovendo lungo il confine tra la Nigeria, il Camerun e il Niger. È questo un intervento che ha avuto successo, perché ha favorito la riconquista da parte dello stesso esercito nigeriano di alcune città. Dall’altra parte, non bisogna dimenticare che vari analisti hanno sottolineato come il fenomeno Boko Haram sia certamente legato a influenze del jihadismo che provengono anche da altri Paesi e a un’ideologia che è transnazionale, ma anche che vi siano legami locali e un retroterra fatto da politici, funzionari che avrebbero, nel corso degli ultimi anni, favorito l’avanzata di questo movimento. Quindi, bisogna capire se un cambio di presidenza possa andare a togliere a Boko Haram questo sostegno locale, che comunque il movimento armato ha in alcune zone.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana