Categorie: Pax et Justitia

Nessun passo in avanti per l’accordo sul nucleare iraniano: ultimo giorno di negoziato a Ginevra

GINEVRA – Nessun progresso ma si continua a lavorare a un documento di intesa: questa la situazione in apertura del terzo giorno di negoziati a Ginevra sul nucleare iraniano, tra Iran e potenze del 5+1. Lo chiarisce il numero due iraniano, Abbas Araghci’, confermando l’impegno ad affrontare i punti di divergenza. Sul negoziato sembra pesino da una parte le dichiarazioni dure di Khamenei, dall’altra la posizione rigida di Israele.

Il negoziato punta ad escludere che il programma atomico iraniano possa produrre ordigni nucleari. Questo l’obiettivo di Usa, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania, che hanno subito chiesto la sospensione dei processi di arricchimento dell’uranio offrendo in cambio l’allentamento delle sanzioni. Un terreno di negoziato tecnico sul quale però è arrivato il messaggio politico della Guida Suprema: Khamenei ha gelato tutti affermando che Teheran non si muoverà di una virgola. Subito dopo i delegati iraniani hanno ribadito il diritto all’uranio arricchito. Ferma la Francia nelle sue resistenze ad un accordo che non sia estremamente chiaro e dettagliato. Sempre duro Israele: il premier israeliano Netanyahu ribadisce che l’Iran non avrà il nucleare. Nel frattempo – spiega Giorgio Alba

, dell’Archivio Disarmo – a Teheran vorrebbero evitare le sanzioni ma possono farne a meno:

Le sanzioni cioè non stanno danneggiando né il programma di ricerca, di sviluppo industriale e scientifico iraniano, né stanno danneggiando gli interessi economici di chi detiene il potere.

Resta l’impegno degli Stati Uniti: per il tradizione ruolo di Washington di garante della stabilità dell’area mediorientale, l’Amministrazione Obama ha scelto di non considerare la via dell’azione militare e perseverare nella via del negoziato. Ancora Giorgio Alba:

R. – Gli interessi degli Stati Uniti sono di una superpotenza, che si è fatta carico di proteggere la stabilità e gli interessi di tutti i Paesi dell’area. Altri Paesi invece, sia dell’area sia in Europa, possono avere degli interessi regionali più specifici, più connessi con le proprie industrie, più connessi con le commesse, gli acquisti di armi o quantomeno per il ruolo, l’aspirazione ad essere una certa potenza nell’area. C’è, quindi, un contrasto di interessi, c’è una difformità di interessi, ma questo è riconducibile al ruolo storico. Non sono isolati gli Stati Uniti, ma ci sono delle scelte specifiche che non sempre trovano il pieno appoggio da parte degli alleati.

D. – Parliamo di Israele, sembra proprio netta la decisione di essere contro questo accordo…

R. – La decisione di Israele di essere contro questo accordo risale ad una situazione geopolitica. Israele è l’unico Paese in Medio Oriente ad avere armi nucleari, anche se non le ha dichiarate ufficialmente. Questo ha fatto sì che Israele scegliesse in passato l’azione militare – penso all’Iraq – e l’azione militare anche contro la Siria e altri Paesi, per impedire che ci fosse un secondo Paese interessato ad acquisire questa tecnologia. Fino a quando, quindi, Israele non deciderà di rinunciare alle armi nucleari e quindi favorire la creazione di un’area libera, l’area per le armi nucleari in Medio Oriente – e ci sono negoziati in corso anche per questo – finché non verrà presa questa decisione, sarà nell’interesse di Israele impedire la nascita di questo secondo Paese. Di questo passo, il secondo Paese è l’Iran. In futuro ci potrebbero essere altri Paesi. Il percorso che sta facendo l’Iran è molto sofisticato: sta lentamente avvicinandosi ad una capacità tecnologica ed industriale. Questo mette in estrema difficoltà Israele ed anche gli Stati Uniti, perché non è una sfida aperta, cui può essere data facilmente una risposta militare, ma è una sfida che si basa su delicati equilibri, e questi delicati equilibri spesso pongono Israele in contrasto con gli Stati Uniti.

Il servizio è di Fausta Speranza per la Radio Vaticana (anche in audio):

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