Testimonium

Nicola Savino: ‘Tutte le mattine andavo in chiesa ed accendevo un cero alla Madonna, era come andare a trovare mia mamma’

Sabato 25 novembre è stato ospite nel programma Verissimo condotto da Silvia Toffanin il conduttore televisivo e radiofonico Nicola Savino che ha da poco spento le 50 candeline. L’intervista ha toccato più temi e alternato momenti di commozione ad attimi di risata e leggerezza nello stile del personaggio, ironico e scanzonato perché come ha affermato durante la trasmissione “bisogna difendere l’allegria, sempre”.

Savino ha raccontato della sua famiglia d’origine, della passione lavorativa, dell’infanzia, dell’adolescenza e dell’incidente che subì a sette mesi e che gli procurò la perdita di un dito della mano. Sui giornali online si è parlato moltissimo di quest’episodio avvenuto quando ancora piccolino si trovava ricoverato all’ospedale a causa di una perdita di peso. Un giorno purtroppo un’infermiera gli tagliò per sbaglio – doveva rimuovere una garzina – il dito mignolo della mano.

Tutti sul web hanno sottolineato questo avvenimento: titoli d’apertura accompagnati da “finalmente e per la prima volta ha parlato di un trauma che ha segnato la sua vita per sempre”, commenti, articoli, post.

Sì, ok, tutto vero. Il noto presentatore di Quelli che il calcio, conduttore di Deejay chiama Italia insieme a Linus, Iena de Le Iene, ha confessato l’incidente al dito e il complesso e l’imbarazzo che ha provato per molti anni, soprattutto nel lavoro in tv dove nei primi tempi portava un arto finto pur di non mostrare la propria mano.

Eppure il momento che più mi ha colpito e che penso sia bello sottolineare e condividere con il nostro pubblico è stato quando ha parlato della morte di sua madre e della riscoperta della fede.

“Sono andato a letto bambino e mi sono svegliato uomo”
La mamma di Nicola Savino nell’ottobre del 2013 si rompe il femore e da quel momento, nonostante l’operazione, non riesce più ad alzarsi. Il 13 agosto muore. È la sorella ad avvisarlo al telefono mentre lui si trova a “fare lo stupido di mestiere e portare leggerezza” alla festa di 40 anni di Javier Zanetti.

“Di colpo ho smesso di essere ragazzo” dice, mentre passa la mano davanti al volto, proprio come a segnare anche con la mimica questa trasformazione repentina, questo passaggio definitivo.

“Da quel giorno sono diventato uomo, è stata una cosa tremenda ci ho messo mesi, forse un paio di anni a riprendermi”.
Un anno dopo muore anche il papà, ma è una cosa un po’ diversa, racconta, perché con lui “avevo già un po’ sistemato le cose”.




“Come sempre la difficoltà fortifica”
“La morte di mia madre, non so perché, mi ha turbato profondamente. Ma come sempre la difficoltà fortifica. Siamo persone migliori dopo che passiamo attraverso un cerchio di fuoco. Le persone che ci lasciano rimangono con noi, dentro di noi sempre”.
La fede: “Le porte della chiesa sono sempre aperte e questa è la cosa straordinaria”
Il conduttore ha confidato di aver riscoperto la fede dopo la morte della mamma e di aver trovato nella chiesa una casa dalle porte sempre aperte, un luogo di conforto, consolazione, e di aver sperimentato nei confronti della Madonna un rapporto filiale.

“Ho trovato una parrocchia vicino casa, non entravo in una chiesa volontariamente se non per funerali, matrimoni o battesimi, dagli anni ’80. Da quando ero ragazzo. Io ho elaborato il lutto nella mia parrocchia, dove mia figlia frequentava il catechismo. Lì ho incontrato don Domenico – che lo scorso anno ha vinto l’Ambrogino d’oro, per farvi capire che persona è – ma lui non ha mica fatto niente, non mi ha detto “tu devi seguire, vieni”. Le porte della chiesa sono sempre aperte, è questa la cosa straordinaria della chiesa. È un luogo dove io mi sono trovato bene. Nessuno mi ha detto vai lì. Io sono andato lì, si dice sia la chiamata… chi lo sa, non lo so, so che mi ha aiutato tantissimo. Io tutte le mattine nell’autunno del 2013 quasi tutti i giorni andavo lì e accendevo un cero alla Madonna ed era come andare a trovare mia mamma. È stato un luogo di grande conforto per me”.
Leggi anche: Renato Zero e il Crocifisso: «T’hanno staccato da tutti i muri, povero Gesù mio»
Nessuno vuole dare il patentino di “cattolico perfetto” al noto conduttore, ognuno di noi è disgraziato a modo suo, si sa. Il nostro desiderio è sottolineare la bellezza, la sincerità, l’umanità delle sue parole. Sentire un uomo di successo parlare in televisione della sua spiritualità ritrovata dopo la perdita della mamma, della libertà della Chiesa che ha le porte sempre aperte e ti accoglie, della Madonna che è Madre, in questi tempi secolarizzati e conformi al pensiero unico fa davvero piacere, è una bella testimonianza.

Magari il suo cammino di fede è appena cominciato, ma è comunque una gioia!




Fonte it.aleteia.org

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