“Misericordia e compassione”. Questo il motto del viaggio di Papa Francesco nelle Filippine, dal 15 al 19 gennaio prossimi. Nell’ottica della visita del Pontefice, il Paese asiatico, a maggioranza cattolica, celebra il Natale con uno sguardo di speranza, dopo anni di tribolazioni per le conseguenze del tifone Haiyan – o Yolanda com’è stato chiamato nell’arcipelago – che nel novembre 2013 ha causato oltre 6 mila morti accertati e più di mille dispersi o dei violenti attacchi indipendentisti, soprattutto sull’isola meridionale di Mindanao. Ne parla padre Sebastiano D’Ambra, missionario del Pime che da trent’anni a Zamboanga porta avanti il dialogo tra cristiani e musulmani col movimento Silsilah. L’intervista è di Giada Aquilino per la Radio Vaticana
R. – È un Natale di speranza, perché nonostante i grandi problemi che ci sono stati, le calamità, le guerre ed altro, la gente si aspetta molto da questa visita del Papa. Anche sui giornali, quasi ogni giorno, c’è qualcosa in relazione alla visita del Papa e tutti, pure i musulmani, parlano con gioia di questa visita del Papa. E questo è positivo. Poi questo Natale ha una sua caratteristica speciale, perché ogni anno – fino al 2021, quando si celebreranno i 500 anni della presenza del cristianesimo nelle Filippine – la Chiesa ci propone un tema particolare: quest’anno è l’anno dei poveri. Quindi il Natale, col pensiero e l’attenzione ai poveri, ha molto significato. In più il Papa che viene nelle Filippine è un Papa che ama i poveri. Tutte queste cose ci portano nel clima del Natale. Certamente, non si ignorano le difficoltà. Noi – come movimento Silsilah – ogni anno facciamo un calendario speciale, mettendo insieme sia il gregoriano, sia quello dei musulmani. Abbiamo scelto come tema “Human rights”, cioè i diritti umani, perché in questo momento particolare non soltanto nelle Filippine ma anche nel mondo c’è tanta violenza.
D. – Che realtà sono i poveri nelle Filippine?
R. – I ricchi diventano più ricchi e i poveri aumentano. Ci sono 12 milioni di filippini all’estero e questo è anche motivo di povertà. Da una parte, dal punto di vista economico, quello che i filippini dall’estero mandano in Patria è la risorsa più grande del Paese; dall’altra parte, ci sono i vari impatti, sia negativi sia positivi. Tra gli impatti negativi troviamo le famiglie che si dividono, quindi le varie situazioni di distanza; tra quelli positivi, c’è la speranza che la nostra gente possa portare un messaggio di pace nel mondo.
D. – Il tifone Haiyan o Yolanda che segno ha lasciato nel Paese? Com’è cambiato il Paese dal novembre 2013?
R. – Il Paese sta cercando di superare quel problema, ma qualche settimana fa abbiamo avuto un altro tifone molto grave. Quindi il Paese si deve abituare, purtroppo, con difficoltà, a questa realtà del clima che cambia. Celebrando il Natale si pensa dunque all’incarnazione del Signore in questo momento storico e in questa realtà particolare della povertà e della violenza che c’è nelle Filippine, ma diremo anche nel mondo.
D. – Lei è a Zamboanga, che è stata più volte attaccata dai ribelli del Fronte di liberazione nazionale Moro. A che punto è il dialogo?
R. – Delicato, perché il governo vorrebbe concludere un accordo che va avanti da anni con un gruppo d’insurrezione. Speriamo che arrivi a destinazione nel mondo giusto, però ci sono anche segnali di opposizione. Da parte nostra, cerchiamo in tutti i modi di creare un atteggiamento positivo. Qui a Zamboanga abbiamo avuto una guerra nel settembre del 2013, avvenuta purtroppo in un contesto in cui gli animi tra i cristiani e i musulmani si stanno dividendo. Il nostro lavoro è intenso, ci sono risultati, però c’è da lavorare con tanta fede e coraggio. Ci sono molti pregiudizi che vengono alimentati da questo clima internazionale, caratterizzato dall’avanzata dell’Is, del radicalismo islamico, che si sente anche qui da noi.
D. – Tra pochi giorni- dal 15 al 19 gennaio – il Papa sarà nelle Filippine. L’arcivescovo di Manila, il cardinale Tagle, ha detto che l’arrivo di Papa Francesco sarà come “un tifone di rinnovamento spirituale” per il Paese. Di cosa hanno bisogno oggi le Filippine?
R. – Questo cosiddetto “tifone” della presenza del Papa sicuramente porterà un grande segno di speranza. Quello che mi auguro che accada è che, dopo l’entusiasmo della visita, la comunità cristiana e cattolica in particolare veramente prenda sul serio l’impegno per i poveri e poi per la pace e la speranza. E che questa speranza non sia soltanto un fatalismo, ma un atto di fede vissuto ogni giorno nell’amore.