È di almeno 49 vittime e oltre 130 feriti il bilancio complessivo di due distinti attentati compiuti ieri da Boko Haram nel nord della Nigeria nelle città di Kano e Yole, località dove risiedono molti rifugiati in fuga proprio dalle violenze del gruppo islamista.
Gli attacchi arrivano nel giorno in cui, rispetto ai dati del 2014, Boko Haram è stato riconosciuto come il gruppo estremista più mortale al mondo anche in confronto con il sedicente Stato Islamico. Ma i nomi delle due sigle continuano a essere associati da molti analisti e dagli stessi vertici del terrorismo internazionale. Marco Guerra ne ha parlato con l’africanista Raffaele Masto, giornalista di Radio Popolare e della rivista “Africa” dei Padri Bianchi:
R. – Oggi, in quel territorio intorno al lago Ciad, che è praticamente il Califfato africano, il Califfato dichiarato da Abubakar Shekau, che è il leader di Boko Haram, combatte una missione sotto l’egida dell’Unione Africana, composta da 5 eserciti della regione. Il problema è che questi gruppi, come Boko Haram, adottano la “strategia dell’elastico”: quando sono forti, riescono a conquistare il territorio; quando invece perdono sul piano della guerra convenzionale, a quel punto si dedicano di nuovo al terrorismo. Gli attacchi di Boko Haram di questi giorni sono anche questo: in realtà l’esercito nigeriano, con l’aiuto degli eserciti vicini, ha riconquistato parecchio territorio a Boko Haram, ha liberato molti ostaggi, ha arrestato molti combattenti. Non credo che questa sia la fine di Boko Haram. Avverrà lo stesso per l’Is in Siria e in Iraq: oggi i bombardano tutti – la Russia, gli Stati Uniti, la Francia – lo Stato Islamico perderà del territorio e evidentemente concentrerà ed investirà di più nel terrorismo puro. Accade così anche per Boko Haram.
D. – Molti osservatori puntano il dito contro la corruzione che indebolisce le istituzioni nigeriane. Quindi la strategia del nuovo Presidente Buhari non sembra essere efficace. A che punto è?
R. – La strategia del presidente Buhari è più efficace di quella del suo predecessore: il suo predecessore aveva inviato truppe sul posto che poi fuggivano, lasciavano le posizioni. E’ però anche il frutto della corruzione, perché non ci sono soldi, perché i soldi vengono usati in modo da soddisfare delle onnivore classi dirigenti al potere, che ormai risucchiano praticamente tutto. Un esercito debole, malpagato non può certo vincere contro combattenti che sono più motivati, che hanno anche una motivazione religiosa , tanto più che i combattenti che sono nelle file di Boko Haram, in Boko Haram hanno un ruolo e che vengono pescati nel serbatoio del malessere sociale, della miseria, della povertà…
D. – Perché in Africa tanti giovani sono attratti dalle milizie integraliste? E’ solo una questione economica o c’è dell’altro?
R. – E’ semplice: basta pensare ad un ragazzo che abita in un villaggio del nord della Nigeria, in cui non è potuto andare a scuola; che non ha risorse; che non ha mezzi; che non ha prospettive nella vita; che non è stato educato e non è informato, proprio perché vive in una situazione e in una località remota… Questi giovani una chance la vogliono! E di solito con un kalashnikov in mano si ha un ruolo, si riesce a mangiare e magari si riesce anche a dare da mangiare alla propria famiglia, si hanno donne… Quindi è una alternativa miserabile, ma è una alternativa ed è sempre meglio di non averne proprio.
D. – Lo scorso marzo Boko Haram ha giurato fedeltà allo Stato Islamico: quali sono i legami tra le due sigle?
R. – Io non credo che ci siano legami operativi, ma di certo quella regione nel nord della Nigeria fa parte di quell’ipotetico Califfato mondiale che è la cosiddetta Umma, che i radicali islamici dello Stato Islamico perseguono. Di certo l’affiliazione di Boko Haram allo Stato Islamico è una affiliazione ideologica: quando Abubakar Shekau dichiarò questa affiliazione, poco prima aveva dichiarato la nascita del suo Stato Islamico. Lo Stato islamico in genere ha la caratteristica di disintegrare, di non riconoscere le frontiere tracciate dai cosiddetti infedeli e infatti il Califfato africano di Abubakar Shekau era a cavallo o comunque puntava ai territori di Niger, Camerun e Ciad; ugualmente lo Stato Islamico di Al Baghdadi è a cavallo tra due Paesi e cioè l’Iraq e la Siria.
Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va)