“La missione non è proselitismo o mera strategia; la missione fa parte della ‘grammatica’ della fede, è qualcosa di imprescindibile per chi si pone in ascolto della voce dello Spirito che sussurra ‘vieni’ e ‘vai’”. Lo afferma Papa Francesco nel Messaggio – pubblicato ieri 24 maggio, solennità di Pentecoste – per l’89ma Giornata missionaria mondiale che ricorrerà il 18 ottobre. Sullo sfondo dell’Anno della vita consacrata, nel 50° anniversario del decreto conciliare “Ad gentes” e sulla scia dell’esortazione apostolica “Evangelii gaudium”, il Pontefice traccia una rotta per la missione evangelizzatrice della Chiesa di fronte alle sfide odierne e alla chiamata ad andare “verso le grandi periferie” del mondo. Interpellati in prima persona i consacrati, ma il Papa ricorda che ogni battezzato ha il compito di annunciare il Vangelo con la propria testimonianza di vita.
Vita consacrata e missione. La Giornata, esordisce il Pontefice, “avviene sullo sfondo dell’Anno della vita consacrata e ne riceve uno stimolo per la preghiera e la riflessione”. Se ogni battezzato è infatti chiamato “a rendere testimonianza al Signore Gesù annunciando la fede ricevuta in dono, questo vale in modo particolare per la persona consacrata, perché tra la vita consacrata e la missione sussiste un forte legame”. Tuttavia ogni battezzato è chiamato alla missione perché “chi segue Cristo non può che diventare missionario”, aggiunge Francesco richiamando l’”Evangelii gaudium”. Nel comando di Gesù: “andate”, spiega, “sono presenti gli scenari e le sfide sempre nuovi della missione evangelizzatrice della Chiesa. In essa tutti sono chiamati ad annunciare il Vangelo con la testimonianza della vita; e in modo speciale ai consacrati è chiesto di ascoltare la voce dello Spirito che li chiama ad andare verso le grandi periferie della missione, tra le genti a cui non è ancora arrivato il Vangelo”. Il Papa rammenta quindi il 50° anniversario del decreto conciliare “Ad gentes” invitando ad una sua rilettura, e sottolinea l’urgenza di “riproporre l’ideale della missione nel suo centro: Gesù Cristo”. Su questo, chiarisce, “non vi possono essere compromessi”.
Identificarsi con i poveri. Papa Francesco si rivolge anzitutto ai formatori negli istituti missionari, chiamati “ad indicare con chiarezza ed onestà questa prospettiva di vita e di azione” e ad “essere autorevoli nel discernimento di autentiche vocazioni missionarie”. Ai giovani, “ancora capaci di testimonianze coraggiose e di imprese generose e a volte controcorrente”, il Pontefice chiede di non lasciarsi “rubare il sogno di una missione vera, di una sequela di Gesù che implichi il dono totale di sé”. Oggi, avverte quindi, “la missione è posta di fronte alla sfida di rispettare il bisogno di tutti i popoli di ripartire dalle proprie radici e di salvaguardare i valori delle rispettive culture”. Ogni popolo ed ogni cultura ha dunque “il diritto di farsi aiutare dalla propria tradizione nell’intelligenza del mistero di Dio e nell’accoglienza del Vangelo”. Ma chi sono i “destinatari privilegiati dell’annuncio evangelico”? “La risposta “è chiara e la troviamo nel Vangelo stesso: i poveri, i piccoli e gli infermi, coloro che sono spesso disprezzati e dimenticati, coloro che non hanno da ricambiarti. L’evangelizzazione rivolta preferenzialmente ad essi è segno del Regno che Gesù è venuto a portare”. “Ciò dev’essere chiaro – il monito del Papa – specialmente alle persone che abbracciano la vita consacrata missionaria: con il voto di povertà si sceglie di seguire Cristo in questa sua preferenza, non ideologicamente, ma come Lui identificandosi con i poveri, vivendo come loro nella precarietà dell’esistenza quotidiana e nella rinuncia all’esercizio di ogni potere”.
Il ruolo dei laici. “Per vivere la testimonianza cristiana e i segni dell’amore del Padre tra i piccoli e i poveri”, avverte ancora il Papa, “i consacrati sono chiamati a promuovere nel servizio della missione la presenza dei fedeli laici”. È necessario, scandisce, che “i consacrati missionari si aprano sempre più coraggiosamente nei confronti di quanti sono disposti a collaborare con loro, anche per un tempo limitato, per un’esperienza sul campo”, e “le case e le strutture delle missioni sono luoghi naturali per la loro accoglienza e il loro sostegno”. Nel sottolineare che al servizio di coloro che non conoscono Gesù sono poste “le istituzioni e le opere missionarie della Chiesa”, il Pontefice ricorda che per realizzare efficacemente questo scopo “esse hanno bisogno dei carismi e dell’impegno missionario dei consacrati, ma anche i consacrati hanno bisogno di una struttura di servizio, espressione della sollecitudine del vescovo di Roma per garantire la koinonia, così che la collaborazione e la sinergia siano parte integrante della testimonianza missionaria”. Una convergenza che, chiarisce, “non equivale ad una sottomissione giuridico-organizzativa a organismi istituzionali, o ad una mortificazione della fantasia dello Spirito che suscita la diversità, ma significa dare più efficacia al messaggio evangelico e promuovere quell’unità di intenti che pure è frutto dello Spirito”.
Redazione Papaboys (Fonte www.agensir.it / di Giovanna Pasqualin Traversa)